Quando Terence Atmane si rende conto di essere passato al secondo turno degli Internazionali, per prima cosa gira lo sguardo verso gli italiani che fino a quel momento hanno tifato per lui. «Siate gentili con me, ora mi tocca Musetti»: sa già che contro uno dei beniamini di casa quei ragazzi passeranno dall’altra parte. Neanche il tempo di godersi la vittoria con Christopher Eubanks al primo turno del torneo di Roma e il francese guarda subito alla prossima sfida. Un po’ come terminare una partita alla PlayStation e iniziarne subito un’altra, oppure inserire nell’album una delle figurine che mancavano, ma guardare alla casella accanto, ancora vuota. Botte di dopamina da nerd che il 22enne di Boulogne-sur-Mer conosce bene.
Prima di lasciare il campo, qualcuno dagli spalti ha cercato di caricarlo: «Ti portiamo le carte italiane dei Pokémon». «Non sarebbe male», ha risposto Terence. Il suo pensiero va sempre lì. Ha iniziato a collezionarle 15 anni fa, prima di farlo con racchette, scarpe e vittorie nel circuito. Ormai non gli basta più l’edicola del suo paese, spende così tanto nella ricerca delle varianti più rare da essere diventato «tra i collezionisti più importanti in Francia», ha ammesso in un’intervista all’Atp. «Al posto del prize money, preferirei essere pagato con le carte».
Carattere giocoso e un’attitudine che lo riporta bambino, a volte anche in campo. «Dobbiamo imparare a controllarlo», spiega a Zeta il suo coach Rubén Ramirez Hildago. L’allenatore spagnolo ha iniziato a lavorare insieme ad Atmane da poco, portandolo ai quarti di finale al Challenger di Phoenix, in cui ha perso contro Matteo Berrettini, e al secondo turno del Masters 1000 di Roma, dove troverà Lorenzo Musetti. «Lo conosco da diversi anni e ho visto subito qualcosa di speciale in lui. Ha velocità, un buon servizio e un grande dritto. Sui campi veloci è un avversario pericoloso da trovare, non giocava da sette mesi sulla terra e con la giusta pratica può dire la sua anche qui. Ha il potenziale per entrare in top 100, ma deve imparare a gestire le sue emozioni».
È Atmane stesso a testimoniare la sua indole sensibile, che in passato lo ha portato a fare i conti con i suoi fantasmi. «Tutto è cominciato – ha raccontato qualche mese fa a “Behind the racquet” – con alcuni problemi personali, che poi hanno trovato un riflesso anche nel mio tennis. Ho spinto lontano amici e famiglia, mi sono chiuso in me stesso e non sapevo come uscire da un’ansia perenne». E da lì le conseguenze sul suo corpo. «Una notte, erano più o meno le 3, ho sperimentato una sorta di paralisi, non riuscivo a muovermi e pensavo che fosse arrivato il mio momento. Ho controllato il polso e il mio cuore era impazzito, 215 battiti al minuto. Quando passò quel momento cercai di rilassarmi, il giorno dopo scesi in campo ma mi strappai due legamenti». È stato quel momento a farlo uscire dal buio, riportandolo sotto i fari dei campi: «Furono tre mesi di stop, di attesa ma anche di cambiamenti. Decisi di combattere una volta per tutte ansia e depressione, con ogni forza che avevo. Penso di esserci riuscito».
E pensare che forse Terence non sarebbe mai arrivato su un campo da tennis se non fosse prima passato dai videogiochi. Un animo nerd così forte da costringere la famiglia a portare le sue passioni fuori dalla cameretta. «Giocavo davvero troppo a Wii Sports. Mia madre mi vedeva sempre davanti alla tv, mimavo i colpi con il controller. Così mi ha detto: “Okay, bello. Ma adesso devi praticare sport veri”. In realtà ci gioco ancora un sacco». Forse è proprio quel carattere ludico che lo porta ad affrontare tutto col sorriso e lo spirito di adattamento. Ha solo dovuto lasciare i campi in erba della Wii per imparare a giocare su ogni superficie, anche sulla terra di Roma.