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Esclusiva

Giugno 21 2021.
 
Ultimo aggiornamento: Giugno 29 2021
Le due Italie del ddl Zan

Chi è a favore e chi contro la legge? Che ruolo hanno i mezzi d’informazione? E gli influencer? Un’analisi data-driven sul ddl fermo al Senato

Il disegno di legge Zan contro discriminazioni e violenze per orientamento sessuale, genere, identità di genere e abilismo è stato ostacolato fin dai primi momenti della sua presentazione. Già approvato alla Camera nel novembre 2020, si trova ora alla Commissione Giustizia del Senato (dove rimarrà fin dopo l’estate).

Contro le legge si sono schierati i partiti di centro-destra, i movimenti anti-abortisti e i cattolici integralisti ma anche un pezzo del femminismo italiano e l’associazione Arcilesbica. Secondo questi gruppi, il ddl contro l’omotransfobia minaccia la libertà d’espressione oppure “esiste già”.

Questo lavoro intende analizzare la comunicazione online del ddl Zan cercando di capire chi è a favore e chi contro la legge (quali partiti e organizzazioni), il ruolo dei mezzi d’informazione e lo spazio d’espressione dei comuni cittadini. Un focus sarà poi riservato al ruolo di vip e influencer, anche alla luce della polemica scoppiata con l’intervento di Fedez al Concerto del 1° maggio.

Il metodo

La ricerca si avvale di diversi strumenti che consentono di analizzare la comunicazione su Twitter del ddl Zan. Con Tweet Archiver sono stati raccolti i tweet in italiano con l’hashtag #ddlzan e con Gephi si è analizzata la rete dei retweet, in modo da evidenziarne nodi e cluster.

Dopo una breve indagine delle ricerche su Google, effettuata tramite Google Trends, viene presentata una sentiment analysis che indaga il contenuto dei tweet: sono soprattutto a favore o contro la legge? La nostra ricerca spiega cos’è emerso e perché MeaningCloud offre solo risultati parziali.

Segue una survey, condotta con Google Moduli, che restringe il campo d’osservazione a un campione omogeneo con determinate caratteristiche socio-demografiche: si tratta di un tentativo di indagare le posizioni sul ddl Zan della fascia più giovane della popolazione, ponendo attenzione alla dimensione culturale e religiosa. Nella parte conclusiva si tirano le somme del lavoro di ricerca, anche sulla base di una “nuvola di parole” realizzata con Word Cloud.

La rete dei retweet

Con Tweet Archiver abbiamo scaricato circa 27 mila tweet in lingua italiana contenenti l’hashtag #ddlzan. Di questi abbiamo preso in considerazione i primi 10 mila, pubblicati tra il 4 e il 5 maggio: i più vicini al 1° maggio, data del discorso di Fedez sul palco del Concertone. Con Gephi abbiamo, quindi, analizzato la rete dei retweet. Questa operazione ci ha consentito di capire quali sono gli account più retwittati, da chi e che tipo di relazione c’è tra questi attori.

L’analisi condotta con Gephi mostra gli autori dei contenuti più retwittati, 9 nodi con i relativi cluster (colorati in modo diverso). Si tratta di due gruppi – utenti a favore e utenti contro il ddl Zan – che comunicano poco tra loro.

Tra gli “influencer” a favore della legge spiccano Radio Zek (radio impegnata a favore dei diritti Lgbt), Alessandro Zan (parlamentare del Pd che ha dato il nome al ddl), Monica Cirinnà (senatrice del Pd e attivista Lgbt), Simone Alliva (giornalista) e Il trono del muori (youtuber). Ci sono poi nodi più piccoli, da Cathy La Torre (avvocatessa e attivista) in giù.

Tra gli account più retwittati che si oppongono al ddl troviamo il profilo di Libero (giornale di destra diretto da Vittorio Feltri), don Mirco Bianchi (prete e attivista), Alessandra Odri (una comune cittadina) e Pro Vita Famiglia (associazione a difesa della “famiglia tradizionale”). Ci sono poi nodi più piccoli, da Nicola Porro (vicedirettore de Il Giornale) in giù.

Le due Italie del ddl Zan

Va notato che alcuni account twittano con maggior frequenza e altri con minor frequenza. Un utente come Simone Alliva ottiene un alto numero di retweet complessivi anche perché twitta spesso sul ddl Zan. Per non falsare il confronto tra influencer, il numero dei retweet andrebbe quindi rapportato al numero di tweet sull’argomento che ciascun utente ha scritto.

Oltre alla netta divisione tra influencer a favore e influencer contro (e tra i due gruppi di seguaci), si nota che le comunità riunite attorno ai nodi sono molto coese: ciò vale soprattutto per utenti a favore del ddl come Radio Zek, Zan e Il trono del muori. Tra questi influencer ci sono comunque delle comunità intermedie, utenti ponte che fungono da collegamento tra i nodi.

