È pomeriggio, via del Corso dopo le feste sembra essere più silenziosa anche se la voce dei passanti ancora risuona. Alzando lo sguardo non si ammirano più le luminarie, ormai spente, ma le finestre di Palazzo Ruspoli, coperte da grandi scritte su sfondo bianco: “Chi mi protegge dai tuoi occhi”, “La gentilezza è punk”, “Roma ti ho incontrato per cercarti”. Queste frasi, estratte dal libro “Martellate scritti fighi” di Marcello Maloberti, sono la prima tappa del percorso espositivo della mostra gratuita “La Biblioteca del Mondo”, organizzata dalla Fondazione Memmo visitabile fino al 21 Aprile 2024. Il titolo è una dedica ad Umberto Eco, che considerava le biblioteche come un deposito per la memoria dell’umanità. È questa l’immagine che Marcello Smarrelli, curatore del progetto, ha voluto ricreare, scegliendo come protagonista il libro.
L’esposizione prosegue nel cortile e all’interno delle Scuderie del palazzo storico, dove il moderno e l’antico si uniscono. Nove sono gli artisti coinvolti di generazioni e nazionalità diverse, ma accomunati dal legame con la città di Roma: un luogo di residenza, ricerca e lavoro. Ognuno di loro ha realizzato un’opera in cui l’oggetto-libro assume un ruolo visivo diverso e la carta stampata diventa il materiale delle varie composizioni artistiche.
Nelle sale delle Scuderie, i libri vengono accostati a rami e bicchieri di vetro da Ekaterina Panikanova in “Untitled (Forest)”, fanno da contrappeso a strutture metalliche in “Equilibrio” di Paolo Icaro, fungono da base per un proiettore nella videoinstallazione di Bruna Esposito. Le pagine di un quaderno diventano poi una piccola casa nell’opera di Nicolò Degiorgis e le copertine di alcuni saggi rappresentano per Claire Fontaine mattoni sparpagliati sul pavimento, incarnando la citazione di Carlo Levi: «Le parole sono pietre».
Il libro è il protagonista della mostra non solo come oggetto, ma anche nel contenuto e permette di riflettere su tematiche come il conflitto russo-ucraino, le discriminazioni razziali e il desiderio di redenzione collettiva della Germania del dopoguerra.
In un mondo sempre più digitalizzato i giovani sono i principali visitatori della mostra. Questo risultato sorprende e dimostra l’interesse vivo per la celebrazione di un simbolo del confronto tra presente e passato. Angelica Gatto, assistente curatore della Fondazione, attribuisce parte di questo successo a una campagna online ben organizzata. Tutti i ragazzi presenti confessano di essere stati attratti dai TikTok in tendenza, che riprendono le citazioni sulla facciata di Palazzo Ruspoli. Un’iniziativa efficace che ha anche favorito il dialogo intergenerazionale, come nel caso di Maria e Stefania, madre e figlia, che con lo stesso stupore e curiosità si aggiravano tra le opere esposte nelle sale.