Le lacrime di Antonio Decaro sono cadute anche sulle pile di dossier portati in conferenza stampa. Mostrava uno a uno i fogli sull’attività antimafia realizzata nei dieci anni da sindaco di Bari. «Se c’è anche un solo sospetto di infiltrazione della criminalità nell’amministrazione, io rinuncio alla scorta». Parole pronunciate tra pianti e grida, per rispondere dopo un giorno all’avviso arrivato dal ministro Matteo Piantedosi martedì 19 marzo: il Comune del capoluogo pugliese sarà ispezionato da una commissione d’accesso. A tre mesi dalle elezioni amministrative (8 e 9 giugno), si palesa così l’ipotesi di scioglimento, che farebbe slittare i voti di 18 o 24 mesi. Un «atto di guerra», lo aveva definito la sera prima il presidente dell’Anci, aggiungendo che non può «essere sindaco antimafia e venire commissariato». «Non è un paradosso», ha risposto a ZetaLuiss Mauro D’Attis, deputato eletto in Puglia per Forza Italia e vicepresidente della commissione antimafia. «L’intervento non è sul singolo, ma sull’amministrazione. Visto che ha la fascia tricolore, Decaro deve rispettare la legge, in silenzio».
Il comunicato diffuso dal Viminale specifica che «l’accesso ispettivo, a Bari come in altri enti locali, non è pregiudizialmente finalizzato allo scioglimento del Comune», ma ne intende verificare l’attività «a tutela degli stessi amministratori locali». Tutto nasce dalla richiesta di alcuni parlamentari di centrodestra a seguito dell’inchiesta “Codice interno”, con cui la Procura cittadina ha aperto le indagini su 130 persone coinvolte negli intrecci tra politica, imprenditoria e mafia. Le ordinanze di custodia cautelare emesse hanno portato due aziende a essere sottoposte a controllo giudiziario, sotto la protezione di un amministratore terzo. Oltre alla Maldarizzi, coinvolta nella vendita delle auto in Puglia, c’è anche l’Amtab, la municipalizzata responsabile dei trasporti nel capoluogo. Quattro dipendenti sono stati arrestati con aggravante mafiosa, per i legami con i principali clan locali e per aver «istituito un sistema illegale nel reclutamento del personale», si legge nelle carte.
Dall’inchiesta, insieme agli impiegati Amtab, emergono altri quattro arresti nell’ambito comunale. Due vigilesse urbane e la coppia di consiglieri formata da Maria Carmen Lorusso e Giacomo Olivieri: lei eletta a Bari con una lista di centrodestra, lui alla Regione insieme a Forza Italia. Entrambi si sono poi schierati col centrosinistra, prima di finire rispettivamente ai domiciliari e in carcere per inquinamento elettorale. «L’ho cacciato io dalla Multiservizi quando sono diventato sindaco», ha chiarito Decaro in conferenza. «Abbiamo fatto 23 querele e denunce, ottenendo la restituzione di qualche milione di euro: 110mila sono stati già restituiti al Comune». Una dichiarazione supportata da Roberto Rossi, procuratore capo di Bari, che ha «accertato l’insussistenza del coinvolgimento» del primo cittadino nella bagarre dei voti.
La bufera “Codice interno”, secondo la commissione antimafia, ha peso sull’amministrazione cittadina soprattutto nel caso Amtab. «Il Comune è anche socio controllante di quella società», sottolinea il vicepresidente D’Attis, facendo leva sul discorso del sindaco barese, che alla vigilia delle elezioni di giugno sta per concludere il suo secondo e ultimo mandato. «Era un comizio da campagna elettorale, da candidato alle europee qual è. Lui fa un attacco diretto alle istituzioni, la butta in politica e non dice che la Procura ha posto sotto amministrazione la più grossa società del Comune perché era controllata dai mafiosi». Forte il riferimento alle parole di Decaro, che hanno scaturito un plebiscito alla fine della conferenza. «Sono preoccupato per la mia città. Come Savastano in Gomorra alcuni di loro hanno scritto “andiamo a riprendercela”. Ma questo posto è dei baresi, non è di nessuno, cosa volete riprendervi».
I prossimi mesi saranno decisivi su tutti i fronti. Il 15 maggio è prevista l’udienza del processo Amtab, mentre il commissario incaricato da Piantedosi avrà tre mesi per ispezionare Palazzo di Città. «Lo aspetterò e gli darò tutto il supporto di cui necessita», ha ribadito Decaro. Per D’Attis, però, il sindaco dovrebbe «lasciarlo lavorare in silenzio. Non ho visto altri primi cittadini, quando hanno avuto la stessa nomina, fare conferenze in lacrime come ha fatto lui». L’ipotesi di scioglimento del Comune appare improbabile. Dovrebbero emergere «concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso degli amministratori», secondo l’articolo 143 del Testo Unico degli Enti Locali. Le elezioni potrebbero slittare così fino a due anni, ma al momento è uno scenario astratto.
A meno di colpi di scena, tra poche settimane i baresi saranno chiamati alle urne. I colpi tra centrodestra e centrosinistra partono dalle ferite di “Codice interno”, prima di toccare la politica. E mentre dalla commissione antimafia il deputato di Forza Italia, D’Attis, alza la voce contro Decaro («Le sue minacce non mi intimoriscono»), il sindaco uscente trova gli applausi dei suoi cittadini: «Ho ascoltato sempre tutti, anche quelli che mi maltrattano. Ma rappresento le istituzioni e non mi giro dall’altra parte». Fino a giugno continuerà a guardarli in faccia, tra le lacrime e i tanti dossier che testimoniano dieci anni di lotta contro la criminalità.