«Ma questo semaforo non lo vede che non passa nessuno?» Una battuta che almeno una volta nella vita è venuto da fare a tutti quando ci siamo trovati, di notte, fermi col semaforo rosso ad attendere del traffico che non c’era. Tutti abbiamo desiderato che quel semaforo, anzi che la nostra città fosse un po’ più intelligente. Un desiderio che potrebbe essere molto più vicino alla realtà di quanto pensiamo. «Una smart city si serve di una serie di dispositivi che permettono di gestire in maniera intelligente e centralizzata diversi asset e funzioni, in particolare i servizi legati al traffico, alle infrastrutture di trasporto e a tutti i sistemi energivori, tra cui l’illuminazione», spiega l’architetto Sergio Grimaldi, socio fondatore dello studio A3S di Pescara. «Nella Smart City tutti i servizi sono integrati in unico sistema». Un’idea magnifica. Ma nel concreto cosa significa? «Significa ad esempio poter gestire l’illuminazione a seconda di quanto è frequentata una zona, far scattare i semafori in base al traffico, regolare gli accessi a una determinata area per organizzare al meglio la raccolta dei rifiuti».
Tutto questo è già realtà in alcune città. A Livorno dei sistemi statistici regolano l’illuminazione e i semafori servendosi di sensori che contano il numero di veicoli che transitano. «Oltre a questo abbiamo realizzato un sistema integrato di video sorveglianza collegato al sistema ospedaliero», spiega Grimaldi. «Questo fa sì che un’ambulanza con un paziente a bordo possa trovare un percorso di soli semafori verdi mentre i veicoli nelle strade confluenti troveranno il rosso». Per ora tra le grandi città italiane solo Torino è all’avanguardia in questo settore, seguita da Milano. A Venezia hanno migliorato la raccolta dei rifiuti sfruttando la video sorveglianza, a Roma invece non ci sono stati interventi in questo senso. Il prossimo passo sarà creare delle amministrazioni con sistemi di questo tipo guidati da software di Intelligenza Artificiale in grado di integrare i dati che arrivano dai sensori di traffico e dagli apparati di video sorveglianza durante l’anno per prevedere il flusso di traffico.
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Una parte cruciale della smart city è la gestione dell’illuminazione pubblica, settore di cui lo studio di Grimaldi si occupa nello specifico. L’obiettivo è quello di azzerare gli sprechi in modo da ridurre sia il consumo di energia sia l’inquinamento luminoso. «Il nostro focus è la sostituzione dei vecchi lampioni a luce diffondete, che consumano molto e mandano fasci di luce verso l’alto: si tratta di energia sprecata, qualcosa che in questo periodo storico non possiamo assolutamente permetterci, e di inutile inquinamento luminoso che ci impedisce di apprezzare la volta celeste». Con le nuove luci a led di tipo “cut off”, i raggi sono concentrati verso il basso e si risparmia fino al 70% dell’energia. Soluzioni simili stanno prendendo sempre più piede perché la gestione di questi servizi non fa più capo alle amministrazioni comunali, ma viene data in gestione attraverso delle gare: il gestore si intesta le bollette mentre il comune gli paga un canone fisso, quindi il suo guadagno dipende dall’efficientamento del servizio.
Un occhio all’ambiente e uno al portafoglio, senza dimenticare l’estetica. In questo senso il ruolo dell’architetto è fondamentale, perché anche attraverso l’intensità e il colore dell’illuminazione si possono valorizzare i diversi edifici e spazi urbani. Ma non solo. «Oggi per realizzare questi lavori occorre una struttura multidisciplinare, che includa settori diversi, dall’elettricista al lighting designer all’informatico. L’architetto assume un ruolo di coordinamento, perché con la sua formazione umanistica e tecnica allo stesso tempo è in grado gestire tanto le figure ingegneristiche quanto gli aspetti formali». La strada è tracciata e le tecnologie per realizzare una smart city migliorano ogni giorno. Magari, la prossima volta che diremo al semaforo: «guarda che non passa nessuno», saprà cosa risponderci.