Il primo giro per la Capitale è stato in vespa, “Special” come lui. Non cinquanta ma “One”: modello unico. Il 4 maggio del 2021 José Mourinho diventava il nuovo allenatore della Roma: sono bastati solo tre giorni – ancora prima dell’esordio – per vederlo immortalato in moto su un murale nel quartiere Testaccio, di fronte all’ex club storico dei tifosi giallorossi. Anche dopo l’esonero del 16 gennaio scorso e l’arrivo di Daniele De Rossi, il tecnico portoghese è ancora impresso in via Giovanni Branca: i passanti continuano a scattare foto, abbandonandosi ai ricordi delle ultime due stagioni calcistiche.
«Sudore, sangue, lacrime, allegria, tristezza, fratelli, storia, cuore, eternità». Con un post su Instagram Mourinho si è congedato dalla sua Roma, anzi dal suo «amoR», aggiunto tra quelle parole con la “erre” maiuscola, a ricordare uno dei motti della Capitale. In due anni ne è stato prima figlio e poi padre, adottato da una tifoseria che lo ha fatto diventare la sua guida. «Averlo qui è stato bellissimo», racconta quasi commosso Alessandro Mantini, direttore del Roma Club “Sergio Terenzi” di Garbatella. Il ricordo più bello? «Le lacrime per la vittoria della Conference League a Tirana contro il Feyenoord». Un anno dopo, il pianto di disperazione per la sconfitta in finale di Europa League. «Doloroso, ma emblematico. Mourinho era uno di noi. Quella partita con il Siviglia la meritavano entrambi: la Roma e lui. Anche quest’anno in campo europeo ci avrebbe potuto portare lontano».
Sull’esonero dello Special One pesano i risultati in Italia: un solo punto nelle ultime tre partite di Serie A, la sconfitta nel derby con la Lazio in Coppa Italia, quella per 3-1 contro il Milan di domenica 14 gennaio e il crollo fino al nono posto in classifica. Lunedì di riposo, poi martedì al centro sportivo di Trigoria la convocazione nell’ufficio del presidente Dan Friedkin, poco prima dell’allenamento. «È stato una vergogna esonerarlo così – prosegue Alessandro. La colpa è della società: non investe e dà all’allenatore la responsabilità di questi danni. Aveva un contratto fino a giugno, non era questo il momento giusto. Spero non accada lo stesso a De Rossi». Mourinho ha spesso diviso per uno stile comunicativo «schietto e diretto: come dovrebbe essere sempre». All’inizio in città ha messo d’accordo tutti i tifosi, eppure Marzia – presente nel Roma Club – replica che «qualcosa si era incrinato nell’ultimo periodo. La conferenza prima della partita col Milan mi ha infastidito: giustificazioni condite con retorica. C’era da aspettarsi l’esonero, i cambiamenti non devono far paura».
In giro per la città Mourinho si faceva vedere poco: i primi tempi la guardava dall’alto dei Monti Parioli, quando abitava nel castello di proprietà dell’ex calciatore giallorosso Alberto Aquilani. Di recente aveva iniziato a dormire a Trigoria, sintomo del suo attaccamento viscerale al club. Rare le apparizioni nei luoghi della vita romana, ma ne amava la cucina: il primo ferragosto lo ha trascorso al ristorante stellato “Aroma”, con vista sul Colosseo; il 26 gennaio del 2023 ha festeggiato invece i suoi 60 anni al “Jardin de Russie”, in via del Babuino (nel centro storico), portando con sé staff e dirigenti. Per soli dieci giorni non ha potuto spegnere con loro un’altra candelina.
La Roma riparte da De Rossi e dalla sfida con l’Hellas Verona del 20 gennaio. Ma all’ex bandiera giallorossa toccherà raccogliere in eredità una squadra targata Mourinho. È stato lui a scommettere sui giovani, tra tutti Nicola Zalewski ed Edoardo Bove, che lo ha ringraziato con una foto in cui gli stringe la mano e quasi non lo lascia andare. A loro – e ai grandi – l’allenatore di Setúbal aveva impedito di giocare a Fortnite: «Passano la notte svegli per quella str***ata». Si “pizzicava” anche con il general manager Tiago Pinto: due teste portoghesi difficili da mettere d’accordo. Solo due settimane fa il dirigente aveva annunciato che avrebbe lasciato la Roma da febbraio. Sembrava che Mourinho fosse stato abbandonato, come già lamentato dopo la finale di Europa League. «Sono stanco di essere allenatore, uomo di comunicazione, l’unico a metterci la faccia». Sempre più “One” e meno “Special”, finché non è caduto anche lui.
L’ultimo saluto dal vivo con i tifosi lo ha scambiato in macchina, all’uscita da Trigoria. «Mister, Tirana è per sempre. Ci mancherai». Eppure, tra le vie di Testaccio, Mourinho ci sarà ancora. «Adieu» è la nuvoletta aggiunta al suo murale dopo l’esonero, in segno di congedo. Sul suo profilo Instagram, invece, la parola finale di quest’avventura è «eternità». Forse, allora, sarebbe più corretto «Adeus», che in portoghese è anche un arrivederci.