«La cerimonia più spettacolare delle istituzioni italiane». Daniel Verdú Palay, corrispondente di El País, definisce così l’elezione del Presidente della Repubblica. L’unica, nella storia italiana, davvero seguita all’estero grazie alla polarizzazione del dibattitto attorno alle due figure di Silvio Berlusconi e Mario Draghi.
All’estero ha prevalso l’incredulità, tanto delle testate quanto dei loro lettori, per la sola considerazione della candidatura dell’ex Primo Ministro. È sorta in seguito anche la preoccupazione per il destino del Fondo Next Generation EU, che deve a Draghi l’ampia fiducia e i fondi destinati alla ripartenza dell’Italia.
Virginia Kirst, corrispondente da Roma di Die Welt conferma a Zeta che la tendenza internazionale è quella di «non considerare affatto il Quirinale, di solito». Berlusconi è stato il catalizzatore della nuova attenzione sulle istituzioni italiane, almeno fino a sabato 22 gennaio, quando ha sciolto la riserva sottraendosi alla candidatura ufficiale. Se non fosse stato per lui, la copertura mediatica dell’elezione presidenziale non avrebbe avuto lo stesso spazio all’estero perché, almeno nel caso della Germania «i tedeschi non si rendono conto dell’importanza del ruolo presidenziale e delle sue funzioni in Italia». È anche per colmare questo vuoto di informazione che la maggior parte degli articoli dei corrispondenti esteri abbonda di dettagli esplicativi sulla modalità di elezione e sulla figura del Capo dello Stato.
Secondo Angela Giuffrida, corrispondente in Italia per The Guardian, nel Regno Unito «l’interesse principale ruotava attorno al tentativo di Berlusconi, dato il suo passato, gli scandali e le accuse. Adesso rimane l’altra grande preoccupazione, l’eventuale elezione di Mario Draghi e le sue conseguenze». Nonostante la Brexit, infatti, «la Gran Bretagna rimane interessata alle riforme che l’Italia potrebbe fare e osserverà molto da vicino come il Paese spenderà il denaro del PNRR. E una figura come Draghi rimane essenziale perché «ispira fiducia negli investitori». Sulla necessità di una continuità al Governo, tuttavia, non è d’accordo Virginia Kirst, che aggiunge «nei miei articoli sto cercando anche di spiegare che Draghi ha creato una struttura per cui il Next generation EU potrà essere gestito anche senza di lui alla guida».
Il vero problema secondo la corrispondente di The Guardian, tuttavia, è che, nel caso in cui «Draghi vada al Quirinale, le elezioni parlamentari anticipate potrebbero spostare gli equilibri politici verso l’estrema destra» e «sarebbe preoccupante» ai fini delle relazioni internazionali tra Italia e Regno Unito.
Categorica riguardo la scalata diretta di Draghi dal Governo alla più alta carica dello Stato, è poi la posizione della Spagna. «Non è mai successo nella storia italiana e il sistema non è pronto a tale eventualità, ma nessuno ha alcun dubbio che Draghi sia il miglior candidato né nessuno crede più che abbia interesse a mantenere la sua posizione a Palazzo Chigi». Scrive così Daniel Verdu per El País, nel suo ampio articolo del 24 gennaio, in cui riassume per i lettori spagnoli tutte le principali tappe dell’elezione e gli interessi in gioco.
È la Francia, tuttavia, a presentare la più consistente copertura mediatica sulle elezioni del Quirinale, anche in virtù del recente patto bilaterale firmato con il nostro Paese. Il corrispondente da Roma per Le Monde, Jérôme Gauthernet, si apre a interpretazioni, opinioni e temi poi confluiti, per esempio, nell’editoriale del 25 gennaio, che mette «Mario Draghi al centro del gioco». Un’analisi sulla figura dell’attuale Presidente del Consiglio e del perché, alla Presidenza della Repubblica o al Governo, l’Italia e l’Europa abbiano bisogno di lui in questo momento: «la battaglia ovattata che si sta consumando dietro le quinte a Roma è decisiva per il futuro dell’Europa».
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