«Che sguardo umano placherà il delirio? Divelti, i nostri cuori sprofondano in quel gorgo», recita una poesia incisa su una stele di pietra alla Foiba di Basovizza, luogo dove ogni 10 febbraio si celebra la Giornata del ricordo per i massacri civili e militari e per gli esuli istriani, fiumani e dalmati.
Al Museo del Ricordo, approvato all’unanimità in Consiglio dei ministri ci sarà anche la storia di Lina Galli, poetessa nata a Parenzo, cittadina della penisola istriana, autrice di quelle parole. Non mancherà quella di Norma Cossetto, ventenne arrestata, legata a un tavolo e più volte seviziata da carcerieri partigiani jugoslavi prima di infoibarla. Verranno ricordati anche coloro che furono costretti a scappare dalla propria casa. Tra i racconti ci sarà il treno della vergogna, il convoglio ferroviario che trasportava i profughi italiani, che da Pola arrivò a Bologna, il 18 febbraio del 1947. I sindacalisti Cgil e gli iscritti al Pci presero a sassate il treno, sputarono sui loro connazionali e rovesciarono sulle rotaie il latte preparato dalla Croce Rossa Italiana, destinato ai bambini che giungevano in grave stato di disidratazione.
«Un risultato a lungo atteso. La storia dell’esodo e delle foibe è stata per molto tempo strappata dai libri di storia», afferma Emanuele Merlino, ex presidente del Comitato 10 febbraio, associazione di promozione sociale e oggi capo della segreteria tecnica del ministro Sangiuliano. La prima proposta di legge relativa al tema risale all’11 luglio 1995, circa 50 anni dopo l’esodo. Non venne mai discussa. La seconda, su proposta del deputato di Alleanza Nazionale Roberto Menia, è datata 19 giugno 1996 ma calendarizzata l’1 marzo 2001, dopo richiesta di chiarimenti sul perché non se ne discutesse tramite un’interrogazione parlamentare. Non passò al Senato per il voto contrario di Rifondazione Comunista e le astensioni dei Democratici di Sinistra e del Partito Popolare Italiano. Solo la terza volta venne approvata, il 16 marzo del 2004, anche in questo caso dopo un duro scontro in aula. Nelle dichiarazioni di voto, Marco Rizzo, coordinatore del Partito dei Comunisti Italiani, affermò: «I comunisti italiani non hanno nulla di cui pentirsi e vanno orgogliosi di una grande storia di progresso e di libertà».
Sono passati venti anni dall’approvazione di quella legge e, nonostante ciò, le polemiche non sono diminuite in questo lasso di tempo, anche per il ricco numero di negazionisti e riduzionisti delle foibe. Solo negli ultimi anni, anche per merito del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sembra stia diventando storia comune. «Quelle vicende costituiscono una tragedia che non può essere dimenticata. Non si cancellano pagine di storia tragiche e duramente sofferte. I tentativi di oblio, o di negazione, o di minimizzare — afferma il Presidente Mattarella — sono un affronto alle vittime, alle loro famiglie e un danno inestimabile per la coscienza collettiva di un popolo e di una Nazione».
Soddisfazione da parte del vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli, che oltre a ricordare le vittime della tragedia, esprime gratitudine nei confronti di chi ha fatto in modo che la loro storia non venisse dimenticata: «Il mio pensiero va alle associazioni e ai giovani che per mezzo secolo non si sono arresi al silenzio di docenti universitari e storiografi come Villari, De Mauro, Camera e Fabietti che quando si confrontavano con la storia delle foibe dicevano che erano delle depressioni geologiche, omettendo di raccontare che cosa accadeva dentro. Cioè che cittadini, solo per essere italiani — continua Rampelli — venivano messi lì di fronte, in fila indiana, legati con il filo di ferro e poi il primo veniva abbattuto e tutti gli altri cadevano in queste depressioni carsiche, uno dopo l’altro, morendo dopo giorni di sofferenza».
Sarà il Museo del Ricordo il luogo dove si commemorerà questo pezzo di storia d’Italia. Ci vorranno un paio di anni per la realizzazione. Lo stabile scelto è un palazzo in via Maria Adelaide dietro Piazza del Popolo che «è stato occupato per tanti anni — spiega Merlino — A me piace ancora di più l’idea che un luogo di cultura nasca dove prima c’era degrado, perché rappresenta un riscatto. Il museo nasce anche per questo, per riscattare una storia di ingiustizia che non può avere giustizia se non nel ricordo. Sarà un museo immersivo, di documenti ma anche di grandi emozioni, nel cuore di Roma, per rimettere al centro della nostra nazione una pagina di storia che ci appartiene».