Simili i capi d’accusa, speculari le reazioni, molto diverse le conseguenze. Kharim Khan, il procuratore capo della Corte penale internazionale (ICC), ha chiesto di emettere un mandato di arresto per il leader di Hamas Yahya Sinwar e per il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Sono stati accusati di crimini di guerra e contro l’umanità anche il ministro della Difesa di Israele Yoav Gallant, il capo politico di Hamas Ismail Haniyeh e Mohammed Diab Ibrahim Al-Masri, guida delle brigate islamiste al-Qassam.
Le accuse rivolte ad Hamas sono riferite ad un arco temporale che inizia il sette ottobre e includono diverse violazioni gravi dei trattati internazionali, tra cui: sterminio, omicidio, violenze sessuali, tortura e oltraggio alla dignità personale.
Le responsabilità di Israele, si legge nella dichiarazione del procuratore capo, iniziano “almeno l’otto ottobre” e comprendono crimini di guerra come uccisione intenzionale, trattamenti crudeli, attacchi diretti alla popolazione civile. Israele è inoltre accusato di aver affamato la popolazione civile come metodo di azione bellica. Tra i crimini contro l’umanità sono invece menzionati la persecuzione, lo sterminio e l’omicidio.
«Il mondo era sgomento il sette ottobre nel vedere innocenti strappati dalle loro case e massacrati, abbiamo diverse evidenze per supportare le nostre accuse», ha dichiarato Kharim Khan in un’intervista alla CNN. «Abbiamo incriminato – continua – anche i massimi vertici del governo israeliano. Le imputazioni sono quelle di sterminio, di aver causato deliberatamente una carestia, negato i soccorsi umanitari e preso di mira sistematicamente i civili».
Le reazioni delle due parti in causa sono simmetriche: «Qualsiasi tentativo di fare parallelismi tra questi atroci terroristi e un governo democraticamente eletto è oltraggioso e non può essere accettato da nessuno», ha commentato il presidente di Israele Isaac Herzog. La replica di Hamas è arrivata tramite una dichiarazione ufficiale: «Denunciamo con forza i tentativi del Procuratore della Corte penale internazionale di equiparare la vittima al carnefice, emettendo mandati di arresto contro alcuni leader della resistenza palestinese».
Le accuse avanzate da Kharim Khan dovranno ad ogni modo passare il vaglio di un collegio di giudici della Corte, chiamati ad approvare l’arresto. Per la decisione finale dell’ICC ci vorrà ancora tempo. Nel 2023, la stessa richiesta è stata fatta per il presidente russo Vladimir Putin e la decisione finale è arrivata dopo circa un mese.
Nel caso in cui il mandato venisse approvato, le ripercussioni sul governo israeliano sarebbero molto più consistenti rispetto a quanto subirebbero i leader di Hamas, due dei quali vivono già in clandestinità.
La Corte penale internazionale non ha il potere di imporre con la forza le sue decisioni e la sua giurisdizione non è riconosciuta da Israele, che nel 1998 non ha firmato lo Statuto di Roma. Tuttavia, i 124 stati firmatari hanno l’obbligo di arrestare una persona per cui è stato emesso un mandato. Se, dopo l’approvazione della richiesta del procuratore capo, Netanyahu fosse in visita in Italia, il governo sarebbe obbligato ad arrestarlo e metterlo sotto processo al tribunale dell’Aia.
La decisone dell’ICC si aggiunge all’ordine con cui la Corte internazionale di giustizia aveva accolto a gennaio alcune delle richieste del Sudafrica, invitando Israele ad «adottare tutte le misure per prevenire qualsiasi atto che possa essere considerato un genocidio secondo la Convenzione del 1948». I provvedimenti degli organi di diritto internazionale si aggiungono alle tensioni interne al governo israeliano, di recente criticato anche dal leader dell’opposizione Benny Gantz.
Mentre continua l’offensiva nella Striscia di Gaza, scricchiola l’autorità di Netanyahu, compressa dal dissenso interno e dalle crescenti pressioni della comunità internazionale.
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