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Esclusiva

Febbraio 25 2022
La riforma della cittadinanza riparta da Bologna!

Il comune riconoscerà a 11 mila bambini il titolo onorario ma lo ius soli rimane soltanto una misura simbolica

«È la partenza di una lotta. Un riconoscimento simbolico ma non conclusivo». Siid Negash, consigliere comunale di Bologna, è molto propositivo riguardo la proposta di cittadinanza onoraria a 11 mila bambini stranieri e la rinascita di un dibattito a livello nazionale della riforma della cittadinanza .

Il 21 febbraio infatti è stato approvato un ordine del giorno per la modifica dello statuto del Comune in cui, «per sancire l’appartenenza alla comunità locale», oltre alla cittadinanza onoraria, si chiede l’introduzione del «principio simbolico» dello ius soli.

Un’azione di carattere paradigmatico accanto a cui è «previsto il conferimento della cittadinanza onoraria ai minori di origine straniera nati in Italia o che hanno completato un ciclo di studi nel nostro Paese», spiega il consigliere Giacomo Tarsitano, che con Negash è stato il primo firmatario della richiesta. «L’obiettivo che vogliamo raggiungere è l’attivazione di una rete di comuni per sollecitare il dibattito nazionale. Ci rendiamo conto che sia un po’ un’utopia pensare di vederlo realizzato prima che la legislatura finisca, ma ci crediamo». 

«Quello che abbiamo chiesto è che la città di Bologna guidi una rete di Comuni verso la riforma della cittadinanza nazionale». Numerosi, in questi giorni, sono le amministazioni che stanno chiamando i consiglieri per avere una copia dell’ODG da presentare a loro volta. Questo è «un effetto domino» che secondo Negash vedremo aumentare sempre di più. 

«Anche perché come fai a dire a un bambino che nato e cresciuto nella tua città che non ne è cittadino? Lo è! Penso sia molto strano che in una società evoluta come la nostra non sia stato ancora pensato un sistema più semplice e inclusivo».

La proposta, discussa da oltre un anno dall’attuale sindaco Matteo Lepore, ha trovato nel trentesimo anniversario della legge di cittadinanza (Legge n.91 del 5 febbraio 1992) un’ulteriore occasione per riportare in primo piano un tema su cui non si discute apertamente dal 2017, quando il Senato ha bloccato la riforma.

«È una misura simbolica che ha l’obiettivo di sollecitare il Parlamento sulla necessità di cambiare le regole sulla cittadinanza, ma che prevede anche iniziative concrete rivolte alle ragazze ed ai ragazzi: percorsi di avvicinamento con le scuole e le associazioni affinché si conosca, si capisca e si comprenda il significato di questa cittadinanza anche da un punto di vista dei doveri». La dichiarazione ufficiale che arriva dal sindaco Lepore vuole infatti sottolineare la necessità di attuare questa riforma a livello nazionale per svariati motivi, primo fra tutti «per attuare le promesse della democrazia».

«Sono cinque anni che vedo dare cittadinanze onorarie ai bambini, ma non è in questo modo che diventeranno uguali ai loro amici, perché continueranno a non avere gli stessi diritti». Insaf Dimassi, attivista per i diritti umani e mediatrice culturale, si mostra più cauta riguardo all’effettiva concretizzazione degli obiettivi del Comune. «Credo molto nel consigliere Siid, mio compagno di battaglia da tantissimo tempo, e credo molto in questa amministrazione però mi domando perché non si è passati direttamente ad azioni più dirette. Per esempio, perché non cancellare il limite di cittadinanza per la partecipazione ai concorsi pubblici in Comune? È un ostacolo, causato da una legge nazionale, che toglie a tante persone come me le stesse opportunità dei miei coetanei italiani».

La rete di Comuni guidata da Bologna è stata pensata proprio per dare un segnale e riaprire un dibattito fermo da troppo tempo. Non bisogna però dimenticare che la cittadinanza onoraria, uno degli impegni assunti dal Consiglio, è innanzitutto circoscritta al capoluogo emiliano e non su scala nazionale. Inoltre non garantirà alcun tipo di diritto civile, come il diritto al voto. Sono quindi in molti gli attivisti come Dimassi a pensare che un’azione di questo tipo non sia ancora sufficiente e a temere che questa battaglia venga strumentalizzata per creare consenso.  «Adesso è necessario fare pressione sui piani alti, ai vertici dei partiti, altrimenti tutto questo rimarrà soltanto campagna elettorale».