«Sto lavorando perché a breve ci sia un presidente donna, e in gamba». Questa è l’unica novità nelle dichiarazioni del leader della Lega, Matteo Salvini, al termine della giornata in cui ha provato a fare la voce grossa e imporre una scelta ai partner politici nella maggioranza. La prova di forza è andata male: sono stati settantuno i franchi tiratori di quello che doveva essere un centrodestra monolitico, unito intorno al nome della presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati. Nessuna parola a riguardo, solo un «colpa dei veti della sinistra». Poi il segretario leghista rifiuta le domande dei giornalisti, allontanandosi con un «lasciateci lavorare».
A qualche minuto di distanza, Giuseppe Conte chiede «la disponibilità delle forze politiche per avere finalmente un presidente della Repubblica donna», il che sarebbe «elemento di innovazione nel sistema politico». Quando gli vengono chiesti dei nomi, però, il leader dei Cinque Stelle alza la voce: «noi abbiamo posto sul tavolo fin dall’inizio almeno due eccellenze femminili. Solide, super partes. La riservatezza nelle trattative non vuol dire opacità».
Questo l’epilogo della serata tra la quinta e la sesta votazione per eleggere il capo dello Stato. Nel pomeriggio, diversi grandi elettori si sono espressi in maniera scettica nel merito e nel metodo delle scelte operate dai protagonisti delle trattative.
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«Kingmaker allo sbaraglio», di questo ha parlato Carlo Calenda di Azione. «Nessuno viene incontro a nessuno su niente. Ci vuole un time out. Senza sedersi intorno a un tavolo una maggioranza che fa il governo insieme va a sbattere facendo una figura indegna». E aggiunge stizzito: «un presidente della Repubblica non si può eleggere su WhatsApp».
Finita la seconda votazione, Emma Bonino (+Europa) non ha le idee chiare sulla situazione. «Speravo che mi aiutaste voi a capirci di più», dice in piazza ai giornalisti. Poi la critica a Salvini: «è stata una forzatura, politicamente molto discutibile. Non si espone la seconda carica dello Stato ai quattro venti». Dice che apprenderà dai giornali eventuali decisioni. «Ma questo non è un buon metodo», precisa.
A sdrammatizzare è il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti: «Se tutti quelli che non hanno votato la Casellati si iscrivessero a Coraggio Italia, saremmo il terzo gruppo del Parlamento». Anche lui, tuttavia, si mostra stanco delle divisioni fra i partiti e chiede di finirla con le «spallate, deve cominciare il tempo del dialogo».
La prima giornata con doppia chiama non ha portato che a due giri a vuoto. Nella prima, la candidatura della Casellati ha ridimensionato il centrodestra. Con il centrosinistra astenuto, la presidente del Senato non ha raggiunto i 505 voti necessari all’elezione, fermandosi a 382. Dopo il manifestarsi dei franchi tiratori, nella sesta votazione è scesa addirittura a due preferenze. Per il resto, 445 astenuti e 106 schede bianche. Sergio Mattarella il più votato con 336 voti.
Tramontata dunque l’ipotesi Casellati e con i principali leader a tentare di intestarsi una candidatura femminile, per il sesto giorno si fa il nome di Elisabetta Belloni, che però non trova tutti d’accordo. In primis, Matteo Renzi, che su Twitter già le nega il suo voto perché l’idea «che il capo dei servizi segreti in carica diventi Presidente della Repubblica è inaccettabile». E ancora: «è una mia amica. Ma dai Servizi Segreti non si va al Quirinale: chi non lo capisce non ha cultura istituzionale».