Rimangono lì qualche ora o tutta la giornata, con chitarre, tastiere, violini e amplificatori. Sono gli artisti che costeggiano via dei Fori Imperiali a Roma. Devono essere muniti di permesso per suonare nella zona, da rinnovare ogni anno, pena la multa; è gratuito, ma non tutti lo hanno in realtà. Qualcuno lo fa per mettersi alla prova, altri per arrotondare il salario e c’è chi come Giuseppe lo fa ormai per vivere. Ha cinquantun anni e un cane, Lillo, che sta sempre con lui e riposa sopra la custodia della chitarra elettrica mentre lui si esibisce. Non trova un lavoro stabile e suona ai Fori Imperiali solo da poche settimane: «Sono musicista da una vita, ma non l’ho mai considerato come un’attività lavorativa. Sono state le difficoltà economiche a spingermi a provare». Giuseppe suona ai Fori ogni giorno, quando può tutta la giornata eccetto dalle 13:00 alle 16:00 perché in questa strada è vietato. «Questo è il luogo migliore dove suonare, ho provato da altre parti, ma qui ci sono più turisti e spazi sempre decenti anche quando qualcuno si prende il tuo preferito», aggiunge. Quando piove, però, è un vero problema, la gente non passa e gli strumenti si possono rovinare. In quel caso la giornata è persa. Spesso ciò che guadagna in giornata gli basta per sopravvivere, ma di certo non dà alcuna stabilità e certezza per il futuro. «Prima per il lavoro mi arrangiavo – dice – tante volte anche in call center, ma ora sta diventando davvero difficile».
Certe volte per strada può anche nascere un’amicizia. È quello che è successo tra Giuseppe e Federico. «Ci siamo conosciuti qui alla fine della mia prima settimana, è stato lui a convincermi a continuare». Federico potrebbe essere suo figlio, ma lì non è tanto l’età anagrafica che conta, ma l’esperienza. Lui di anni ne ha ventisei e si è appena laureato in Scienze ambientali all’Università La Sapienza di Roma: «Suono solo da cinque anni, ma mi sono subito voluto buttare perché era troppo figo secondo me». Sta cercando lavoro e nel frattempo viene qui ai Fori un paio d’ore al giorno per guadagnare qualche soldo e passare il tempo in modo proficuo anziché stare a casa. «Quando inizi a suonare per la prima volta per strada devi sbattere la testa – aggiunge – ma poi piano piano cominci a capire cosa funziona per te. I musicisti bravi qui riescono a guadagnare anche un centinaio di euro in due o tre ore, per uno medio come me in genere si arriva ai trenta, quaranta». Federico ha anche un gruppo con cui suona la sera nei locali. All’inizio qualche altro componente della band lo accompagnava, ma ormai si esibisce sempre da solo: «Suonare per strada è divertente perché interagisci con i passanti ma soprattutto perché sei libero, sei autonomo e indipendente, fai quello che vuoi quando vuoi». Lo stesso vale per Giuseppe. Per lui è diventata una necessità, ma «senza vincoli».
Senza alcuna etichetta discografica, editore o committente da soddisfare, se non se stessi, è, quindi, innanzitutto la libertà a caratterizzare la vita di un artista di strada. Non tutti scelgono questa vita a cuor leggero come Federico, ma una volta presa questa strada, possono fare quello in cui sono bravi senza sentirsi costretti a diventare ingranaggi di una macchina e seguendo solo la loro ispirazione.