«I sostenitori di Bolsonaro che hanno assaltato il congresso domenica vivono in un mondo parallelo. Uno dei problemi principali di Lula ora sarà governare sapendo che un’ampia fetta della popolazione brasiliana è come dissociata dalla realtà». Pedro Doria, giornalista brasiliano ed ex vicedirettore del quotidiano nazionale O Globo, commenta così i fatti di Brasilia. «Queste persone sono convinte che marciando contro un governo democraticamente eletto stiano lottando per la libertà del loro Paese».
Sette giorni dopo l’insediamento del presidente Luis Inacio Lula da Silva migliaia di sostenitori del suo predecessore, Jair Bolsonaro, hanno invaso la piazza di Brasilia dove si trovano il Congresso, il palazzo presidenziale e la sede della Corte Suprema. I poliziotti, dietro di loro, li riprendevano divertiti con lo smartphone e si scattavano selfie. Per la maggior parte degli esperti ciò che è successo domenica era un assalto annunciato. Migliaia di pullman dei sostenitori di Bolsonaro erano arrivati a Brasilia già a partire da sabato.
Le autorità erano in possesso di un fascicolo che prospettava un probabile assalto al congresso da circa un anno e mezzo e ieri il governo ha rilevato la minaccia di nuovi colpi di stato come quello di domenica. «Andiamo a prenderci il potere, il sistema collasserà!», urlava una donna, poi identificata dalle autorità, in un video pubblicato sui social: il giornale Estadao ha acquisito ore e ore di filmati pubblicati sulle piattaforme da cui emerge che l’assalto alle istituzioni era pianificato da tempo.
Gli analisti sono però convinti che non ci saranno grandi rischi per la democrazia brasiliana e che quello di domenica più che un golpe armato era più simile a un atto vandalico, uno sbeffeggiamento alla democrazia. Nel frattempo continuano le indagini per cercare di individuare le negligenze della polizia e probabili infiltrazioni bolsonariste nei servizi segreti.
«I sostenitori di Bolsonaro sono confusi. Prima era stata promessa loro la vittoria alle elezioni, ma il loro leader ha perso con una differenza minima di voti dal suo sfidante. I generali e le persone del partito dell’ex presidente avevano promesso ai loro elettori che, anche se Lula avesse vinto, sarebbero riusciti a rovesciare il governo democraticamente eletto. Domenica primo gennaio, quando il presidente ha giurato, i supporter di Bolsonaro hanno capito che nulla sarebbe successo e che non c’era nessun piano segreto per rovesciare il governo. Questo li ha fatti arrabbiare ancora di più», continua Doria.
La maggior parte di loro non si informa più sui media tradizionali. Gli assaltatori si sono radicalizzati nei gruppi whatsapp e sui social di estrema destra nati dopo che Donald Trump è stato cacciato da Twitter. Un esempio è Gettr, fondato da Jason Miller, ex assistente e portavoce del tycoon. Queste piattaforme sono state un fiasco quasi ovunque, tranne che in Brasile. «L’ex presidente statunitense è l’idolo personale di Jair Bolsonaro, questo non è un segreto. L’entourage di Trump, composto da persone come Miller e Steve Bannon, ha avuto un ruolo centrale nell’ispirare, e forse anche nel pianificare, ciò che è successo domenica. Sotto qualche aspetto possiamo anche paragonare l’assalto di Brasilia a Capitol Hill. Ci sono, però, alcune differenze come il fatto che l’invasione è avvenuta domenica, che il presidente si trovava fuori città e nessuno è stato veramente in pericolo», continua Doria.
«Il gruppo di sostenitori di Bolsonaro che ha attaccato il palazzo del Congresso non è uniforme. Domenica a Brasilia c’erano donne, uomini, giovani e vecchi provenienti da diversi stati del paese, diverse classi sociali e gruppi anagrafici. Le correnti di estrema destra che formano la base del bolsonarismo sono molto variegate al loro interno. Ci sono, tra gli altri, cospirazionisti, conservatori, membri dell’ alt-right, e integralisti cattolici. Hanno partecipato anche tante persone comuni, senza particolari affiliazioni ideologiche, ma che sono state intercettate sui social. In ogni famiglia c’è almeno un componente che ha idee di questo tipo e sostiene Bolsonaro», spiega Michele Prado, ricercatrice che si occupa di estrema destra, radicalizzazione e estremismo in Brasile.
«I nuovi ecosistemi digitali hanno portato questi gruppi a chiudersi sempre di più nelle loro bolle social, dove si sono diffuse teorie del complotto estremiste e razziste, come la grande sostituzione, QAnon e il marxismo culturale», continua Prado, «esiste un’ampia costellazione di influencer di estrema destra provenienti dagli Stati Uniti che sono molto presenti sulle piattaforme brasiliane. Tra questi, solo per citare alcuni nomi, ci sono Ben Shapiro, Candace Owens, Dinesh D’souza, Alex Jones e molti altri. Lo stesso Jason Miller sponsorizza gli eventi di Eduardo Bolsonaro, il figlio dell’ex presidente, che è uno dei principali responsabili dell’attacco».
«L’assalto di domenica era prevedibile. Nel mio ultimo libro avevo avvertito che qui in Brasile avremmo potuto avere episodi di terrorismo di estrema destra e che era molto probabile il verificarsi di qualcosa di simile all’invasione del Campidoglio degli Stati Uniti. Oltre alla mancanza di attenzione da parte delle istituzioni, l’assalto è stato causato anche dal fatto che non esistono centri di monitoraggio professionali e apartitici sulle questioni politico-elettorali, sull’estremismo e l’antiterrorismo», conclude la ricercatrice.
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