«Nei primi anni ’90 ci fu una corsa per acquistare le prestazioni dei migliori ricercatori disponibili. Un po’ come accade nel football per i quarterback: ce ne sono pochi che ti fanno fare il salto di qualità e devi essere in grado di farli firmare». Con queste parole Cade Metz, editorialista del New York Times nel ramo tecnologico, descrive il campo del machine e deep learning alla fine del ventesimo secolo. Tra i quarterback più richiesti di quel momento era compreso anche Yoshua Bengio, ricercatore e informatico dell’università di Montreal con la delega al MILA (Montreal Institute for Learning Alghoritym) tra i più decorati istituti di ricerca nel campo.
Insieme a Geoffrey Hinton e Yann Le Cun, Bengio è considerato tra i maggiori esperti nel campo del machine learning, specie per i contributi offerti per lo sviluppo della materia quando ancora era difficile prevedere l’arrivo dei nuovi modelli di large language model, come Chat GPT. Il nuovo modello di AI ha sconvolto il mondo dei media, dei social e ha aperto un dibattito sul rapporto tra uomo e macchina. La visione di Bengio sul modello di Open AI è contrastante. Se da un lato «è plausibile che non si sia verificato alcun nuovo progresso scientifico fondamentale, perché si tratta di una combinazione di idee proposte in precedenza che, in modo ben fatto, cumulano large language model, una raccolta dati su grande scala e un feedback di esseri umani», dall’altro «è impressionante vedere la performance del sistema. Quella va celebrata».
Dall’ingresso di ChatGPT-3 sul palcoscenico mondiale si sono rincorse teorie sugli usi e sulle possibilità che questa nuova macchina può offrire. Negli Stati Uniti le scuole si stanno attrezzando per modificare il loro modello di insegnamento e stanno sviluppando software antiplagio in grado di riconoscere la mano della chat nei paper che ogni studente, da prassi, deve scrivere per superare i corsi. Non è questo però il vero pericolo secondo Bengio: «Abbiamo già avuto a che fare con le straordinarie risorse a cui gli studenti hanno accesso con la punta delle dita sul proprio telefono. Sono preoccupato – spiega l’informatico canadese – per l’abuso di tale tecnologia per ingannare le persone, manipolarle, compiere frodi, convincerle a votare in un modo o nell’altro, eseguire attacchi informatici, e via dicendo. Questo non è qualcosa che puoi fare direttamente con ChatGPT, ma tale tecnologia potrebbe essere adattata per questi usi socialmente nefasti».
«Molte persone hanno scartato la possibilità di un progresso così rapido nell’AI, pensando che non fosse possibile (gli essere umani hanno la sensazione probabilmente innata di essere speciali e che nessuna macchina potrà mai eguagliare la nostra essenza) o che fosse qualcosa di fantascientifico o di un futuro remoto». Ma quindi quando smetteremo di stupirci, iniziando ad utilizzare questi modelli in maniera efficace? «Personalmente, non penso che le nostre istituzioni economiche, sociali e politiche siano adeguate ad affrontare i pericoli che l’intelligenza artificiale porterà. Questo a causa delle nostre debolezze umane, perché possiamo essere influenzati e controllati facilmente, e perché alcuni umani sono pronti a tutto per ottenere più potere e ricchezza»
Un’ultima previsione riguarda il mondo del lavoro. Dai mass media, passando per il settore culturale, fino a lavori di tipo organizzativo e compilativo, ci si chiede se Chat GPT potrà rimpiazzare l’uomo: «Rivoluzionerà il mondo del lavoro, ma ci vorrà tempo. I processi utilizzati nelle aziende e nei governi richiedono molto tempo per cambiare, anche se si tratta di sfruttare nuove opportunità. Ancora più importante, dobbiamo renderci conto che dipende da noi che tipo di società vogliamo costruire in futuro con tecnologie così potenti. Lo status quo non è un’opzione».