«È molto importante per noi dimostrare che la musica ucraina è viva e unica». Oleh Psjuk risponde alle domande consapevole di portare sulle sue spalle il peso di un paese distrutto dalla guerra. La giovane età, le sciolte movenze da rapper e l’estro del cappello rosa ormai divenuto simbolo della Kalush Orchestra, si scontrano con la serietà e la concentrazione nel suo sguardo. Nonostante i ritmi serrati a cui lo costringe l’organizzazione di questi giorni, trova il tempo di dedicarsi alla stampa, conscio di come la sua band sia diventata simbolo della resistenza ucraina.
Venerdì 13 maggio si è tenuta la prova generale dell’Eurovision Song Contest 2022. Un’esibizione che permette alla giuria tecnica di ogni paese di assegnare i punteggi ai cantanti, il cui voto verrà svelato solo durante la finale del 14 sera. Aperta al pubblico, è un momento cruciale per sondare i sentimenti dei fan del contest musicale europeo. Nonostante non siano il gruppo più numeroso tra i partecipanti, l’ingresso della Kalush Orchestra è accolto con calorosi applausi, che si trasformano in una partecipazione entusiasta durante la loro Stefania.
Madrepatria
La canzone, «dedicata a mia madre», è stata scritta molto prima della guerra, ma il suo significato è stato stravolto improvvisamente da quella notte del 24 febbraio. «Nessun verso di questa canzone faceva riferimento a un messaggio politico. Con lo scoppio della guerra, però, le persone hanno iniziato a collegare la figura materna a cui la canzone è dedicata alla madrepatria o a una madre assente da cui si sentono improvvisamente separati».
La famiglia e gli amici di Oleh lo sostengono dall’Ucraina, con gli aerei che ogni giorno passano sulla loro testa. «Sentiamo molta tensione e grande responsabilità. La nostra immagine è diventata improvvisamente la rappresentazione del nostro paese e della nostra cultura». L’Eurovision è un evento conosciuto e apprezzato in Ucraina, ma quest’anno si va oltre il riconoscimento puramente musicale.
Tornare alla pace
Cori folk, costumi tradizionali, ritornello accattivante dalle sonorità dell’est: Stefania è il simbolo a sette note di un paese che resiste. «In un momento tragico in cui la nostra cultura è minacciata e cancellata, se le persone dicono che è un inno alla pace, allora vorrei che lo fosse». La vittoria della Kalush Orchestra rappresenterebbe così non tanto l’ennesima sconfitta della Russia (in termini culturali, essendo stata esclusa da molti eventi globali), quanto il segno che «la cultura ucraina esiste ed è riconosciuta e apprezzata dall’Europa».
Durante la loro esibizione, non c’è stato bisogno delle indicazioni luminose dettate dalla regia al pubblico durante alcune performance. Phone lights on, recitavano i quattro schermi luminosi del Pala Alpitour di Torino. Italiani, spagnoli, francesi, polacchi e olandesi: quando ancora i tecnici spostavano i microfoni sul palco, da una parte all’altra del pubblico le luci si sono accese per ballare insieme alla Kalush Orchestra.
«Inizierete ad apprezzare la pace quando vi troverete in mezzo alla guerra». Per questo, incontrare persone che supportano la band, per il cantante significa «mandare il messaggio che è possibile tornare indietro, quando c’era la pace». Fino a sperare che l’Ucraina possa ospitare l’Eurovision il prossimo anno. «Se accadrà, ciò avverrà in un paese nuovo, ricostruito, e ancora più prospero». Oleh termina l’intervista regalando alla stampa alcuni cappellini uguali a quelli che indossa sul palco. Un berretto rosa e una canzone contro la guerra.
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