Una polverosa Ford Convertible Deluxe rossiccia. All’interno, un giovane coi capelli impomatati siede accanto ad una splendida ragazza bionda con un vestitino verde e i capelli raccolti da un grande fiocco. Guardano come assorti su in alto, mentre le immagini scorrono, in un fascio di luce, lì davanti a loro. Lui le cinge le spalle con il braccio, trepidante, e allunga le mani, un po’ troppo, finché lei sbotta: «Danny!». «Ma dai Sandy, non ti preoccupare, non ci vede mica nessuno», e la sdraia sul sedile cercando di baciarla mentre lei si divincola imbizzarrita ed esce dall’auto sbattendogli la portiera sul muso. «Me ne vado! Pensi che dovrei rimanere qui con te in questa macchina del peccato!». È una delle più celebri scene di Grease, i due giovani sono John Travolta e Olivia Newton-John, e siamo in quello che negli anni ‘50 era considerato uno dei luoghi chiave della vita sociale: il Drive-in.
Il ripensamento dei “riti collettivi” ai quali siamo abituati sarà centrale nei prossimi mesi. Quando la discussa fase due avrà finalmente avvio e torneremo ad uscire, tentando di recuperare la socialità di un tempo dovremo ragionare su come adattare alle esigenze attuali molte delle nostre attività. Le immagini di spiagge sovraffollate in cui ci si tocca gomito a gomito tra un ombrellone e l’altro, il chiasso di stadi stracolmi e variopinti durante le manifestazioni sportive sono ricordi lontani che prima ci mettevano allegria e che ora guardiamo con inconscia repulsione.
La necessità di una nuova progettualità permea ogni attività del nostro stare insieme: gli ambienti della ristorazione, i luoghi di lavoro e in genere, ogni forma di intrattenimento. Il cinema ricade in pieno in questa lista. Se i luoghi a grande affollamento dovessero ancora faticare a lungo ad ottenere il permesso di riaprire, vista la crisi del settore oggi in ginocchio, già colpito da perdite per milioni di euro ogni settimana che passa, forse c’è bisogno di pensare a soluzioni diverse.
In Texas c’è chi si è già mosso, un cinema nella cittadina di Schertz ha deciso di dipingere una delle pareti esterne del complesso e convertire il proprio parcheggio in Drive-In temporaneo, da inizio aprile è stato quasi tutto un sold out. Primo film proiettato? Top Gun. A Bologna la cineteca cittadina fa sapere che il consueto appuntamento estivo del cinema all’aperto potrebbe essere ripensato questa volta per venire incontro alle esigenze di sicurezza e di distanziamento sociale, e quindi perché no a un’estemporanea Piazza Maggiore in versione drive-in sotto l’occhio vigile di San Petronio?
Alcune aziende che si occupano di pianificazione di eventi (Utopia srl, ZooSrl, Italstage e 3D Unfold) hanno deciso di proporre la ripresa di questo format a lungo caduto in disuso, ricevendo il plauso di varie amministrazioni comunali e promoter locali. Le società in questione hanno fatto un passo ulteriore, arrivando ad ipotizzare che il format cinema possa essere esteso proprio a tutte le manifestazioni all’aperto, includendo i concerti dal vivo che altrimenti dovrebbero attendere a furia di rinvii almeno fino all’estate prossima. Le città che finora hanno aderito al progetto vanno da Torino a Milano e Roma, Firenze, Bologna, Napoli, Verona, Mantova, Genova, Bari, Cagliari, Cosenza, San Benedetto del Tronto, Avellino, Reggio Calabria, Lamezia Terme, Catania, Lido di Camaiore, Olbia, e Palermo.
Invenzione statunitense, il primo Drive-in fu inaugurato nel 1933 a Pennsauken, New Jersey, quasi un esperimento, nel terreno di proprietà di tale Richard Hollingstead, un rivenditore di pezzi di ricambio per automobili. Dieci anni dopo le attività ispirate alla sua erano decuplicate, negli anni Cinquanta il periodo d’oro: più di 4 mila sul solo suolo americano.
Il Drive-in fin dal suo debutto è esploso e da fenomeno si è fatto linguaggio, non limitandosi più ad essere la mera cornice nella quale vengono proiettati i film ma entrando a sua volta nei film stessi, essendo diventato col tempo un elemento distintivo dell’estetica americana. È la quinta su cui ballano sulle note di Dancing in the sheets i protagonisti di Footloose. Celebre è quello di Mel’s in American Graffiti di George Lucas. Fa da setting, e da titolo, ad una trilogia di Joe Lansdale. Nel più recente C’era una volta a Hollywood, di Quentin Tarantino, la casa di Brad Pitt, che interpreta lo stuntman Cliff Booth è una roulotte sfasciata e dimenticata nel lotto adiacente a un vecchio drive-in di Van Nuys, California.
Il primo in Italia fu inaugurato a Roma, già nel 1957, lungo la Colombo all’altezza di Casal Palocco, per attirare i turisti e i bagnanti di ritorno da Ostia durante le calde estati. Si chiamava Metro Drive In : uno schermo in cemento di 540 metri quadri affacciato su un’enorme spiazzale in grado di contenere più di 700 automobili, il più grande in Europa. Ebbe un discreto successo nel cuore degli anni ‘60, sulla scia dei successi americani, ma dagli anni ‘80 cadde rapidamente in disuso e da allora è sempre rimasto un terreno in degrado, nonostante esista ancora fisicamente e nonostante gli sforzi congiunti di piccole associazioni in maniera sporadica abbiano in passato provato a riaprirlo.
Molto del fatturato di questi esercizi commerciali, che si ponevano come alternativa economica e popolare ai più costosi e alteri “Movie-palaces” era dato non tanto dalla vendita dei biglietti, che avevano prezzi irrisori, quanto da tutto quello che stava attorno alla visione del film: le bevande, i cibi che si consumavano durante gli intervalli e il cui invito all’acquisto era costantemente incentivato da pubblicità canterine che apparivano sugli schermi. Qualunque modello, seppur sull’onda della nostalgia e dei ricordi va pensato anche nella sua dimensione economica, se è vero che possono sembrare una facile attrattiva dal sapore amarcord, i drive-in già alla loro nascita poggiavano le loro fondamenta su terra molle, un business model molto fragile: l’essere prevalentemente stagionali e vulnerabili alle condizioni climatiche avverse. Un’estate particolarmente piovosa poteva significare la fine di tutto.
E forse anche pensare ai Drive-in come meri posti in cui si va solo per vedere un film, chiusi in maniera asettica nelle proprie automobili, a debita distanza da chiunque altro è riduttivo, e non tiene conto di quello che i drive-in sono stati, ovvero un luogo di socializzazione per eccellenza, dove ci si incontrava, dove si conosceva gente, si ballava, si beveva, si stava assieme, si cercava di muovere i primi timidi passi con una ragazza o un ragazzo che ci piacevano, vedasi la “Sin-wagon” apostrofata da Sandy Olsson in Grease. Sarebbe comunque una rilettura, qualcosa di nuovo, chissà.