Le elezioni in Francia per il prossimo presidente della repubblica si svolgeranno in un momento di complesse dinamiche internazionali, tra la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea e lo scoppio della guerra in Ucraina. E se secondo il direttore del dipartimento Relazioni Internazionali di Sciences Po Bordeaux Ludovic Renard «la politica estera non è elemento determinante per l’elettorato francese», quest’anno è stato diverso e i 12 candidati sono usciti allo scoperto per dichiarare ufficialmente le loro posizioni sul conflitto Russia-Ucraina.
«Al primo turno vedremo per la prima volta una destra che con Zemmour, Le Pen e Nicolas Dupant-Aignan ha circa il 45%. È un momento per l’estrema destra come mai è stato nel passato». L’ex corrispondente del quotidiano Libération Eric Jozsef parla di una «tripolarizzazione» della politica francese, con una sinistra che presenta diversi candidati «che non contano quasi nulla». Nei sondaggi il partito socialista guidato dalla sindaca di Parigi Anne Hidalgo è dato al 2%, mentre il partito comunista di Fabien Roussel «da anni in caduta libera» trova solo il 3% dei consensi. I due candidati che “resistono” sono l’ecologista Yannick Jadot dato al 5% e la sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon con il 16%. Ed è infatti il leader 70enne del partito Le France Insoumise che si profila come terzo avversario di Emmanuel Macron insieme a Marine Le Pen, sperando in una vittoria al primo round di votazioni di domenica, a cui seguirà il ballottaggio in programma per il 24 aprile.
«Da parte di Macron c’è stata la percezione di un’opportunità di politica interna». Il fenomeno di “fleg effect” è descritto come un’arma a doppio taglio per l’attuale Presidente della Francia. Divenendo figura internazionale nella mediazione con il presidente russo Vladimir Putin a Macron è stato riconosciuto, in una prima fase del conflitto, un ruolo da presidente che ha rafforzato la sua statura di capo dello stato aumentando il suo consenso dal 23% al 30%. Le complicità degli oppositori con gli oligarchi russi che sembrano aver finanziato la campagna elettorale di Marie Le Pen durante le scorse elezioni le ha tolto ogni possibilità di attaccare l’attuale Presidente. Ma negli ultimi 15 giorni Macron ha visto svanire il vantaggio di cui ha goduto durante il conflitto perché raggiunto dagli effetti dalla campagna elettorale. Presentando il suo programma, l’opinione pubblica ha rilevato uno spostamento verso destra che lo ha penalizzato, insieme «a quello che in Francia è vissuto come uno scandalo», cioè il caso McKinzey. La sua figura è stata appannata dal ritorno ad un’immagine di “presidente dei ricchi” molto lontano dai cittadini. Con pochi giorni per recuperare, Macron si trova ad affrontare le difficoltà di un certo grado di odio diffusosi nei suoi confronti in qualità di uomo politico: «Non basta più l’immagine che si è creato nella guerra per evitare un calo nei sondaggi».
A un declino del leader dell’Eliseo corrisponde una risalita dell’estrema destra di Le Pen, che forte della lezione imparata nelle scorse elezioni, ha abbandonato la rivendicazione dell’uscita della Francia dalla moneta unica. I sondaggi infatti dimostrano che i francesi non vogliono un’identità nazionale anti-europeista. «Sono molti gli studi a sostegno della tesi secondo cui i francesi hanno una forte tradizione socialista e per la maggior parte sono di sinistra, ma votano a destra». Ai programmi presentati prevalgono spesso le identità e le personalità dei candidati. Ma di fatto, il programma di Le Pen così come quello di Mélenchon, causano una forte spaccatura con l’Unione, imponendo una nuova politica economica. «A un certo punto non è che uno esce dalla moneta unica ma si fa espellere». La possibilità che gli elettori sfruttino il cosiddetto “voto utile” come voto di opposizione a Le Pen è alta. Allo stesso tempo, una parte della sinistra di Mélenchon voterebbe per la leader del Rassemblement National nel caso di una sfida tête-à-tête contro Macron in fase di ballottaggio. La bassa affluenza prevista per queste elezioni sommata ad un elettorato giovane della sinistra francese che vota meno di quanto dichiara nei sondaggi «rende quella che prima era l’impossibile vittoria di Le Pen, un risultato solo improbabile. E questo è abbastanza preoccupante per l’Europa».
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