Studiare i danni e i crimini contro il pianeta, le leggi e le politiche ambientali sono gli obiettivi della green criminology, la criminologia verde. Il termine fu introdotto nel 1990 dal professore di criminologia Michel J. Lynch del dipartimento di criminologia dell’università del Sud della Florida. Come nella criminologia investigativa anche in quella verde si indaga sui colpevoli e sui danni causati dai reati. Pensiamo all’inquinamento ambientale, alla deforestazione (Amazzonia) che provoca un aumento dell’anidride carbonica, al cattivo smaltimento di rifiuti tossici (contaminano aria, acqua e terra) ed anche ai reati contro la fauna selvatica che rappresenta, dopo il traffico di droga e di armi, il terzo commercio illegale al mondo.
Sono alcuni dei disastri ai quali pensa la Green Criminology, esaminando le leggi ambientali, affrontando il problema della giustizia ambientale, delle vittime e dei motivi che spingono l’uomo a commettere crimini contro l’ambiente. Il primum movens è il profitto. Il vantaggio economico prevale sulla salvaguardia del pianeta.
Questi interrogativi hanno suscitato l’interesse di gruppi di studiosi come il Green Criminology Specialist Group (GCSG). Una rete internazionale di ricercatori, di studiosi e di esperti esamina il degrado ambientale ovvero come cambia l’ambiente a causa della scarsa attenzione della società alle risorse naturali come l’acqua, l’aria e il suolo. Il gruppo indaga su come il contesto in cui viviamo influisce sulla salute ambientale. Esaminare i danni significa capire come i disastri ambientali si ripercuotono sulle persone.
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Anche in Italia ormai da tempo si avverte la necessità di proteggere il nostro habitat naturale e l’uomo. Ne sono un esempio l’enorme lavoro messo in atto da problematiche come lo smaltimento dei rifiuti della “Terra dei fuochi”, l’inquinamento atmosferico dell’Ilva di Taranto ed il caso Eternit/amianto di Casale Monferrato.
L’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), nato in Italia il cinque agosto 2008, rappresenta e tutela i cittadini e i lavoratori dal rischio amianto e di altri cancerogeni. «Solo nel 2021, l’amianto ha provocato circa 7000 morti. Un caso, in provincia di Latina che mi ha molto colpito, riguarda un lavoratore di una nota azienda di produzione di pneumatici. Esposto ad amianto e ad altri cancerogeni, ha contratto già da giovanissimo una serie di cancri. L’ultimo gli ha provocato la morte a poco più di quarant’anni» mette in chiaro il presidente dell’ONA, Ezio Bonanni. «L’ecocidio, la distruzione consapevole di un ambiente naturale, dovrebbe essere considerato un crimine contro l’umanità».
Anche la fondazione “Stop Ecocide”, ritenendo l’ecocidio un crimine internazionale lo ha definito: “l’insieme di tutti quegli atti illegali o sconsiderati, commessi con la consapevolezza di poter causare gravi danni ambientali diffusi o a lungo termine”. Si attende che l’ecocidio diventi il quinto reato, perseguibile dalla Corte Penale Internazionale dopo i crimini di guerra, i crimini contro l’umanità, il genocidio e il crimine di aggressione.
I morti aumentano, i danni crescono, cambia il mondo in cui viviamo. Il principio della «prevenzione» pertanto deve prevalere perché la «distruzione dell’ambiente ovvero il consumo del suolo, dell’aria e dell’acqua, impediscono la sopravvivenza dell’essere umano. Il rischio è di morire soprattutto di cancro. L’alterazione degli ecosistemi e della fauna che non vive nella sua condizione naturale determinano anche esplosioni virali. I nostri due ultimi anni di vita, dominati dall’emergenza epidemiologica, ne sono un esempio». Il presidente dell’ONA, riprendendo le novità introdotte negli articoli 9 e 41 della Costituzione, chiarisce che «la salute, l’ambiente e l’economia devono essere le stelle polari di tutte le attività economiche e produttive e devono guidare il legislatore». Solo così si potrà vivere in sicurezza.