A Mountain View, sul palco dell’evento Google I/O 2023 gli speaker si succedono in presentazioni lampo. Giusto il tempo per illustrare la nuova app o il nuovo algoritmo e la fila scorre. Di fronte al maxischermo che illumina una platea di investitori e amministratori delegati, è il turno di James Manyika, consulente di McKinsey. Alle sue spalle i pixel disegnano poche parole che chiariscono il centro del discorso: “Traduttore universale”.
Dalla programmazione al design, l’evento ha messo in mostra come l’intelligenza artificiale è riuscita a cambiare il volto di uno dei più grossi colossi tecnologici. Un motore di ricerca, Google Chrome, che si trasforma da archivio in assistente virtuale. Programmi in grado di organizzare il lavoro, le vacanze e ogni necessità del cliente. A lasciare senza parole gli spettatori è però un programma che ha un che di familiare.
Sull’eredità di Google Translate, l’azienda ha deciso di creare un nuovo traduttore universale. A Manyika spetta il compito di mostrarne le capacità e per testarlo viene utilizzato un breve video in inglese. Dalla platea gli spettatori chiedono che venga tradotto in spagnolo. Una funzione base per il nuovo algoritmo alla base del programma, in grado di spingersi ben al di là dei suoi predecessori. Infatti agli occhi degli ospiti appare un video senza sottotitoli o voci alternative. A parlare spagnolo è proprio la persona sullo schermo. Attraverso l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, Google ha creato un servizio capace di scaricare l’audio da ogni video, tradurlo in qualsiasi lingua, riprodurlo con la stessa voce del soggetto e sincronizzarlo con le sue labbra.
Nato nel 2020 in versione beta, l’algoritmo di Google è ora incluso nell’ultimo telefono rilasciato, Pixel 7a. Collegandosi in videochiamata con una persona di un paese straniero, il telefono è in grado di restituire in tempo reale un video già tradotto nella lingua desiderata. «Uno strumento che potrebbe aiutare molte redazioni giornalistiche», pensa Claudio Lavanga, producer e reporter di NBC News. «Prendiamo il caso del canale televisivo Euronews che trasmette in dodici lingue diverse. Per completare un servizio sono necessari diversi passaggi. Una volta inviato il proprio materiale, viene analizzato e tradotto da più giornalisti e speaker».
Il servizio offerto da Google è per ora disponibile solo per specifici partner dell’azienda statunitense. La limitazione è stata applicata proprio per evitare che venga utilizzata per la creazione di deep fake, cioè video di disinformazione in cui attraverso l’AI i soggetti pronunciano discorsi che non gli appartengono. «Il rischio è concreto – commento Claudio Lavanga – ma anche i lati positivi non mancano. Con un simile strumento, anche in mancanza di fondi, le televisioni possono realizzare servizi da ogni parte del mondo e in ogni lingua possibile».
Proprio le tv possono trovare in questo algoritmo uno strumento utile. Infatti se fosse incluso nelle loro trasmissioni, permetterebbe agli spettatori di vedere il canale in contemporanea in tutto mondo nelle lingue desiderate. « Per gli spettatori rappresenterebbe un grande lato positivo riguardo l’accessibilità delle notizie», continua Claudio Lavanga. «Ho però dubbi che possa stravolgere il mercato. Stati Uniti ed Europa sono due mondi diversi come immagini, strumenti e, soprattutto, come forma di giornalismo».