La twittersfera schierata contro il ddl, invece, presenta un maggior grado di disordine. I cluster a sostegno degli influencer appaiono meno compatti (con l’eccezione di Libero e Mirco Bianchi) perché gli utenti non retwittano uno ma molti opinion leader contrari alla legge.

Ma da chi sono composte le comunità riunite attorno ai 9 influencer? Tra coloro che retwittano gli opinion maker “di sinistra”, oltre a migliaia di utenti comuni, ci sono molti volti noti e mezzi d’informazione: Alliva è retwittato da Alberto Infelise (giornalista de La Stampa), Cirinnà da Tagadà (programma tv di La7), Luciano Ghelfi (giornalista del Tg2), Daniele Viotti (attivista di area Pd) e Piero Fassino (ex deputato del Pd).

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Al contrario, tra coloro che retwittano influencer “di destra”, ci sono profili “sospetti”: non semplici cittadini ma account con nomi improbabili, creati da poco e con un numero limitato di follower (tra i 3-4 e le poche decine) che si limitano a retwittare Lega e Fratelli d’Italia, Il Giornale, Libero e La Verità.

Tra i profili che retwittano Libero troviamo @80_82, @jac875, @rihitster e @isaP73652279. Tra quelli che retwittano don Mirco Bianchi figurano @paola38106859, @nicola23453287, @8foctdr67, @esterin62237737 e @ijit_jfl. Potrebbero essere veri e propri bot o comunque account di propaganda creati per l’occasione.

Le due Italie del ddl Zan

La sentiment analysis

Grazie a Google Trends, abbiamo scoperto quante volte è stato cercato “ddl Zan” sul motore di ricerca. Per dare un’idea di quanto la legge interessi gli italiani, siano essi favorevoli o contrari, abbiamo confrontato la frequenza delle ricerche sul ddl Zan con quella sul Recovery Plan, l’altro grande tema del momento. Il risultato non lascia spazio a dubbi: la legge sui diritti civili è un argomento che appassiona una platea assai più vasta, complici anche i tecnicismi del Recovery.

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Inoltre, l’interesse verso i due grandi temi sembra inversamente proporzionale: quando aumentano i click dell’uno, diminuiscono quelli dell’altro, segno che l’informazione – volano dell’opinione pubblica – tende a dedicare i propri spazi a un solo grande tema per volta.

Infine, è opportuno segnalare come il picco dell’attenzione verso la legge Zan si registri nella prima settimana di maggio, nel periodo immediatamente successivo al discorso di Fedez sul palco del Concertone.

La sentiment analysis è stata condotta su una parte dei tweet scaricati, cioè 639 sui 10 mila totali. Di questi, 1 (lo 0,2%) è stato catalogato da MeaningCloud come molto positivo, 135 (il 21%) come positivi, 167 (il 26%) come negativi e 40 (il 6%) come molto negativi. 295 (il 46%) sono invece considerati non classificabili.

Il 32% dei tweet con l’hashtag #ddlzan appare negativo, mentre solo il 21% dei tweet è positivo: l’analisi sembra mostrare una maggioranza di contenuti contrari alla legge contro l’omofobia. Ma è davvero così?

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Una più attenta analisi dei dati suggerisce maggiore cautela: l’analisi del sentiment con MeaningCloud presenta un grado di affidabilità ridotto e risultati solo parziali. Il software non riesce a catalogare quasi metà dei tweet (la somma delle categorie NONE e NEU) e spesso non coglie l’ironia che è presente quasi esclusivamente in tweet a favore della legge.

Un tweet di Radio Zek classificato come NONE ma chiaramente a favore del ddl

Inoltre, non tutti i tweet catalogati come positivi sono a favore del ddl Zan e non tutti i tweet catalogati come negativi sono contro la legge: il software coglie se i tweet trasmettono un messaggio positivo o negativo in generale, non se l’utente si esprime positivamente o negativamente in merito al ddl Zan. Se nella gran parte dei casi le due cose coincidono, a volte la classificazione dà luogo a fraintendimenti.

Tre tweet (di cui uno di don Bianchi) classificati come P ma chiaramente contro il ddl
Due tweet (di cui uno di Alliva) classificati come N e N+ ma in realtà a favore del ddl

Il sondaggio

Per indagare più da vicino le posizioni sul ddl Zan si è poi sottoposta una  survey (realizzata con Google Moduli) a 80 intervistati che fanno parte della nostra cerchia di amici e conoscenti: un gruppo abbastanza esiguo e omogeneo per età (compresa tra i 20 e i 40 anni) e per condizioni sociali (persone relativamente istruite e cosmopolite). I risultati dell’indagine sono illustrati tramite grafici realizzati con Flourish.

