Una riflessione sull’essenza intima del sublime, che non si svela nei canoni universali di bellezza, ma nei profili definiti dal tratto magistrale dei disegni leonardeschi e nel superamento dei confini raggiunto dalle pennellate di colore distribuito con forza nel capolavoro di Francis Bacon i “Tre studi per un ritratto di Isabel Rawsthorne”. Il principio e l’epilogo dell’esposizione. Entrambi dipingevano i visi mostruosi con la mano sinistra e nel colore di Bacon è evidente il verso della pennellata da destra verso sinistra. «È un trittico difformato, destrutturato di Bacon. Lui attraverso la deformazione del volto esprime tutta la forza del nostro inconscio, della nostra interiorità, i sentimenti bestiali, passioni che vedeva lui e che ci riflettono in questo trittico.» Dice Inti Ligabue presidente della Fondazione Giancarlo Ligabue, mentre racconta i capolavori davanti a decine di persone attente e silenziose. «Il quadro ha un forte impatto e parla da solo. Lui dipingeva esclusivamente con la fotografia: faceva le foto del soggetto e poi le rappresentava perché non voleva essere disturbato dalla presenza della persona, dal lato della sua deformazione e anche perché dipingeva in stato alterato.» Dal 28 gennaio al 27 aprile 2023, i lineamenti esagerati e caricaturali delle opere di Leonardo da Vinci, Anton Maria Zanetti, Giambattista Tiepolo e Francis Bacon avranno come cornice lo storico Palazzo Loredan, nel centro di Venezia.
Superato il luminoso atrio marmoreo a scacchi bianchi e rossi, al piano superiore l’intensità delle luci è ridotta al minimo. Fra i manoscritti, nella calda penombra della biblioteca, risaltano i fogli bianchi su sfondo nero illuminati con gusto da tiepidi lumi orientati sui tesori della mostra. Per qualche istante, il visitatore si libera dagli stereotipi di bellezza e apprezza la deformità dei tratti fisiognomici raffigurati con rara ed elegante perizia da Leonardo, Zanetti, Tiepolo e Bacon. La fondazione guida magistralmente i curiosi e gli appassionati nella scoperta del volto meno noto dell’arte veneziana del XVIII secolo, evidenziando l’esistenza di una linea di continuità nell’evoluzione settentrionale del genere della caricatura, che parte dai grotteschi ritratti di Leonardo per giungere alle caricature di Zanetti e Tiepolo.
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Fra le opere esposte, provenienti da collezioni private internazionali, ad accogliere il visitatore sono i 18 disegni autografi leonardeschi – fra cui la ben nota “Testa di vecchia” – prestati dalla Veneranda Biblioteca Ambrosiana e dalla Pinacoteca di Brera. A contribuire all’esposizione alcuni preziosi bozzetti dati in prestito dal famoso nucleo di Chatsworth, del Duca di Devonshire, fra i collezionisti più importanti dei nostri giorni, fra le sue opere «puoi vedere da Leonardo da Vinci a Damien Hirst. Lui ha detto che non colleziona opere, ormai ammassa, accumula» commenta Inti Ligabue.
Il deforme e l’esasperazione dei tratti distintivi, si traducono nella rappresentazione dei tipi propri dell’uomo esaltandone le caratteristiche, che per quanto buffe o ridicole, restituiscono l’unicità dell’essere umano nella sua imperfezione. Un viaggio che aliena il visitatore trascinandolo in una realtà distopica che ha come effetto desiderato gli occhi spalancati dei presenti. In una società vittima dell’estetica, in cui l’edonismo della forma assume una posizione predominante rispetto alla profondità della sostanza, la mostra “De visi mostruosi” suggerisce all’osservatore uno sguardo originale che mette in luce la correlazione fra forma e sostanza, evidenziando come l’una non sia altro che la sottovalutata rappresentazione dell’altra.