Giacca, cravatta, tailleur e 193 paesi dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Giunto alla sua 15ª edizione, Imun (Italian Model United Nations) torna a Roma dal 23 al 26 gennaio 2024. Il progetto, organizzato dall’Ong United Network (UN), simula i lavori che si svolgono all’Onu e conta la partecipazione di circa 120 scuole italiane e più di 1.800 studenti. A ogni ragazzo viene data una placard, un cartoncino con il nome del Paese che rappresenta, e per quattro giorni ha un unico scopo: vestire i panni di un vero delegato per discutere temi di attualità, come i diritti dei popoli indigeni e la protezione del patrimonio culturale sottomarino.
«United Network è affiliata al dipartimento di comunicazione globale delle Nazioni Unite, che detiene lo status speciale presso l’Ecosoc. Ci occupiamo di formazione per gli studenti delle scuole superiori ed inferiori e da anni promuoviamo valori come la condivisione e il lavoro di gruppo», dice Chiara Erriquez, responsabile della didattica dell’Ong.
Quest’anno, la simulazione si svolge in due location diverse: il Centro Congressi Cavour e il Centro Convegni Carte Geografiche, dove gli studenti sono divisi in dieci commissioni. Unesco, Iom, Sochum e Disec sono solo alcune tra quelle presenti. Dopo tre giorni di dibattito, i giovani ambasciatori si riuniranno un’ultima volta per la cerimonia di chiusura venerdì 26 gennaio al Teatro Brancaccio di Roma.
«Io penso che il primo sentimento che trasmettiamo agli studenti è quello di sentirsi parte di un qualcosa di più grande, perché spesso lavoriamo con ragazzi che non sono consapevoli delle proprie capacità», aggiunge Erriquez.
Lo staff di United Network è composto da circa 250 ragazzi tra i 18 e i 26 anni, che svolgono mansioni diverse per la coordinazione della simulazione. Erriquez spiega che il progetto si basa su una gerarchia di ruoli che riprende la divisione interna all’Onu, per rendere tutto più verosimile. Il compito degli staffers consiste nel guidare gli studenti in questo grande gioco di ruolo, aiutandoli a seguire le regole di procedura per raggiungere l’obiettivo finale: la stesura di una risoluzione, con clausole e sotto clausole, come se fosse stata redatta dall’Assemblea Generale.
«La preparazione è molto lunga. Dura più o meno sei mesi. Imun sembra solo Imun, ma in realtà dietro c’è il lavoro di tantissime persone, una serie di incontri che lo staff svolge in modo volontario durante i weekend», dice Riccardo Stancu, staffer di UN da cinque anni.
«UN rappresenta per me una famiglia. Sono contento perché vedo persone come me crescere. Grazie a UN ho capito che dare amore è ancora più bello che riceverne», afferma Daniele Camagna, parte dell’organizzazione da tre anni.
UN ha anche aiutato molti staffers a trovare la loro strada. «Ho capito che questo era il mio mondo da subito. UN ha influito molto sul mio carattere», dice Valerio Mariani, entrato in UN da soli sei mesi. «Nella vita vorrei lavorare come delegato alle Nazioni Unite oppure seguendo la carriera diplomatica tradizionale, in ambasciata o consolato», dice Francesco Perdichizzi, nello staff da quattro anni.
Il progetto coinvolge molto gli studenti, che spesso ritornano a partecipare l’anno seguente. «Ho deciso di prendere parte al progetto anche quest’anno perché la scorsa edizione mi è piaciuta e ha rispettato tutte le aspettative» – racconta Federico Rao, 18 anni, della scuola Socrate di Roma – «In questi giorni rappresento United Kingdom nella commissione Legal, che dibatte il maltrattamento degli animali».
«Imun mi ha aiutato a capire cosa vuol dire discutere di tematiche attuali. Penso che la nostra generazione spesso le ignori mentre qui, in simulazione, vengono discusse a tutti gli effetti e proposte soluzioni concrete», conclude Maddalena Melchiorri, 18 anni, della scuola Tacito di Terni.