Al Foro Italico di Roma l’ultimo pettorale è appena stato consegnato. Più di diecimila gli sportivi che quest’anno si uniscono alla “Corsa di Miguel”, dedicata a Miguel Sanchez, uno dei trentamila desaparecidos argentini, persone scomparse senza spiegazioni durante la dittatura militare sudamericana dal 1974 al 1983. «È un continuo di abbracci e saluti, si respira aria di festa», dice Cecilia Frielingsdorf, una delle organizzatrici volontarie dell’evento, «Ci sono atleti ma anche semplici appassionati, qui la competizione è di pochi». Il percorso, lungo dieci chilometri, prende il via dal Lungotevere Maresciallo Diaz, per arrivare allo Stadio Olimpico. Tema dell’evento è “l’inclusività”: la gara, organizzata in collaborazione con l’Assessorato alle Politiche Sportive del Comune di Roma, prevede la partecipazione gratuita di scuole e persone disabili. Da alcuni anni, alla dieci chilometri si affianca la “Strantirazzismo”, un «Evento nell’evento» dice Cecilia, un percorso più breve che punta l’attenzione su diritti negati e discriminazioni.
«Il progetto è nato da un viaggio fatto a Buenos Aires, nel 1998 – racconta Valerio Piccioni, giornalista della Gazzetta dello Sport – Mi trovavo in una libreria di Calle Corrientes quando ho scoperto “El terror y la gloria”, un testo sui mondiali di calcio del ’78 vinti dall’Argentina, vissuti dalle famiglie dei desaparecidos». Tra quelle pagine c’è anche la storia di Miguel. «Il ragazzo era appena tornato da San Paolo, dove aveva partecipato alla corsa di San Silvestro. – continua Piccioni. – Durante il viaggio aveva racchiuso in una poesia la sensazione di pace vissuta in Brasile e desiderata anche per il suo Paese». La notte dell’8 gennaio 1978 Miguel viene rapito da un commando paramilitare. Da quel momento, di lui si perdono le tracce ma non il ricordo. Lo spirito di speranza e solidarietà sognato da Miguel continua a vivere da venticinque anni tra le vie della Capitale italiana: «Lo slogan della corsa è “Di tutti, per tutti e con tutti”» racconta il giornalista, sottolineando come record e tempi di arrivo passino in secondo piano. «Viviamo un momento di grandi esclusioni. C’è bisogno di più gente che tenda la mano, di più vicinanza».
I ricordi vanno al 2003 quando, durante la gara, un imprevisto rischia di segnare negativamente l’evento: «Quell’anno era venuto dall’Argentina Martin Sharples, atleta paralimpico che correva con una protesi alla gamba destra» – dice Valerio. Mentre dalla cabina racconta le fasi della corsa, nota un’ambulanza senza capire bene cosa stesse succedendo. «A un certo punto ho visto Martin che entrava allo stadio correndo su una gamba sola. La sua protesi si era rotta 1 chilometro dopo la partenza ma lui era arrivato lo stesso al traguardo», conclude con la voce ancora carica di emozione.
L’edizione 2024 della Corsa di Miguel è anche occasione per dire basta ai femminicidi: «Non abbiamo assegnato il pettorale numero 1 perché vogliamo dedicarlo a tutte le donne vittime di violenza» – spiega Cecilia – «È un tema importante: lo sport deve esserci sempre».