Le due Italie del ddl Zan
Le due Italie del ddl Zan

La maggioranza degli intervistati ritiene che in Italia ci sia un problema di sessismo (frequenti casi di discriminazione nei confronti delle donne) e di omofobia (frequenti casi di discriminazione e violenza nei confronti degli omosessuali). La pensano così rispettivamente l’87% e l’82% del nostro campione.

Le due Italie del ddl Zan

Alla domanda sulla posizione in merito al ddl Zan, i millennials da noi intervistati rispondono in modo netto: oltre l’81% del campione si dichiara a favore della legge contro l’omotransfobia. Resta da verificare quale sia l’orientamento di persone con caratteristiche socio-demografiche diverse, per noi più difficili da raggiungere con lo strumento della survey.

Le due Italie del ddl Zan

Un altro elemento di interesse riguarda l’appartenenza religiosa, aspetto potenzialmente legato alla posizione sul ddl Zan. Il nostro campione è composto da soggetti che per il 65% si definiscono non credenti e per il 35% si definiscono credenti.

Le due Italie del ddl Zan

Qual è l’orientamento delle due categorie nei confronti della legge Zan? Il 78% dei millennials non credenti si dichiara a favore del ddl e soltanto l’11 è contro. A questi si aggiunge un 11% di intervistati che preferisce non esprimersi.

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Più sorprendente è l’orientamento di chi si considera credente, che esprime posizioni molto nette. Ben l’88% degli intervistati (presumibilmente cattolici) si dichiara a favore della legge; il 12% si dice contrario e nessuno preferisce non esprimersi.

La nostra survey suggerisce che i giovani credenti siano a favore della legge Zan quanto i giovani non credenti, se non addirittura di più. Anche ammettendo distorsioni dovute alle ridotte dimensioni del campione, possiamo affermare che la religione non è un fattore che incide sull’opinione riguardo al ddl.

Conclusioni

Facendoci guidare da una “nuvola di parole” realizzata con Word Cloud, che evidenzia i termini più associati a #ddlzan in alcune centinaia tra i tweet scaricati, proponiamo qualche riflessione (e ulteriore ipotesi) su alcuni aspetti del nostro lavoro.

Dei 9 influencer individuati con Gephi, 2 sono politici (entrambi a favore del ddl), 2 personaggi pubblici (uno a favore e l’altro contro), 2 mezzi d’informazione (uno a favore e l’altro contro), 1 è un’associazione indipendente (contro il ddl).

Interessante è il ruolo dei politici: se a sinistra non mancano i parlamentari che sostengono con forza la legge da loro voluta, a destra si preferisce non cavalcare il tema: non si rivendica l’opposizione alla legge come propria bandiera, ma si lascia che a opporsi siano singole figure o gruppi collaterali.

Sebbene molti personaggi del mondo dello spettacolo si siano espressi a favore del ddl Zan – da Fedez a altri cantanti e attori – il loro attivismo non emerge dalla nostra analisi. Ciò dipende soprattutto dal social network analizzato, Twitter, poco utilizzato per rivolgersi al loro pubblico di riferimento. Inoltre, dopo il 1° maggio gli account di Fedez e Ferragni hanno spostato l’attenzione sulla presunta censura da parte della Rai, senza più parlare del ddl Zan.

Le due Italie del ddl Zan

Il fatto che in base alla nostra survey il sessismo sia percepito come un problema più dell’omofobia può avere due spiegazioni. In primo luogo, l’esperienza diretta di episodi di discriminazione verso le donne è più frequente dell’esperienza diretta di episodi di violenza verso i gay.

In secondo luogo, temi come gender gap e femminicidio sono entrati da tempo nell’agenda dei media (e sono quindi sottoposti all’attenzione dell’opinione pubblica), mentre le aggressioni nei confronti degli omosessuali sono raccontate sporadicamente come singoli episodi.

Come hanno mostrato numerose ricerche, l’appartenenza religiosa non è più in grado di spiegare l’orientamento politico. Su temi sensibili quali aborto e eutanasia, matrimoni e adozioni tra omosessuali, la maggior parte dei cittadini non segue le indicazioni di partiti e organizzazioni religiose (come il Papa e la Cei).

Ciò vale anche per la legge Zan, con la fascia di popolazione più giovane – religiosa o meno che sia – che appare genericamente “progressista” e con una certa autonomia di pensiero rispetto a istituzioni e gruppi organizzati. Almeno in parte, ciò spiega perché i politici contrari al ddl abbiano scelto di non esporsi granché su Twitter e non siano tra gli account più retwittati.