Un video quasi del tutto muto, un’esplosione che agita il web. Poi, l’annuncio, confermato dall’entourage: i Daft Punk si separano. Il duo di musicisti elettronici, dopo 28 anni insieme, chiude il sodalizio. Lo fa con una clip a sorpresa (“Epilogue”), tratta dal loro film del 2006 “Electroma”, dove uno fa detonare l’altro e cammina verso l’orizzonte. Niente proclami, nessuna avvisaglia. L’ultimo botto di Guy-Manuel de Homem-Christo e Thomas Bangalter arriva 8 anni dopo il loro iconico “Random Access Memories”, che gli valse il Grammy 2014 come album dell’anno e miglior disco dance/elettronico.
«È una tattica già vista, certo non avrei voluto succedesse mai, ma loro hanno sempre avuto questa indole un po’ adolescenziale – racconta Marco Braggion, autore della loro biografia “Icons, Afer All” – Hanno sempre fatto annunci divisivi, improvvisi: pensiamo al lancio del disco “Human After All”, nessuno sapeva nulla quando è stato pubblicato».
Un addio sorprendente, che arriva dopo anni di silenzio. Poche anche le produzioni esterne, come Starboy e I Feel It Coming con The Weeknd, nel 2016. Le voci parlano di problemi di salute di Guy-Manuel, ma per Braggion c’è poco di vero: «Non è chiaro cosa sia successo. Secondo me si sono semplicemente resi conto di non aver più nulla da dire. Hanno attraversato molti generi: sono partiti dall’House garage, passando per la techno, per il Pop anni ‘80 con “Discovery”, il rave con “Human After All”, hanno persino composto una colonna sonora [per il film Tron: Legacy, ndr]. Con l’ultimo disco, “RAM”, guardavano un po’ gli anni ’70: chissà dove si sarebbero potuti spingere in un nuovo lavoro. Nel passato? Qualcosa di nuovo? Forse avevano paura di creare un prodotto non all’altezza dei precedenti».
Non solo citazionismo. Più di ogni altra cosa, il loro merito è stato avvicinare ascoltatori di ogni tipo a questo genere musicale grazie alla loro versatilità ed estro. «Quando uscì Homework – continua Braggion – ricordo persone che ascoltavano Metal che uscivano dai negozi di dischi con il loro album. Avevano intuito, sono entrati nelle case di tutti». Nel solco del loro lavoro, la fioritura della nuova generazione dell’elettronica, che è tornata a crescere dopo l’entusiasmo degli anni Novanta: «In seguito al loro tour “Alive 2007”, tantissime persone hanno investito su attrezzature e software per produrre musica di quel tipo, come già era accaduto negli anni di esordio dei Daft Punk».
L’alone di mistero dietro le loro identità è stato un fattore chiave del loro successo. L’idea della trasformazione in robot a causa di un “incidente di lavoro” «è geniale, nella sua semplicità. Nascondersi dietro due caschi li ha resi un prodotto perfetto di marketing, riconoscibile e iconico. Sono diventati “logo di loro stessi”. Il 9/9/99, data dell’evento immaginario, è stato scelto come giorno del cambiamento: a riguardo, hanno sempre dichiarato che gli è servito come pretesto per non mostrarsi, non esporli ai fan in modo diretto».
I due hanno già lavorato in solitaria, durante gli anni del sodalizio, pubblicando alcuni singoli. Dopo questa separazione, potrebbero continuare su strade parallele, costruendosi carriere soliste. «Sarà molto interessante esplorare i loro lati individuali: Guy-Manuel è più underground, cupo, mentre Thomas si avvicina più a un personaggio pop, solare». Potrebbero tornare a produrre per altri, o esplorare linguaggi comunicativi diversi, come il cinema: «Nulla è da escludere. Del resto, è già successo».
Chi potrebbe raccogliere la loro eredità? Per Braggion la risposta è incerta: «Forse i connazionali Justice: anche se si sono mossi sulle orme dei Daft Punk, lavorando in una estetica da loro già definita, hanno comunque dato una impronta personale al genere. Ci sarebbe anche Sebastien Tellier, che già in passato ha collaborato con Guy-Manuel: ha grande capacità di sorprendere, però fa cose molto diverse da loro e ormai ha un’età tale da rendere difficile pensare che possa incidere ancora qualcosa di Rave. Il futuro potrebbe essere di personaggi al di fuori del mainstream, come Destroyer: gente fuori dal giro che non vede l’ora di dire la sua».