«Dopo esservi commossi dovreste allarmarvi»: è una scritta attaccata con un nastro sopra gli occhi di cinque bambini incazzati, raffigurati dallo street artist Demetrio Di Grado su una facciata dei cantieri culturali della Zisa, a Palermo, un ex mobilificio i cui ambienti sono oggi spazi espositivi, per le attività teatrali e cinematografiche. Giorgio la osserva e scatta una foto. È appena arrivato da Roma con il primo volo Ita. Con lui ci sono Aldo, Viviana e Ludovica. Serena – che è arrivata da Barcellona la sera prima – gli corre incontro per abbracciarli. È la coordinatrice di Mediterranea Saving Humans, l’unica ong italiana che soccorre i migranti nel Canale di Sicilia, grazie alla nave Mare Jonio, acquistata nell’estate del 2018.
«Vi presento i ragazzi di Roma», dice Serena accompagnandoli all’ingresso di una sala conferenze che si presenta come un piccolo anfiteatro in legno. Dentro ci sono già gli attivisti di Torino, i siciliani e le new entry, che arrivano chi da Milano, chi da Atene, chi da Edimburgo. Sono tutti in Sicilia per una tre giorni di formazione e di addestramento, in vista delle prossime missioni di salvataggio in mare. «È prima di tutto un momento per creare dei legami tra di noi, per consolidare dei rapporti di squadra e crearne di nuovi» – esordisce Fabio Gianfrancesco, giovane ricercatore in filosofia e capo missione di Mediterranea.
Manca solo Iasonas – Iasonas Apostolopulos, per gli amici italiani “Giasone” – il capo missione greco ritenuto in patria uno degli attivisti più influenti in materia di diritti umani. Il suo volo da Atene è stato cancellato a causa di uno sciopero. Arriverà comunque a Palermo per le 18, si può cominciare.
A Palermo si svolge la prima parte del training voluto dalla ong per formare gli equipaggi che si alterneranno nelle missioni che partiranno, non appena la Mare Ionio – ferma in cantiere per motivi burocratici – riceverà l’ok dalle autorità navali per tornare a navigare. Per il momento si trova ormeggiata in porto a Trapani. Gli attivisti di Mediterranea – ricevuti di recente da Papa Francesco in Vaticano – la raggiungeranno solo dopo aver concluso il primo giorno di formazione nel capoluogo. Lezioni e dibattiti sulla storia delle rotte migratorie, la decostruzione di stereotipi sui migranti e le tecniche di soccorso in mare.
Dopo un pranzo consumato in fretta e qualche calice di birra offerto per il gusto di fare amicizia, la giornata riprende, prosegue, finisce. Con l’arrivo di Iasonas tra gli applausi di tutti. Di chi lo ammira, di chi ha condiviso con lui notti di bufera e salvataggi complicati, di chi lo conosce per la prima volta. Come Max, fotogiornalista milanese che salirà a bordo come soccorritore. «La nave è molto piccola, ci stanno a stento dieci persone – cinque marinai e cinque volontari, compreso un medico – così mi hanno chiesto di non limitarmi al mio ruolo “passivo” di reporter, ma di dare una mano come soccorritore. Ed eccomi qui».
Come lui anche un videoreporter con dei rigogliosi capelli rasta arrivato da Edimburgo e molti giovani attivisti “di terra”, pronti per la prima missione in mare. Finita la cena, passata la fame, nella piazzetta dei cantieri culturali, il team di Mediterranea – ora vestito in blu dalla testa ai piedi – affronta un controverso punto di discussione: dove andare dopo cena. È venerdì sera, l’aria è tiepida e il Palermo ha battuto il Modena in casa per 5-2. I giovani – torinesi, romani, ateniesi – sono compatti nel proporre un giro per i locali di Ballarò, storico rione del centro dove spazi un tempo autogestiti sono diventati imprese sociali, ostelli della gioventù, locali multietnici. Il risultato, anche qui, è schiacciante. Si va a Ballarò.
Si balla e si brinda, con decine di neolaureati in festa in giro per la città, mentre la notte lentamente riordina le strade di Palermo. Coi netturbini a lavoro e dei giovani che attaccano un manifesto su un muro. Invitano a partecipare a una manifestazione che ricorderà le vittime del naufragio di Cutro. Si terrà il giorno dopo, con centinaia di persone in strada. Poco più avanti c’è una Renault con le quattro frecce accese che li aspetta. Poco dopo è già giorno.
Gli attivisti di Mediterranea si ritrovano nel piazzale della Stazione Centrale di Palermo, diretti al porto di Trapani, dove si svolgeranno le ultime 48 ore del training, quelle pratiche, a bordo della nave. Sulla Mare Ionio li attende Davide, primo ufficiale. Messinese, trentacinque anni, di cui la metà trascorsa a navigare. «Prima lavoravo a bordo degli yacht di lusso, compreso quello di Briatore. Poi ho capito che è qui, con voi, su questa nave, che mi sento pienamente me stesso». Ci tiene a dare il benvenuto a bordo a nome dei marinai. Ha fatto di tutto per esserci: nel 2022 ha superato una grave malattia, ora – occhi lucidi, muscoli forti e capelli al vento – vuole solo tornare in mare e addestrare le nuove leve. A lui il team di Mediterranea affida le chiavi del buonumore. E Davide non delude mai.
Iasonas e Fabio sono già a lavoro. Hanno calato le scialuppe in mare e stanno guidando le esercitazioni di salvataggio. La Mare Jonio è un formicaio di volontari giovani e navigati che salgono e scendono dalle lance e si danno un bel da fare. «È bello rivederla così», sussurra commosso Luca all’amico Beppe, sul ponte della nave. Luca Casarini è stato tra gli organizzatori del Genova Social Forum, la rete di movimenti e associazioni no-global che prese parte al tragico G8 del 2001. Oggi, insieme a Beppe Caccia, è tra gli armatori di Mediterranea.
Si va avanti per tutto il giorno con le simulazioni. La regola è quella del “save, do it, repeat” Si prova tutto, perfino gli abbracci, perché – come sottolinea Iasonas – «da un nostro minimo gesto dipende la vita di decine di persone». A coordinare le operazioni dalla nave c’è Sheila, capo missione palermitana, punto di riferimento per le donne della Mare Ionio e sponda perfetta per Davide in materia di buonumore. Il pomeriggio trascorre sulle scialuppe e il sole si addormenta lentamente dietro l’isola di Favignana. A bordo è ora di cena. Capricciosa, margherita, quattro formaggi. Niente di meglio di una pizzata per affiatare una squadra italiana.
Sono le dieci quando a tavola si aggiunge, a sorpresa, il rapper Ghali. L’artista milanese, di origini tunisine, è salito a bordo per il “battesimo” di Bayna, la scialuppa di salvataggio che ha donato a Mediterranea. Battesimo previsto per il giorno successivo, l’ultimo. Quello dei saluti. Dopo il varo di Bayna, il formicaio galleggiante si scompone. Ci si dirige verso l’aeroporto di Punta Raisi. Il gruppo Whatsapp frigge di saluti. Qualcuno poco prima di decollare scrive “thanks”, con una faccina che piange commossa e un cuoricino rosso. Qualcun altro invia parte di una poesia di Erri De Luca:
Mare Nostro che non sei nei cieli,
tu sei più giusto della terraferma
pure quando sollevi onde a muraglia
poi le abbassi a tappeto.
Custodisci le vite, le vite cadute
come foglie sul viale,
fai da autunno per loro,
da carezza, abbraccio, bacio in fronte,
madre, padre prima di partire.
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