Sistemi di tracciamento e applicazioni per smartphone. Cosi Taiwan e Corea del Sud, due paesi geograficamente vicini al epicentro della diffusione del coronavirus, sono riusciti a rallentare l’epidemia. In Italia sarebbe difficile mettere in atto strategie di monitoraggio senza creare problemi di privacy, ma il controllo sociale si sta rivelando l’unica arma efficace nella lotta al Covid-19.
Taiwan è distante qualche chilometro dalla costa cinese. Da Wuhan – punto di partenza del coronavirus – ci vogliono solo 1 ora e 40 minuti per raggiungere Taipei, la capitale dell’isola. Eppure qua l’epidemia si è fatta sentire appena. Nonostante la vicinanza, sono solo 59 i casi confermati. Numeri lontani anni luce dal numero dei contagi con cui ora hanno a che fare i paesi Europei. La spiegazione sta nella prevenzione unita ad un uso strategico delle banche. “Taiwan ha riconosciuto subito l’emergenza – twitta Fabio Sabatini professore di economia a La Sapienza -. Non appena l’OMS ha annunciato casi di polmonite di origine sconosciuta a Wuhan, il 31 dicembre 2019, tutti i passeggeri provenienti da Wuhan sono stati sottoposti a screening a bordo, prima di scendere dall’aereo”.
Controllo dei confini, identificazione dei casi e contenimento. Come? Incrociando i dati del sistema sanitario con quelli dell’agenzia per l’immigrazione. Obbiettivo: individuare i passeggeri che negli ultimi 14 giorni abbiano compiuto viaggi all’estero e identificare gli eventuali sintomi. “Inoltre – spiega Sabatini – il sistema integrato genera un allarme ogni volta che un paziente a rischio chiede assistenza medica, consentendo ai sanitari di identificare immediatamente i potenziali casi di coronavirus”. In questo modo è stato possibile rintracciare potenziali infetti e adottare misure di contenimento: disponendo la quarantena dei viaggiatori a rischio e monitorandoli attraverso un’applicazione con cui i pazienti comunicano sintomi e spostamenti. “Intanto scuole, università e ristoranti sono rimasti aperti – dice Sabatini -. Ciò non toglie che le autorità siano in stato di massima allerta, poiché prevedono che il virus si diffonderà comunque a Taiwan. Se e quando accadrà, potranno però contare su un sistema di contrasto già ben rodato”.
Al momento in Italia non esiste ancora un sistema di tracciamento che possa individuare i potenziali contagi. Per ricostruire gli spostamenti, infatti, si fa semplicemente appello alla memoria di chi ha contratto il virus. Al contrario, anche in Corea del Sud – come a Taiwan – è stato escogitato un sistema che ha come cardine l’incrocio delle varie banche dati per tracciare gli spostamenti degli infetti e, attraverso di loro, individuare i potenziali contagi. Non solo testimonianze quindi, la Corea ricostruisce la storia di un paziente attraverso le “tracce” lasciate mediante l’utilizzo di carte di credito, sistemi gps e telecamere a circuito chiuso. “Per ottenere queste informazioni sono state integrate le banche dati della polizia, delle società telefoniche, delle assicurazioni sanitarie e delle autorità finanziari”, scrive Andrea Capocci in un articolo pubblicato sul Manifesto. Il governo coreano infatti potrebbe rintracciare chi, il giorno prima, abbia preso lo stesso l’autobus del paziente contagiato.
Un sistema invasivo e orientato al controllo sociale, non c’è dubbio. A maggior ragione se si scopre che il governo coreano rende pubblici tutti questi dati. Una decisione che ha consentito a Bae Won-Seok di sviluppare l’applicazione Corona 100m, una mappa che genera un allarme non appena l’utente si avvicina ad una delle zone “infette” individuate attraverso la ricostruzione degli spostamenti di chi ha contratto il virus. Il sistema rivela anche età, sesso e nazionalista dei contagiati, informazioni che rendono potenzialmente riconoscibile qualsiasi malato. Ma “grazie al sistema di tracciamento, i contatti dei contagiati sono rintracciati e testati rapidamente. Così si interrompe la catena dei nuovi contagi”, spiega Fabio Sabatini. Chi entra in contatto con gli infetti, viene messo in auto-quaranta e monitorato attraverso un’applicazione che, oltre ad eventuali sintomi, rintraccia la posizione del paziente per evitare che esca dalla quarantena.
Nonostante i problemi di privacy, il sistema ha portato ad un appiattimento della curva dei contagiati dopo il picco raggiunto il 29 febbraio, data in cui sono stati registrati 900 nuovi casi in un solo giorno. Ora la Corea è scesa sotto i 100, con un numero di positivi che si aggira intorno alle 8 mila unita: quasi un terzo dell’Italia. Eppure i due paesi hanno in comune molte cose: numero di abitanti, superficie, età media. La Corea parte preparata, è vero. Ha già avuto a che fare con un’altra epidemia in passato, ma all’Italia non converrebbe aspettare la prossima.