Le code del lunedì non raggiungono il livello del fine settimana ma sono notevoli. Passeggiando tra i padiglioni si sentono i visitatori mormorare: «è una bolgia».
È il Sanremo dei libri, i numeri lo dimostrano. Il Salone del Libro di Annalena Benini è stato un successo di pubblico, 220 mila partecipanti, 2000 incontri, 500 gli eventi collaterali dispersi per la città di Torino, tra biblioteche, cinema e circoli culturali.
La nuova direttrice ha confezionato un evento poliedrico ed eclettico, portando penne internazionali come Don Wislow e Salman Rushdie, che torna a fare un incontro pubblico dopo l’attentato del 2022, alle star del BookTok Felicia Kingsley ed Erin Doom. Alle ragazzine brillano gli occhi quando vedono camminare per i padiglioni le loro scrittrici preferite o quando riescono addirittura a catturarle in un selfie. Alessandro Barbero è l’idolo delle folle, lo avvicinano persone di ogni età, gli chiedono una foto, un autografo, un parere, una presenza a un’assemblea d’istituto, lui risponde, sorride, esausto, vinto da troppa fama.
Il secondo giorno, venerdì, gli ospiti più chiacchierati sono Salman Rushdie in dialogo con Roberto Saviano, e il segretario della Lega Matteo Salvini. Giornalisti con camere e gelati si accampano nello stand Mondadori accampandosi in un angolino recintato da una banda rossa. Chi non sa nulla non capisce: «che famoso scrittore verrà?». «Cosa sta succedendo?» mormorano confusi gli avventori che vorrebbero solo comprare un libro. Qualcuno risponde: «È Salvini». «Al Salone? è come vedere un carabiniere alla Sorbona» commenta un passante con tono sprezzante. Arriva con un quarto d’ora di ritardo, camicia bianca, saluta la carica di giornalisti che gli si getta addosso non appena entra nello stand. Ad attenderlo una pila di libri- Controvento, l’autobiografia edita PIEMME è il libro più venduto dalla casa editrice- e anche una lunga fila di persone che lo venera, vuole una foto, un autografo, scambiare quattro chiacchiere.
Un’ora dopo lo spettro di Salvini viene rievocato da Roberto Salis, intervistato da Annalisa Cuzzocrea allo stand della stampa «È strano fare campagna elettorale per interposta persona, io e mia figlia non abbiamo le stesse idee politiche quindi è difficile perché ogni volta devo provare a pensare come farebbe lei». Cuzzocrea lo guarda sorpresa: «Diverse? Leggermente spero, non mi dirà mica che pure lei è …». E Salis si affretta a rispondere: «No, no, ma la resistenza non l’hanno mica fatta solo i comunisti. Sa quella frase che si dice il 25 aprile è divisivo solo se sei fascista, ecco sono d’accordo».
E quindi nel tempio della cultura, tra una Teresa Cremisi che dialoga con Antoine Gallimard in una stanza buia, in cui è radunata la créme de la créme dell’editoria, c’è tempo pure per la politica che arriva al culmine il sabato quando un gruppo di attivisti pro Palestina cerca di irrompere nel Salone e viene bloccata a suon di manganellate dalla Celere. Uscite bloccate, tensione alta, arriva Zerocalcare, vuole uscire, glielo impediscono, poi si ricordano che è uno dei tre ospiti più attesi e cambiano idea. Esce, dà solidarietà, torna indietro.
Il picco di mondanità lo si raggiunge il sabato sera, alla festa della scuola Holden. All’ingresso dell’edificio in mattoni a Borgo Dora, due code una per studenti e insegnanti, e una per gli invitati, perlopiù gente dell’editoria. All’’inizio non c’è nessuno sono le 23 e un dj scadente mette in loop Salmo, Dua Lipa e altri successi pop: è proprio sulle note di 1984 che entra Gianrico Carofiglio, alto, con una giacchetta carta da zucchero si guarda attorno con circospezione. Ma non era la festa di Monsignor Baricco? Che ci fanno venti ragazze vestite alla moda degli anni ‘20 a ballare in mezzo alla sala? Comincia a fare il giro del cortile, avanti e indietro, fino a che non sparisce al piano superiore. Lo si reincontrerà qualche ora dopo, quando la maggior parte degli invitati saranno arrivati.
La vera festa infatti, all’inizio, si svolge nella terrazza del primo piano dove si riunisce la gente dell’editoria: scrittori con una chiavetta word dove custodiscono il loro primo romanzo, editor di vecchia data che si atteggiano a Jep Gambardella,
Alessandro Baricco, il padrone di casa, si aggira con tre fedeli al seguito, cappello nero con falda, e guanti senza dita. Sta ai margini, seduto nel teatro, non si butta nella pista da ballo.
Alle undici comincia a girare una notizia: sta per arrivare Cosmo. Lo dice la sceneggiatrice-insegnante aggiungendo: «Io conosco Geolier». I più giovani sono in fermento, la festa sembrava un flop, e ora invece al dj set arriva uno che riesce a far divertire la sala, tutti si spostano nel grande cortile e la festa ha inizio, mette qualche suo successo ma è perlopiù musica d’ambiente. Nei corridoi gli studenti della Holden servono pastiglie Leone customizzate con la H e sorbetti allo spritz e alla violetta, lo storytelling è importante.
Gli avventori si avvicinano, prendono pacchetti di caramelle e le infilano nelle borse e nelle tasche, poi si guardano attorno giocando a “Indovina chi?” Ci sono tutti, è la bolla di Instagram che si fa realtà.
I cancelli si chiudono alle tre, gli addetti ai lavori dell’editoria italiana sciamano come api e raggiungono hotel, b&b, divani di amici per prepararsi all’ultima giornata di Salone, quella di domenica. Si sa che anche se dura fino al lunedì la vera conclusione è nel fine settimana e infatti i treni sono quasi tutti esauriti, si ritorna a Roma e a Milano.
Torino vive una settimana l’anno respirando i fasti di un tempo. Intanto sindaco, direttrice, e comitato pensano al Salone del libro dell’anno che verrà, all’edizione del 2025. Benini dice: «per ora la sfida è trovare un titolo più bello di Vita Immaginaria».
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