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Esclusiva

Giugno 11 2021.
 
Ultimo aggiornamento: Giugno 18 2021
Un halo halo vicino Termini, un rasgulla a un passo dall’Eur

Uscire dalla comfort zone per assaggiare piatti nuovi: odori, gusti e storie che raccontano Paesi e culture lontane. Un viaggio nelle comunità filippina e bangladese, la seconda e la terza più popolose della capitale

A Roma, locande e trattorie riempiono le strade, i vicoli e le piazze del profumo di menta e basilico. Una cucina semplice, ma saporita e corposa in cui l’odore forte del pecorino romano si fonde al sapore intenso del sugo di pomodoro. Ma tra sanpietrini e guanciale, nel corso degli anni, si è fatto spazio l’aroma intenso di spezie e agrumi, odori e sapori che portano con sé culture e storie lontane: secondo i dati Istat, 501.764 per l’esattezza. La città metropolitana di Roma è al terzo posto, dopo Firenze e Milano, per l’incidenza di cittadini stranieri nella popolazione. E per conoscere le tradizioni e la cultura di questi Paesi non serve portare con sé passaporto e bagaglio.

«I filippini a Roma sono più di 42mila, non abbiamo problemi di clientela!» scherza il proprietario del ristorante Manila Restaurant, Romolo Salvador, uno dei punti di riferimento per la seconda comunità di stranieri più numerosa nella capitale. «È il bello di avere un ristorante etnico. Vengono i tuoi conterranei per sentirsi a casa, ma anche tanti italiani per assaggiare piatti nuovi», Romolo ha la risposta sempre pronta e uno sguardo radioso. Mentre si muove tra tavoli e clienti si capisce subito che il ristorante, aperto nel 2016 insieme a sua moglie, è il suo sogno da quando è arrivato in Italia nel 1984: «Ho trovato lavoro come cameriere in un ristorante di lusso a Trastevere. È lì che ho imparato questo mestiere», specifica sorridendo.

Nella cucina filippina si fondono le tradizioni di Paesi vicini come Malesia, Indonesia e Thailandia. «La differenza con gli altri piatti asiatici è che i nostri sapori tendono al dolciastro. Ma facciamo una pausa così puoi assaggiare qualcosa!» segue contento il cameriere mentre porta una coppa di coccio e un piatto di riso. «Il Sinigang è un tipo di brodo. La carne viene cotta con acqua, aceto e succo di tamarindo, un prodotto locale simile al limone ». A Manila Restaurant manca solo il rumore del mare per sentirsi su una delle sette mila isole nel Pacifico Occidentale, soprattutto quando Romolo prepara grandi tavolate ricoperte da foglie di banano. «Il Boodle Fight è un modo tradizionale di presentare i piatti che si condividono e si mangiano con le mani. Vengono tanti gruppi d’italiani a conoscere una delle nostre usanze tipiche», racconta Romolo mentre serve il dessert ad un gruppo di ragazzi. «L’halo halo non è altro che una grattachecca romana, solo che alla base ci sono diversi ingredienti come fagioli rossi dolci, gel di ananas e cocco». Mescola mescola è il significato del suo nome nella lingua originale e anche l’unico modo per assaporarlo. Anche questo dessert rinfrescante nasce dall’influenza di altri Paesi che nel corso dei secoli hanno occupato le Filippine. Furono gli americani ad introdurre il ghiaccio nell’ottocento e costruire una fabbrica nel 1902 a Manila, quando il loro dominio si sostituì a quello spagnolo. Mentre all’origine della ricetta c’è il kakigori giapponese, una ciotola di ghiaccio tritato con sciroppi e latte condensato che i giapponesi hanno importato durante la loro occupazione iniziata nel 1942.

A trenta minuti d’auto Hasan Barishal, responsabile di sala e cucina del ristorante Khan Indian Restaurant, versa una goccia di latte nel tè caldo: «Lo compriamo dal Bangladesh!», dice orgoglioso. Hasan vive in Italia da otto anni e dopo aver vissuto a Milano ha deciso di trasferirsi a Roma perché «ci sono più persone del mio Paese d’origine». Secondo i dati raccolti dall’Istat, con più di 32mila i bangladesi che vivono nella capitale quella di Hasan è la terza comunità di stranieri a Roma. «La nostra cucina è molto simile a quella indiana. Il chicken biriani, pollo e diverse spezie, è uno dei piatti tipici. È molto amato a Londra», racconta mentre indica sul menù l’immagine. La cucina del Paese è, infatti, molto famosa nel Regno Unito, mentre in Italia è ancora poco conosciuta «anche se abbiamo anche qualche cliente italiano», racconta Hasan.

L’odore forte del curry e delle spezie riempie tutto il locale dove grandi tende gialle aprono su una sala dai ricchi colori e un piccolo bancone. «Ti piace il dolce?», chiede gentile mentre con un cucchiaio mescola dei bocconcini gialli. «Il rasgulla è un dessert tipico a base di latte, immerso in sciroppo di zucchero come la maggior parte dei dolci preparati nella regione», ma anche la ragione del contendere tra Bangala Occidentale e Orissa, stato dell’India Orientale. Ma il dibattitto sulla maternità del rasgulla è stata vinta dal Bangladesh che nel 2017 ha ricevuto il tag GI, indice che riconosce l’origine geografica di un prodotto.

Un’azione semplice, e ormai frequente nelle nostre vite, come prenotare un tavolo al ristorante può essere molto di più di un pranzo o una cena. Offrire un’esperienza unica per conoscere culture e tradizioni di altri Paesi. E le cucine di Romolo e Hasan sono solo due esempi dei tanti sapori e aromi che colorano le strade delle nostre città.

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