«Forse tremate più voi nel pronunciare contro di me questa sentenza che io nell’ascoltarla», dice Giordano Bruno dopo la condanna al rogo per eresia del tribunale dell’Inquisizione, l’istituzione ecclesiastica fondata dalla Chiesa cattolica per indagare i sostenitori di teorie contrarie all’ortodossia. A Campo dei Fiori a Roma, il 17 febbraio si è celebrato il quattrocentoventiquattresimo anniversario della condanna con una commemorazione organizzata dal periodico culturale Libero pensiero.
Giunti ai piedi della statua di Giordano Bruno, a saltare agli occhi sono i resti del grande mercato di frutta e verdura che si tiene ogni mattina dal lunedì al sabato nella piazza. Gli organizzatori dell’evento devono barcamenarsi tra i mezzi dell’Ama, azienda municipale ambiente di Roma, per provare a pulire.
L’arrivo del pubblico è silenzioso come una processione. C’è chi si avvicina alla statua per adagiare fiori, chi scatta foto, chi incontra vecchi amici e colleghi. È ben visibile lo scarto generazionale tra chi siede in piazza per assistere all’evento e chi si rilassa nei bar per fare aperitivo: da una parte ragazzi, dall’altra anziani con barbe bianche, coppole, enormi baffi e foulard. Su tutti, domina lo sguardo di Bruno nascosto da un cappuccio troppo lungo per vedere il volto, troppo corto per non scorgere i grandi occhi di pietra.
Nativo di Nola, Giordano Bruno (1548-1600) aveva sviluppato l’idea di un Dio trascendente, quindi fuori dall’esperienza sensibile dell’uomo, ma, allo stesso tempo, immanente: Dio e Natura costituiscono un’unica realtà. Dall’infinità del Signore ha derivato la concezione di una pluralità di mondi non conciliabile con la dottrina cristiana.
Un signore con il cardigan rosso, chino sulla schiena per l’età, alzando lo sguardo dice con rammarico: «Purtroppo dobbiamo ringraziare Mussolini perché il Vaticano avrebbe voluto abbattere la statua: il duce disse di no a Pio XI e, in risposta, il papa santificò il cardinale che ha processato Bruno». Un professore di filosofia in pensione scandisce: «Era un pover’uomo che ha voluto dire solo quello che pensava». Mentre la moglie indica l’araldo nero affianco alla statua con la scritta rossa: “Dormienti destatevi”.
L’attrice Annachiara Mantovani ha recitato dei brani tratti dai testi di Bruno sul percorso di ricerca della verità (De infinito universo et mundi), passato attraverso il riconoscimento della validità della rivoluzione copernicana che poneva il sole e non la terra al centro dell’universo. La libertà dai dogmi, il pensiero critico e la volontà di esprimere la propria opinione sono gli insegnamenti che ci lascia il filosofo. Fu giudicato eretico dal tribunale dell’Inquisizione per alcune posizioni assunte sui dogmi della Chiesa cattolica, in particolare su quello trinitario, e fu condannato ad essere arso vivo. «Galilei ha abiurato, Bruno no: ha lottato fino alla fine per un’idea», afferma l’attrice.
Inneggiando al libero pensiero, Bruno era portatore di una religione positiva basata su principi nuovi per l’epoca: «Se siamo in un Paese democratico è grazie a lui», afferma accorata Maria Mantello presidente del periodico Libero pensiero. «La libertà di parola, parresia in greco antico, rientra nel principio più grande di libertà assoluta: per questo voglio ricordare una nostra concittadina detenuta nelle prigioni ungheresi per aver preso una posizione politica», il pensiero della presidente è rivolto a Ilaria Salis, insegnante in carcere a Budapest per essersi scontrata con alcuni gruppi di estrema destra.
«Il pensiero è libero solo se si manifesta», spiega Ciro Asproso, ex docente di filosofia a Nola che, ripercorrendo l’intera opera bruniana, ricorda come «la filosofia è di per sé blasfema nel senso etimologico: contrasta quello che si crede di sapere».
Dopo più di quattrocento anni dalla morte, Bruno ci insegna ad alzare la testa facendoci forza con le solide ali della ragione e della scienza. A chi lo accusava di praticare la stregoneria, Mantello risponde che «lui disprezzava i ciarlatani: la vera magia è l’arte della conoscenza che consente di individuare nessi causali e produrre memoria ragionata».
Bruno ci invita a continue trasmigrazioni cerebrali: un concreto processo di autoaffermazione del singolo e della collettività. «Le battaglie di oggi – conclude Mantello – sono per i diritti dei lavoratori, per la sanità pubblica e per una scuola che perpetui la trasmissione del sapere».