«Il grande elettore in questo momento vive facendosi coraggio, perché nessuno vuole che questa legislatura finisca». Filippo Sensi, deputato del Pd ed ex portavoce di Matteo Renzi e Paolo Gentiloni durante gli anni della loro presidenza del Consiglio, inquadra con queste parole lo stato delle cose in vista dell’inizio delle votazioni per il prossimo presidente della Repubblica durante il suo incontro con la classe del Master in giornalismo Luiss Guido Carli.
Collegato a distanza per rispettare l’indirizzo che invita ad evitare il più possibile i contatti per non privarsi della possibilità di partecipare all’elezione provocando defezioni nella formazione del partito, l’On. Sensi rende così le due grandi questioni che definiscono l’attuale momento della politica italiana. Il senso di stasi che anima questi giorni si deve all’eccezionalità delle imminenti votazioni da cui dipende anche il futuro dell’esecutivo. Non è questione di egoismo della politica, precisa il deputato Pd, «l’interesse affinché il governo non cada riguarda soprattutto lo stato di emergenza in cui ancora ci troviamo».
Il nome dell’attuale presidente del Consiglio compare nella rosa dei quirinabili da molto tempo, proposto la prima volta dal leghista Giorgetti prima della crisi che ha portato alla caduta del secondo governo Conte. Oggi le cose sono molto cambiate. La sua elezione al Quirinale metterebbe a rischio gli obiettivi che sono la base su cui era stato fondato l’esecutivo da lui guidato.
«Il governo Draghi era nato per gestire pandemia e Pnrr». Anche con i vaccini che proteggono dai peggiori effetti del contagio, la variante omicron ha provocato una nuova crescita nella diffusione del virus, mentre il lavoro relativo al “Piano nazionale di ripresa e resilienza” si può dire impostato ma non certo realizzato. C’è poi un secondo aspetto da considerare. Draghi continua a riscuotere consensi, in Italia come all’estero, ma l’esperienza di un anno al governo ha modificato il profilo dell’ex Presidente della Banca centrale europea. Il tempo logora tutti, «Draghi non verrebbe più eletto per manifesta superiorità, ma per l’incapacità della politica di trovare altri incastri».
Nella frenesia che agita questo periodo, con i quotidiani che riportano ogni giorno un nome diverso sulle prime pagine e con la figura di Berlusconi che continua ad ingombrare il dibattito pubblico, però, Filippo Sensi invita gli studenti del master a spostare la propria attenzione. «Non contano tanto i nomi, quanto la definizione di un profilo». Su questo assunto sembra muoversi il Pd, che ha adottato una posizione definita dal parlamentare <<maieutica>>, di attesa e di attenzione alle mosse altrui.
Questo non significa che il partito guidato da Enrico Letta rimanga spettatore nella corsa al Quirinale. Le trattative stanno andando avanti anche nell’area del centrosinistra. Molti contatti avvengono per vie indirette, diverse da quelle tradizionali. «Queste sono le prime elezioni di un presidente della Repubblica social».
Anche perché non è detto che i numeri siano davvero dalla parte del centrodestra come è stato spesso ripetuto negli ultimi giorni. Nella conta dei voti del campo progressista, però, le variabili sono molte. La difficoltà di tenere insieme il M5S e l’incognita del posizionamento che deciderà di assumere Italia Viva. Sensi allontana comunque l’idea che Matteo Renzi stia lavorando nelle retrovie per portare via voti all’area del Pd. «L’influenza di Renzi è proporzionale alla forza dei suoi argomenti. Lui è abile in questo».
Qualunque sia l’esito delle elezioni che inizieranno lunedì 24 gennaio, però, Filippo Sensi ci tiene a sottolineare una necessità. «La politica deve tornare ad esserci». È importante che gli uomini e le donne che ricoprono incarichi di partito e di governo vadano nei posti dove sorgono i problemi, vedano cosa succede, incontrino persone, anche quando le telecamere si spengono.
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