Fatema scende in campo, nel sintetico di Tavarnuzze, paese in provincia di Firenze, con l’hijab e scarpe Adidas F50 blu shock ai piedi. Al 90’ la difesa del Livorno sbaglia e Fatema, davanti al portiere, incassa le spalle e calcia. La palla viene smorzata da un difensore ed entra in rete. Un urlo, poi un sorriso accompagnano la corsa verso la panchina. Diciotto casacche la placcano, il silenzio che precedeva il suo tiro viene squarciato da un boato.
Contro il Livorno, in uno stadio gremito da circa 400 tifosi, il gol promozione lo mette a segno una ragazza fuggita solo qualche mese prima dall’Aghanistan, una terra dilaniata dal conflitto. La sfida è fondamentale per la classifica: il Livorno prima della partita conduceva il campionato con un punto di vantaggio sul Centro Storico Lebowski, che aveva lo scontro diretto e una partita in più da giocare. «La partita è stata l’apice di un fine settimana fantastico per noi. Dopo due anni di interruzione forzata a causa della pandemia, siamo riusciti a far venire a Firenze 150 dei nostri soci per un’iniziativa che punta a unire le persone che non possono essere con noi tutte le domeniche» spiega Matthias, responsabile della comunicazione del Lebowski.
Il Lebowski, non è solo un’organizzazione sportiva, ma una cooperativa sociale che conta 1600 soci nel mondo. Emblema di un calcio fatto di passione, militanza e solidarietà. “For the fans by the fans” come si legge sul sito della società fiorentina.
Il gol di Fatema «è stata un’emozione surreale. Qualche anno fa un pallone colpì la bandierina invece di uscire fuori dal campo e vincemmo il campionato di Prima Categoria con la squadra maschile. Domenica è stato un altro di quei momenti dove tutto succede per un motivo», continua Matthias
Qualche mese prima, nel gelo di Tavarnuzze, sono passate le dieci di una sera di febbraio. Fatema durante l’allenamento si è fatta male a una caviglia, è infreddolita, ha poca voglia di parlare. Insieme a Susan, Maryam e il loro allenatore, Najbullah, è fuggita ad agosto da Herat, dopo la riconquista della città da parte dei talebani. Prima del loro arrivo militavano, con difficoltà, nel Bastan Football Club, una piccola squadra locale, ma dai primi di agosto «è diventato impossibile» racconta Maryam. Su quel campo di provincia si stanno adattando ad una nuova vita.
In Toscana sono arrivate tramite il COSPE (Cooperazione Sviluppo Paesi Emergenti), una ONG che dal 1983 si occupa di rifugiati politici o di guerra. Grazie alla Federcalcio italiana sono riuscite ad entrare a far parte della realtà Lebowski, che dai primi di febbraio ha accolto le tre ragazze e il loro allenatore nella squadra femminile, che partecipa al campionato di Eccellenza.
Dopo la sera di febbraio in cui Fatema si era storta la caviglia si arriva a domenica 8 maggio. Gli allenamenti sono andati avanti, l’integrazione alla nuova realtà anche.
Stavolta ha voglia di parlare e di raccontare come si sente. Dice a La Repubblica: “È stato il giorno più bello della mia vita dopo la brutta situazione passata in Afghanistan. Giocare a calcio mi dà consapevolezza e posso essere un esempio per le altre ragazze». La gioia è accompagnata, però, da un pensiero: «La vita non è giusta e spero che qualcuno aiuti il governo italiano a portare qui le nostre famiglie e le altre ragazze ancora là»