«Sono qui non per essere servito ma per servire». In questa frase breve ma densa di significato si inaugura la cerimonia di incoronazione di re Carlo III e con essa il suo regno. Ben settantacinque anni di attesa – Carlo è il sovrano più anziano mai salito al trono – interrotti dalla morte dell’amatissima madre, la regina Elisabetta, e una cerimonia snellita e studiata nei minimi particolari perché fosse all’altezza di essere lo specchio della transizione attraverso cui la monarchia britannica si sta modernizzando.
Carlo si è preparato per tutta la vita a questo momento, ma per alcuni eventi non si è mai abbastanza preparati, e l’emozione in alcuni passaggi ha prevalso sul cerimoniale, tradendo la commozione. «Sono qui per servire non per essere servito» ha affermato stentoreo all’inizio della cerimonia.
Preceduto da Camilla e seguito dal figlio William, principe del Galles, insieme alla moglie Kate Middleton e ai figli, Carlo ha sfilato lungo la navata dell’Abazia e raggiunto il presbiterio, luogo dove, da millenni, vengono incoronati i sovrani inglesi.
Di fronte all’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, il sovrano ha promesso di difendere la Chiesa anglicana, il protestantesimo, promuovere l’inclusione e amministrare la giustizia e il potere nel rispetto della legge di Dio. «Siamo qui per incoronare un re. Servire significa amore attraverso le cure ed oggi abbiamo l’onore di essere in questa abbazia con persone che hanno dedicato la vita a questo in varie forme», ha detto l’arcivescovo durante l’omelia.
Poi è stato il momento dell’unzione, quello più sacro, avvenuto lontano dagli occhi del mondo e degli astanti. Intorno alla coronation chair, il trono dell’incoronazione, sono stati disposti tre paraventi e lì l’arcivescovo ha unto con l’olio sacro il capo del re che, secondo la tradizione, in questo modo si è congiunto a Dio. Dopo questo rito sono stati posti a Carlo vari oggetti: la spada «segno non di giudizio ma di giustizia, non di forza ma di misericordia» i bracciali della sincerità e della saggezza «segno della bontà di Dio che cinge ogni parte».
William ha poi adornato il padre con la stola e il mantello reale, ricamata in oro e del peso di ben 4 chili. Quindi il re ha ricevuto il globo, a rappresentare il globo terrestre e rappresentazione del mondo cristiano, il guanto regale «simbolo dell’alleanza tra Dio e il suo popolo», e gli scettri, quello con la croce che rappresenta il potere religioso, e quello con la colomba che rappresenta il potere temporale.
Infine, sul capo del re è stata posta la corona regale realizzata nel 1661 sul modello di quella appartenuta a Edoardo I il Confessore e tempestata di 2868 diamanti e altre 444 pietre preziose. «God save the King» ha tuonato a questo punto l’arcivescovo. «God save the King», hanno risposto gli invitati alla cerimonia. A questo punto le campane hanno iniziato a suonare a festa per due minuti e dalla Torre di Londra sono stati esplosi a salve 62 colpi di cannone.
La testa della regina Camilla è stata, invece, cinta con la corona – completamente in argento con 2200 diamanti – appartenuta alla regina Mary, nonna della regina Elisabetta II.
L’intera celebrazione, pur essendo basata su testi medievali, è stata costellata di riferimenti ai temi cari al re, dal ambientalismo alla tolleranza religiosa. Tra i giuramenti del re, infatti, c’è stato quello a proteggere la libertà religiosa e difendere tutte le confessioni religiosi, non solo quella che rappresenta, e a preservare l’ambiente.
Anche la durata dei riti, profondamente legati alla Chiesa anglicana, è stata diversa rispetto a quella dell’incoronazione del 1953 della regina Elisabetta per cui occorsero circa quattro ore. La cerimonia di Carlo ha praticamente dimezzato le tempistiche, anche grazie a un percorso del corteo più breve. Carlo ha spinto per snellire la cerimonia dell’incoronazione, per renderla più moderna e inclusiva, in modo da dare un’immagine più contemporanea alla monarchia e meno ancorata a retaggi del passato.
Nonostante questi segnali di apertura, non sono mancate le critiche sui costi della gestione della famiglia reale e sui soldi spesi per l’occasione, che alcune analisi stimano in più di 100 milioni di sterline.
Negli anni il consenso attorno alla famiglia reale è diminuito. La ragione è da rintracciare nella profonda frattura intergenerazionale. Secondo un recente sondaggio di YouGov, sei britannici su dieci hanno affermato di voler continuare con la monarchia, mentre uno su quattro preferisce avere un capo di stato eletto democraticamente. Ma le differenze per fasce d’età sono significative: nella fascia degli over 65 chi si dichiara favorevole a mantenere la monarchia raggiunge il 79 per cento, contro solo il 36 per cento dei giovani tra i 18 e i 24 anni.
Un’altra ricerca di YouGov ha inquadrato i sentimenti delle minoranze etniche nel Regno Unito riguardo alla monarchia. Nel sondaggio la divisione è quasi perfetta: il 39 per cento degli intervistati, infatti, ha affermato di preferire un capo di stato eletto, mentre il 38 per cento ha dato il suo sostegno alla monarchia.
La disaffezione sembra non limitarsi al Regno Unito. In un articolo del Guardian la giornalista Arwa Mahdawi scriveva «è difficile non vedere l’apatia americana nei confronti di Charles come l’ennesimo esempio della perdita di interesse verso il brand “Gran Bretagna”».
Così, tra consensi e proteste, tra pioggia e telecamere, si è svolta l’incoronazione di Re Carlo III, un momento che segna non solo il passaggio di testimone dalla regina Elisabetta al figlio, ma che rappresenta anche una riflessione sulla funzione della monarchia in un mondo che cambia e nel quale le tradizioni si mescolano ai bisogni e alle esigenze del presente.
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