Esclusiva

Giugno 6 2024
La Valle (Pace, Terra, Dignità): «In campo a 93 anni per dire basta alle guerre»

Il politico e cofondatore del movimento pacifista di Santoro: «Non vogliamo competere con gli altri partiti, ma contagiarli con le nostre idee»

«Il mio obiettivo non è tanto partecipare alle elezioni, ma diffondere nel Paese una cultura che riprenda il tema della pace, molto vilipeso negli ultimi tempi. Abbiamo deciso di presentare la lista perché bisogna stare dentro la mischia per avere voce». A 93 anni, Raniero La Valle è il candidato italiano più anziano al Parlamento europeo. Giornalista al Popolo, il quotidiano della Democrazia cristiana, e poi direttore dell’Avvenire d’Italia, ha alle spalle una carriera politica di quasi mezzo secolo come parlamentare della sinistra indipendente. Dopo una vita dedicata al pacifismo, ha fondato con Michele Santoro il movimento Pace, Terra, Dignità, con cui si presenta in tutte le circoscrizioni. Lo incontriamo nella sua casa di Roma, a pochi giorni dal voto.

Molti si dicono pacifisti, ambientalisti e a favore dei diritti, ma Santoro è stato spesso etichettato come putiniano. Qual è la sua opinione sul conflitto in Ucraina?

«È motivo di grande dolore, perché poteva essere evitato. L’estensione della Nato a est e la protervia di Zelensky hanno provocato la suscettibilità della Russia, che sa bene cosa vuol dire avere vicini pericolosi. Putin non doveva tentare di risolvere la controversia con mezzi militari, ma aveva fatto un avvertimento molto chiaro, schierando centomila uomini sulla frontiera con l’Ucraina. I missili della Nato a Kiev possono raggiungere in poco tempo Mosca, le reazioni securitarie russe sono comprensibili: le hanno avute anche gli Usa con Cuba. Si rischiano le guerre mondiali se non si tiene conto delle reciproche esigenze di sicurezza».

La Valle europee
Raniero La Valle, 93 anni, giornalista e politico.

Il segretario generale Stoltenberg ha convinto Usa e Germania a utilizzare le armi Nato in territorio russo. Come legge questa svolta?

«È una dichiarazione di guerra alla Russia. Io non avrei mai pensato di vedere il dottor Stranamore nel mondo reale e che questi avesse un’influenza sulle condotte degli Stati. Chiedere bombardamenti in profondità sul suolo russo vuol dire scatenare una reazione, che non sarebbe immotivata o imprevedibile. L’Unione Sovietica nella Seconda guerra mondiale versò ventisei milioni di morti per preservare la sua autonomia. Una provocazione di questo tipo sarebbe causa di un conflitto mondiale».

L’ultimo sondaggio dà la vostra lista al 2,1%, quindi per entrare al Parlamento dovreste raddoppiare i voti…

«I sondaggi non sono affidabili, fanno parte della propaganda. Andare a Strasburgo non è comunque la priorità: l’obiettivo non è il potere né competere con gli altri partiti. Vogliamo anzi contagiarli con le nostre idee, perché ciò che proponiamo è rappresentativo degli interessi di tutti e capace di persuadere una larga fetta dell’elettorato. Se questo avvenisse, altro che 2%! Queste elezioni non devono servire a regolare i conti della politica italiana, ma a cambiare l’Europa».

E la guerra in Medio Oriente? Che ruolo dovrebbe avere l’Ue?

«A Gaza non è in atto una guerra, quello che sta accadendo va oltre, è un genocidio. L’Europa deve favorire la risoluzione del conflitto, che non può prescindere dalla riconciliazione fra due popoli. La soluzione è che palestinesi e israeliani accettino di convivere in un unico Stato rinnovato. Ciò è possibile, è avvenuto in Sudafrica, dove le due comunità si sono incontrate attraverso metodi della non violenza. L’Unione europea dovrebbe promuovere questo processo, offrire tutte le garanzie di sicurezza. Dovremmo rendere il popolo ebreo e quello palestinese due grandi patrimoni dell’umanità».

Alcuni dicono che il vero coronamento dell’unità europea sarebbe la politica di difesa comune.

«Senza più il principio dell’unanimità, anche con maggioranze eterogenee si potrebbero prendere decisioni di enorme importanza per tutti. L’idea che l’Ue debba prendere una posizione univoca sulle questioni di conflitto è un suicidio. Se sono costretto da una maggioranza di quattordici Paesi a fare una guerra che può diventare mondiale, credo che abbiamo il dovere di opporci. La vera Europa non è quella con l’esercito, che diventa una grande potenza al pari di Usa e Cina, questa è la negazione delle ragioni per cui è nata. È una negazione della identità dell’Europa, della storia, dei valori che porta. Ed è un principio di dissoluzione della sua unità».

In Italia assistiamo ad un nuovo tentativo di riforma costituzionale con il premierato. La convince?

«Con il premierato il primo ministro è immune dalla critica, non può essere rovesciato, è sottratto al controllo dei parlamenti, dell’opinione pubblica. Ci sono tanti premier forti nel mondo: Zelensky non dipende dall’opinione del suo popolo, perché altrimenti non condurrebbe una guerra distruttiva con l’ostinazione di non uscirne. Netanyahu sta facendo un’operazione lesiva non solo dello Stato di Israele, ma del popolo ebreo. Tutti i peccati, le colpe e i crimini che vengono imputati dalla Corte dell’Aja a Israele si ripercuotono sul popolo ebraico. Una bestemmia, un’atrocità incredibile. Fa risorgere l’antisemitismo, gli dà una parvenza di motivazione. Non servono premier forti, ma controllati, ricordandosi che la democrazia è tale perché si può dire di sì e di no. Vogliamo una democrazia senza poteri sovrani, servono poteri che siano controllati da altri e dall’opinione pubblica. Abbiamo bisogno di un mondo meno assolutista».

Quali sono le altre proposte della vostra lista?

«La salvezza della terra, la conservazione della natura: rivendichiamo la dignità di tutte le creature, anche gli animali, che sfruttiamo per le nostre esigenze, negando loro la vita. E poi la dignità, che è più importante dei diritti, li precede. C’è una dignità da salvaguardare anche quando i diritti sono rispettati. Quelli non rispettati sono più numerosi, basti pensare alle tragedie dei migranti, del lavoro schiavo, delle donne».

Il movimento continuerà anche dopo le europee?

«Certo. Sono un appuntamento importante, ma secondario rispetto alla scelta di stare in campo per far emergere la prospettiva, necessaria, della pace».

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