Esclusiva

Maggio 11 2024.
 
Ultimo aggiornamento: Maggio 15 2024
Nadal, il re senza corona

Il tennista spagnolo, dieci volte campione a Roma, si congeda dagli Internazionali d’Italia. Forse per l’ultima volta

Rafael Nadal percorre a labbra strette la passerella che collega il campo Centrale e gli spogliatoi, riesce ad accennare solo qualche sorriso strizzato e pochi saluti. La attraversa sopra una fiumana di migliaia di persone, quasi tutti i biglietti venduti in un giorno al Foro Italico, e magari anche qualche imbucato che è lì solo per quel tributo. Rafa cammina, e per la prima volta sembra un uomo: dopo la sconfitta contro Hubert Hurkacz al secondo turno degli Internazionali pare umano. Per Roma, però, sarà sempre re, seppur ormai emerito.

Per raccontare la solennità con cui è celebrato Nadal nella Capitale basta l’atmosfera vibrante del Centrale in quei 93 minuti, forse gli ultimi del King of Clay. Al suo ingresso in campo si alzano tutti in piedi, inclusi i pochi che sventolano bandiere della Polonia. Tifano all’unisono italiani e spagnoli, anche loro convinti sia l’ultimo atto di Rafa. «Se è il suo giro finale sulla terra rossa, dobbiamo godercelo appieno», dicono col sorriso tre amici venuti da Getafe, poco distante da Madrid.

Gli spettatori fanno fatica a leggere quel numero accanto al nome: #305 al mondo, surreale per il suo palmarès, più credibile per le difficoltà che emergeranno poco dopo in campo. Le tribune sembrano agli antipodi. Da un lato gente con i berretti, perlopiù bianchi, che si mostra composta e meno vivace; dall’altra spiccano teste con i panama che si alzano e abbassano a ogni punto del dieci volte campione di Roma. Tutti, però, sono incontrollabili dalle 13:19 alle 13:34, in quel quarto d’ora di battaglia nel primo game, in cui il polacco Hubi riesce a mantenere il servizio e ad annullare cinque palle break dello spagnolo solo grazie ai suoi ace. Uno di questi viaggia a 232 km/h, il più veloce del torneo fin qui.

Da quel momento, per Nadal il match prosegue tra tante difficoltà e rari lampi. Il pubblico ha scelto di stare con lui, ma non basta. Lo incita in continuazione, applaude, batte i piedi, urla, qualche volta strozzato dalle tante palle che finiscono sulla rete. Anche gli errori diventano un’occasione per essere protagonisti, perché quando Rafa stecca si fa a gara per acchiappare la pallina sugli spalti. Un bambino liscia la presa, un altro raccoglie quello che per lui è appena diventato un cimelio. Il primo continuerà a lamentarsi vistosamente per il resto della partita, con buona pace della madre.

Si torna sulla Terra (rossa) appena Hurkacz, avanti di un set, strappa il servizio anche nel secondo parziale. I ritmi dagli spalti sono più contenuti: «Mi fa tristezza Rafa», è il primo segno di rassegnazione che arriva da una signora dopo un’ora e quindici minuti. Durante l’ultimo game, il tabellone non si aggiorna per un minuto buono: è fermo sul 40-15 4-3 per il polacco, quasi a voler gelare lì il momento. Il servizio dello spagnolo è titubante e in sei punti perde la partita, senza neanche provare ad annullare un match point come gli è capitato più volte nei tempi d’oro.

Parte una standing ovation che potrebbe proseguire ancora a lungo: come accaduto a Madrid, il pubblico si aspetta una cerimonia di congedo. A Nadal bastano invece pochi secondi. Scuote la testa arrabbiato, raccoglie il borsone, fa un giro panoramico con la testa per salutare il pubblico e lascia il campo a testa china.

In tanti rimangono spiazzati, ma tutto viene chiarito poco dopo in conferenza stampa. Nonostante i rumor delle ultime settimane, in fondo ai pensieri del (quasi) 38enne c’è una voce che ancora lo frena dal pagare dazio alla pattuglia del tempo. «Non ho mai detto che sarebbe stata la mia ultima volta a Roma», risponde in conferenza stampa a chi chiede spiegazioni sull’uscita dal campo frettolosa. «Sì, c’è il 98% di possibilità che non giocherò più qui», quasi si contraddice a ogni frase, «ma non ne sono certo. Se mi dovessi ritirare, spero di avere possibilità di salutare tutti anche agli Internazionali. Non mi aspettavo nessuna celebrazione».

In realtà, tra i corridoi del Foro erano giorni che si parlava dell’ultimo omaggio al tennista maiorchino. È stato lui stesso a rifiutarlo, forse perché non si aspettava di cedere così, o per via di quella voce nella testa. D’altronde, anche davanti alla sua età, è difficile credere a un addio. Basta un giro al Foro Italico per capire che è ovunque: nelle decine di foto dei corridoi, sui cappellini col suo simbolo e tra i campi che si colorano di bandiere spagnole, spesso sventolate da tifosi di casa. All’esordio in quest’edizione, contro il belga Zizou Bergs, dagli spalti del Centrale lo ha accolto un cartellone: «Ci sono uomini che lottano tutta la vita. Sono quelli di cui non si può fare a meno». Per Rafa vale lo stesso: neanche un re sa rinunciare alla propria corona.