La monarchia non esiste senza una sua impronta musicale: composizioni che nascono appositamente per celebrare un sovrano, elevare la sua figura al di sopra degli altri, magnificarlo. Legare, in qualche modo, la presenza regale anche a qualcosa di più che la sola forma materiale. È un po’ la storia del rapporto tra l’arte e i suoi mecenati, particolarmente interessante da osservare nelle occasioni che sembrano – ad oggi – un po’ fuori dal tempo, ma capaci comunque di affascinare per la loro bellezza.
L’incoronazione del nuovo sovrano Carlo III e della sua consorte Camilla – sabato 6 maggio – è durata più di quattro ore: non c’è stato un minuto che non sia stato scandito da una performance musicale. D’altronde, i cerimoniali della monarchia inglese sono scritti nei secoli, e affondano in veri e propri riti religiosi. Accanto ai più tradizionali inni inglesi – quelli che da generazioni accompagnano i sovrani nelle manifestazioni ufficiali – Carlo III ha commissionato dodici brani per l’evento: sei orchestrali, cinque corali, uno per organo. L’etichetta discografica Decca Classics ha reso disponibili le registrazioni che hanno accompagnato le 4 ore e mezza della cerimonia la sera stessa dell’incoronazione: un fatto senza precedenti nella storia della musica registrata, frutto di un ingegnoso intreccio di tecniche di registrazione e software messo in pratica dalla produttrice Anna Barry. Subito disponibili in digitale, bisognerà attendere solo il 15 maggio per la sua lussuosa versione fisica.
Come spesso accade in questi contesti, la tradizione si è affiancata alle novità. Andrew Lloyd Webber, Patrick Doyle, Antonio Pappano: l’incoronazione di Carlo III è stato un momento di celebrazione di compositori, direttori e voci inglesi contemporanei. Webber è un prolifico e pluripremiato autore di musical (Phantom of the Opera, Jesus Christ Superstar, Evita), Doyle un noto maestro di colonne sonore (Harry Potter e il Calice di Fuoco, Thor), Pappano tra i più apprezzati direttori d’orchestra al mondo. Per di più, le scelte del nuovo sovrano – suggerisce questo articolo del Guardian – sembrano manifestare una certa novità d’atteggiamento: quasi metà dei compositori incaricati di scrivere nuove musiche per la cerimonia sono donne, e di esperienza molto diversa fra loro. Alla storica Judith Wier – nominata dalla Regina Elisabetta come Master of Queen’s (ora King’s) Music, si sono affiancati i nomi di Debbie Wiseman, Sarah Class e Roxanne Panufnik.
Ognuna di queste compositrici ha portato con sé una storia musicale diversa, dalla più meditativa e folklorica Class alla professionista di musica da chiesa Panufnik, fino alle influenze arabe e irlandesi che si intrecciano nei brani di Tarik O’Regan. Per la prima volta, inoltre, durante una cerimonia del reame inglese si è esibito un coro gospel – genere, a quanto pare, apprezzato da Carlo III – ed è stato eseguito un brano in lingua gallese, il Coronation Kyrie di Paul Mealor. Persino il coro dell’Abbazia di Westminster si è confrontato con una novità storica, introducendo le voci femminili tra i giovani coristi.
Durante l’incoronazione di Carlo III e Camilla, la musica è stata ben più di un accompagnamento: un cerimoniale studiato nei minimi dettagli, una partitura che ha attraversato generi, età e culture differenti. È stata una manifestazione significativa di una cura musicale tutta britannica che – nonostante le ultime scosse – manifesta tutta la sua capacità a rinnovarsi senza dimenticare la sua storia. Di fronte a una monarchia un po’ antiquata, la qualità sonora di questa celebrazione è un lascito rilevante del significato e del mutamento delle pratiche musicali.
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