«Se diffondi le iniziative sul territorio riesci a mobilitare più persone». È questo il metodo con cui sono state organizzate in tutta Italia le manifestazioni contro il conflitto in Ucraina. Nessuna città ha raggiunto le cifre oceaniche del corteo di Berlino, che ha visto cinquecentomila persone sfilare davanti alla porta di Brandeburgo in nome della pace domenica 27 febbraio. Una visione impressionante che è subito diventata simbolo di tutte le manifestazioni per la pace susseguitisi in Europa prima e soprattutto dopo l’attacco sferrato da Putin. Ma secondo i promotori, andando a sommare tutti coloro che hanno preso parte alle iniziative organizzate in Italia, si raggiungono numeri ben superiori a quelli della capitale tedesca. Sabato 26 in diecimila hanno riempito Piazza Maggiore a Bologna e addirittura in trentamila a Milano hanno risposto all’appello lanciato tra gli altri da Anpi, sindacati, Rifondazione Comunista e Sinistra Italiana. E queste sono solo due delle decine di manifestazioni che hanno animato la penisola fin dal 17 febbraio.
«In Italia abbiamo promosso una grande manifestazione ancora prima che partisse la guerra, a cui hanno aderito quasi tutti i partiti politici e i sindacati», ricorda Roberto Zuccolini, portavoce della Comunità di Sant’Egidio. «Non accadeva da vent’anni, dal conflitto in Iraq, perché la guerra non era più avvertita come un problema in Europa» al punto che ad oggi manca una vera e propria rete internazionale per la pace.
Si tratta di una ritrovata centralità del tema di fronte allo spettro della guerra che «è non solo inaccettabile, ma qualcosa che non dovrebbe essere più presente nel DNA europeo». Lo scoppio di un conflitto «non è un evento naturale», commenta Sergio Bassoli, coordinatore dell’esecutivo della Rete Italiana per la Pace e il Disarmo. «Per evitarlo servono scelte che proteggano i diritti umani e la democrazia, mentre con azioni spregiudicate si scivola verso il conflitto armato». Proprio per questo ritiene che nemmeno l’Occidente sia esente da colpe e che l’allargamento continuo della Nato verso est sia stato un errore. Secondo Bassoli i paesi dell’est e la stessa Russia andrebbero ricompresi in un’Europa sociale basata sui valori democratici. Parole che suonano utopiche mentre le forze russe stanno ancora attaccando il territorio ucraino, ma il punto è che «se l’allargamento procede mediante un’alleanza militare prevale la logica del conflitto». A fargli eco è il presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo: «L’obiettivo è raffreddare la tensione che è arrivata a livelli di guardia senza precedenti», sia con la minaccia nucleare di Putin, sia con le pesantissime sanzioni economiche varate dall’Unione Europea, che alla fine porteranno ad un peggioramento delle condizioni di tutte le parti convolte.
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Sono soprattutto i giovani a sentire maggiormente questa tematica e a lavorare quotidianamente, per questo «i numeri nelle piazze non sono l’unico modo di misurare l’impegno a favore della pace», commenta Bassoli. «In Italia la modalità scelta è stata quella di tante manifestazioni diffuse sul territorio», spiega Bernardino Masogno, del coordinamento provinciale di Venezia dell’associazione InMarcia per la Pace. Ma nonostante ciò la partecipazione è stata addirittura superiore al previsto. «Di solito a Mestre portiamo in piazza dalle 300 alle 500 persone e ce ne siamo trovati a gestire oltre 2000 provenienti da contesti molto eterogenei».
Non è, però, quella sulla partecipazione la “gara” che interessa ai pacifisti italiani. «Dopo Berlino aspettiamo Parigi, Londra e le altre capitali», afferma entusiasta il presidente dell’Anpi. Il problema ora è far fronte alle conseguenze della guerra materiali della guerra che si traducono in fiume di profughi alle frontiere dell’UE. Tutte le associazioni si stanno mobilitando per l’accoglienza e l’invio di aiuti umanitari in territorio Ucraino.
«Abbiamo ricevuto una risposta molto importante dalla società Italiana e daremo continuità», conclude Bassoli «Questa guerra chiede molto di più a tutti quanti».