Segretario del Partito comunista italiano (Pci) dal 1972 al 1984, Enrico Berlinguer è stato uno dei politici più importanti della storia repubblicana. A Roma, quartiere Testaccio, nell’ex Mattatoio, dal 15 dicembre all’11 febbraio, si tiene la mostra sulla sua storia: I luoghi e le idee di Enrico Berlinguer.
Deputato dal 1968, fu promotore dell’idea di compromesso storico tra il suo partito e la Democrazia cristiana che avrebbe dovuto portare il Pci all’interno della maggioranza parlamentare. Dopo l’assassinio del presidente della Dc Aldo Moro nel 1978, quel progetto rimase inattuato. Sotto la sua segreteria, il partito iniziò ad allontanarsi dall’influenza dell’Unione Sovietica.
Curata dall’architetto Alessandro d’Onofrio, da Alexander Höbel, professore di Storia contemporanea presso l’Università Federico II di Napoli, e da Gregorio Sargonà, coordinatore del Consiglio d’indirizzo scientifico della Fondazione Gramsci, l’esposizione è stata realizzata dall’Associazione Enrico Berlinguer, per «Divulgare quella che è stata non tanto la storia di un partito, quanto la storia d’Italia», dice all’ingresso Paola, membro dell’associazione, «È facile dimenticare, il nostro compito è quello di far sì che i giovani, che non erano presenti allora, conoscano e gli anziani, che invece c’erano, non dimentichino».
Di fronte al mercato di Testaccio c’è l’ex Mattatoio. Edificio prima usato per macellare la carne, ora accoglie sia gli studenti di Architettura dell’Università di Roma Tre sia le esposizioni culturali come questa. C’è poca gente all’ingresso, solo piccoli gruppi di persone che si godono la tranquillità. È lontana la confusione dell’inaugurazione a metà dicembre: Gianni Cuperlo, Antonio Bassolino, Massimo D’Alema, Walter Veltroni, Elly Schlein. Il passato e il presente della sinistra italiana si ritrovano qui per rendere omaggio ad un uomo, Enrico Berlinguer.
All’interno dei padiglioni 9a e 9b, si respira un’aria di malinconia: un pellegrinaggio laico dominato dal silenzio interrotto da mezze voci che, indicando una foto, sussurrano «Io c’ero, stavo lì». Vedono la storia, la loro.
Il percorso della mostra si articola in cinque sezioni: Gli affetti, Il dirigente, Nella crisi italiana, La dimensione globale, Attualità e futuro. La peculiarità dell’esposizione è costituita dai materiali d’archivio del Pci e da fotografie, libri e oggetti personali messi a disposizione dalla famiglia. Nei padiglioni si rivive per immagini la storia del segretario: dalla militanza comunista, iniziata nel 1943 a Sassari, all’elezione a vicesegretario del Pci nel 1969, fino a raggiungere il vertice del partito nel tre anni dopo. Le foto lo ritraggono nei tanti discorsi pubblici: le riflessioni sul colpo di stato in Cile nel 1973 ad opera di Pinochet, il cambiamento di rotta rispetto all’Unione sovietica e la liberazione del Vietnam.
Due anziane, davanti alle foto dell’ultimo discorso di Berlinguer, a Padova, nel 1984, mormorano: «Era sobrio, elegante, sopra le diatribe politiche». In una stanza ci sono i libri sul segretario: Berlinguer e il professore di Gianfranco Piazzesi, Berlinguer di Vittorio Gorresio, Il compagno Berlinguer di Chiara Valentini, Vita di Enrico Berlinguer di Giuseppe Fiori. Una signora alla vista dei volumi si commuove e dice: «Era un grand’uomo e ci manca molto: rappresenta un’altra epoca ormai».
«Ascoltando tutti gli audio della voce di Berlinguer non sentirà mai la parola “io”, perché quello che contava era la comunità politica, intesa non solo come partito, ma come Paese», Paola mette in luce la differenza tra due generazioni di politici. L’interesse comune anteposto a quello personale e il rispetto tra i dirigenti di partiti di orientamento opposto. La prova più evidente è nel giorno dei funerali di Berlinguer, quando Giorgio Almirante, allora a capo del Movimento Sociale Italiano, partito fondato dai reduci della Repubblica Sociale Italiana, rende omaggio alla salma dello storico segretario del Pci.
La sezione Attualità e futuro è dedicata all’eredità del segretario. Il rispetto per l’altro, vedere chi si ha di fronte come avversario politico e non come un nemico, è la lezione che si impara uscendo dalla mostra: un linguaggio pulito e lontano dalla polemica giornaliera. «Questi ragazzi hanno interessi diversi rispetto ai nostri: dobbiamo essere noi ad adeguarci ai loro bisogni, discorsi e interessi. Gli argomenti che li coinvolgono sono l’ambiente, la battaglia contro la violenza sulle donne e i diritti. Hanno problemi di lavoro quotidiano», dice Paola. Il lascito della cultura politica novecentesca è di non fermarsi mai. «Bisogna mantenere il fuocherello acceso perché c’è sempre qualcuno che tenta di metterci le mani», continua Paola. Secondo la teoria di Noam Chomsky, filosofo e teorico della comunicazione statunitense, una rana immersa in una pentola d’acqua bollente salta via, ma se si trova nell’acqua fredda che si scalda a poco a poco, si accorgerà della differenza di temperatura quando sarà troppo tardi.
L’esposizione è un ricordo di ciò che è stato, ma anche una spinta a continuare le battaglie per i diritti. «La manifestazione contro la violenza sulle donne del 25 novembre spero sia l’inizio di un nuovo corso che metta da parte le differenze politiche per il bene del Paese. Forse, in questo modo, molte battaglie si vincerebbero», conclude Paola, l’«una dei tanti» della sua comunità.