Sarà Nicolas Schmit, attuale commissario Ue al lavoro, lo Spitzenkandidat, il candidato di punta del Partito Socialista Europeo (Pse) che sfiderà Ursula von der Leyen, lei in quota Ppe, per la carica di presidente della Commissione Ue.
The Europe we want scritto in rosso con sottotitolo social, democratic, sustainable sulla facciata delle Nuvola, centro congressi dell’Eur, quartiere romano, presenta il congresso del Pse. Sono due gli obiettivi prefissati dalla sinistra europea per questo giorno: oltre a scegliere il candidato socialista si deve approvare il manifesto programmatico che guiderà la loro azione politica.
Il possibile appoggio esterno dei Conservatori e Riformisti (Ecr), partito di cui fa parte Fratelli d’Italia e di cui il premier italiano Meloni è presidente, per la riconferma di Von der Leyen non spaventa Schmit. “Siamo entrambi in corsa”, è il suo commento alla fine del congresso. Proprio al Ppe spiega: “Il Pse non ha intenzione di allearsi con alcun tipo di destra né con Meloni, Orban e Zemmour (Ecr) e ancora meno con Identità e Democrazia (Id) di Salvini, Le Pen e Afd”.
Un evento nel quale a fare da padrone di casa è stato il Partito Democratico e che ha accolto leader da tutta Europa come Pedro Sanchéz, primo ministro spagnolo, Olaf Scholz, cancelliere tedesco, Antonio Costa, premier portoghese, Mette Frederiksen, primo ministro della Danimarca e Marcel Ciolacu, presidente romeno. Avrebbe dovuto essere la grande occasione per lanciare la sfida socialista in vista delle europee di giugno. Più di qualcuno, però, in casa Partito Democratico starà riflettendo su come sia andata davvero. L’immagine dell’auditorium mezzo vuoto durante gli interventi conclusivi di Schmit e di Elly Schlein, segretario del Pd, fa interrogare in via del Nazareno, sede nazionale dei dem, se i temi trattati e le soluzioni proposte siano davvero in grado di convincere i cittadini e dare inizio a una nuova fase movimentista per battere il Ppe.
Le parole più ripetute da coloro che si sono alternati sul palco, dopo “cari compagni e compagne”, sono state far right, ossia “estrema destra”. Il primo a parlare è stato Stefan Löfven, presidente del Pse, che ha affermato: “Le alternative sono chiare: sarà un’Europa ostaggio dell’estrema destra o un’Europa progressista a guida social-democratica. Questo non è un falso allarme”. Lo ha seguito Sanchez, il quale ritiene che “l’anima dell’Europa è in pericolo”. Sulla stessa linea Scholz: “L’estrema destra cresce in tutti i nostri Paesi, quello che hanno in mente le destre è un’Europa nazionalista”. “L’estrema destra non propone niente – continua anche Schmit – i nazionalismi non sono mai la soluzione, hanno sempre condotto a guerre e conflitti come vediamo con l’aggressione russa in Ucraina”. Ha concluso Schlein: “È fondamentale per la nostra comunità sapere che non siamo soli nella lotta all’estrema destra”.
A discapito, in termini di tempo, del nuovo manifesto politico. Nonostante gli addetti ai lavori scherzino su quanto tempo ci sia voluto per realizzarne uno in maniera unitaria capace di non infastidire tutte le sensibilità, gli sono stati riservati meno di 10 minuti in cui 27 under 30, tanti quanti gli Stati dell’Ue, ne leggevano una frase ognuno. Sono venti i punti che lo compongono e nei quali cui si analizza il mercato del lavoro, la transizione ecologica, la pace in Ucraina e Medio Oriente, passando per la volontà di costruire “un’Europa femminista” e più in grado di cooperare con il Sud del mondo.
Il congresso si è concluso sulle note di Bella Ciao, con più di qualcuno che, oltre a cantare e abbracciarsi con il vicino di posto, alzava anche il pugno chiuso al cielo.