A guardare Edoardo De Filippo spiccare tra la folla del Foro Italico non si fa fatica a capire perché Novak Djokovic, Daniil Medvedev e Grigor Dimitrov – tra i tanti – si siano trovati così bene a palleggiare con lui. Diciannove anni, poco meno di un metro e novanta, sguardo dritto e concentrato: è agli Internazionali d’Italia per fare da sparring partner ai più grandi, ma con la serietà di chi sembra quasi essere nel tabellone insieme a loro. «Tutto è nato da una chiamata arrivata venerdì mattina», inconfondibile l’accento romano. Dal tono di voce basso pare non voler sovrastare il rumore dei colpi che arrivano dal campo, su cui è in corso un allenamento. «Mi chiama il responsabile, si presenta e mi chiede dove fossi: ero in palestra. “Bene, sono le 9 e mezza. Alle 11 giochi con Medvedev sul campo 5”. Ho raccattato tutto e sono corso qui».
Una sorpresa inaspettata che lo porta in pochi minuti da San Basilio, dove si trova il suo circolo “Tennis Project”, a diventare uno dei volti più ricorrenti nelle sessioni di pratica dei big del torneo. «Mi ha spiazzato. Conosco tutti gli sparring partner e sapevo fossero già organizzati, oltre a essere più grandi. Ci sono 2002, ’99, tutti di seconda categoria, ma nessun 2004 come me. All’inizio dovevo fare solo un giorno, poi mi hanno confermato fino alla finale». Buona la prima con Medvedev, allora: «Dopo 40 minuti abbiamo iniziato a giocare, è durato un’altra oretta. È un caso strano. Di solito durante la sessione di hitting (l’allenamento, ndr.) si scambia e basta, ma lui voleva fare un set. Mi hanno detto i responsabili e gli altri sparring che fin qui non era mai accaduto».
Così comincia a servire contro il numero quattro del ranking mondiale. «Prima di iniziare, gli ho lanciato una battuta: “Se vinco più di due game, mi regali la maglietta di oggi autografata”. Siamo partiti bene: dieci punti a zero per lui. A quel punto l’obiettivo era diventato farne almeno uno». Poi è bastato risollevarsi un po’: «È finita 6-3 per lui», e il cimelio?. «L’ho già incorniciato». Basta conoscere dal vivo il tennista russo per capire che difficilmente non avrebbe tenuto fede al patto. «Lui e il suo coach Gilles Simon sono molto simpatici e accoglienti. Scherzavamo ogni volta che ci si sedeva. Non pensavo che si potesse prendere subito così confidenza con il #4 del mondo. Era molto contento, mi fa: “Ci scaldiamo anche domani?”».
Medvedev non è stato l’unico a rimanere soddisfatto. Edoardo si è ripetuto anche con il numero uno del mondo Novak Djokovic, che ha voluto preparare insieme a lui il match – poi perso – con Alejandro Tabilo. <<Da una parte non ci speravo, perché pensavo che uno così non avesse bisogno di sparring. Però tra tutti noi sapevo di essere l’unico mancino, come il suo avversario, quindi potevo servirgli». Con il serbo l’allenamento non è quello di tutti i giorni. <<Il clima era pazzesco, c’erano centinaia di persone sugli spalti. Il giorno prima era accaduto l’incidente della borraccia, l’ho trovato straconcentrato in campo, un po’ più rilassato quando ci fermavamo».
Un’esperienza ancora più unica se condivisa in famiglia: «È entrato anche mio fratello, sparring come me. Un momento che mi ha reso orgoglioso. Abbiamo fatto un paio di battute, in italiano dato che lui parla benissimo. Gli abbiamo detto che dopo Totti, a Roma c’è lui». Gian Rocco è il maggiore (classe 2002) dei tennisti De Filippo, un cognome che è iniziato a girare spesso al Foro in questa settimana. «Il giorno dopo io ero di nuovo con Nole e lui si allenava sul campo accanto con Swiatek, numero uno femminile». L’occasione è quella giusta per osservare i segreti di uno dei tennisti più forti della storia: «Ha una cura maniacale del dettaglio, lo fa per mindset. Lascia andare la pallina anche quando esce di pochissimo, non è presunzione, ma durante il torneo sono cose che fanno la differenza».
Vivere l’ambiente del Foro Italico per Edoardo De Filippo significa avere l’occasione di incontrare tanti dei più grandi del mondo tennistico. Tra i momenti passati sulla terra rossa e in palestra, in pochi giorni ha già un po’ di storie da raccontare: «Mi sono avvicinato a Shelton per chiedere una foto. Subito dopo mi guarda meglio e mi fa: “Io ti conosco, sei quello mancino che fa da sparring. Giochi bene”. Dimitrov, invece, finito l’allenamento è venuto a darmi il cinque, era soddisfatto». In campo resta concentrato e lascia contenti gli altri big, fuori li guarda ancora con gli occhi incantati. «Ad esempio ti capita che stai mangiando, ti giri e vedi Nadal col suo team. Sono cose che ti rimangono impresse, potrò dire che in dieci giorni sono stato con dei campioni. In questa settimana farò in modo di giocare con tutti». O chissà che, ancora una volta, non siano loro a cercare Edoardo.