«Penso che siamo in un momento cruciale per la storia del nostro Paese. Voglio essere fiero di portare questa maglietta anche dopo il 7 luglio». Ha parlato con piglio presidenziale e tono da uomo delle istituzioni Kylian Mbappé, capitano della Francia. Durante la conferenza stampa che ha preceduto l’esordio dell’équipe de France a Euro 2024, alle domande di rito sulla sfida contro l’Austria si è aggiunta la richiesta di un commento sulla politica nazionale.
Dopo le elezioni europee, la Francia è entrata in un periodo di incertezza senza precedenti. Il risultato deludente del suo Renaissance, doppiato dal 30% del Rassemblement National di Jordan Bardella, ha spinto il presidente della Repubblica Emmanuel Macron a sciogliere l’Assemblea Nazionale. Le nuove elezioni legislative sono in programma il 30 giugno e il 7 luglio, poiché la legge francese prevede un sistema di voto maggioritario a due turni.
Si sono chiuse alle ore 18:00 del 16 giugno le liste dei candidati nelle 577 circoscrizioni, dando inizio a una campagna elettorale che si annuncia frenetica e decisiva. Se a destra i Repubblicani si sono divisi sulla scelta da parte del presidente Eric Ciotti di allearsi con il Rassemblement National, la sinistra ha unito le forze nel Nuovo Fronte Popolare che tiene dentro socialisti, verdi e la sinistra de La France Insoumise.
Il dibattito pubblico sulle legislative ha diviso il Paese e non è difficile immaginare che si sia fatto strada fino a Paderborn, nel ritiro della Nazionale. Già per le Europee, nel centro federale di Clairefontaine, era stato allestito un seggio speciale per permettere ai calciatori di votare. Lo stesso diritto sarà garantito per il primo turno del 30 giugno. Secondo quanto rivelato da La Repubblica, all’hotel dei Bleus arriverà un funzionario del consolato francese tramite il quale i giocatori potranno richiedere il voto per corrispondenza, delegandolo a un parente o a un conoscente.
La rilevanza storica di queste elezioni è stata subito riconosciuta da molti componenti della rosa. Il primo a spendersi per invitare i cittadini al voto è stato l’esterno del Paris Saint-Germain Ousmane Dembelé, seguito dall’ex Milan Olivier Giroud e dall’interista Benjamin Pavard. La stessa Federazione si è associata all’appello rivolto ai cittadini a recarsi alle urne, ribadendo il diritto dei calciatori a parlare liberamente di politica.
Il titolo di prima pagina de L’Equipe se lo è preso l’attaccante dell’Inter Marcus Thuram, che ha invitato a «battersi perché il Rassemblement National non passi». Una presa di posizione forte, che rispecchia una storia familiare di attivismo. Marcus è figlio di Lilian Thuram, ex campione di Juventus e Parma, e deve il suo nome all’attivista politico giamaicano Marcus Garvey. Lilian è da anni impegnato contro il razzismo e ha espresso la sua preoccupazione sia per la crescita del partito di Marine Le Pen sia per la decisione di Macron di indire nuove elezioni.
«Più aumenta la tensione politica, come in questa vigilia elettorale, più è difficile anche per gli atleti non prendere posizione», commenta Nicola Sbetti, storico dello sport e docente all’Università di Bologna. «In Francia c’è una sensibilità diversa, è emblematico che siano stati gli stessi calciatori a richiedere alla Federazione di poter votare».
L’appello a partecipare a questa tornata elettorale è stato al centro del discorso di Mbappé: «Voglio rivolgermi a tutti i francesi e in particolare alla generazione dei giovani. Possiamo fare la differenza». Incalzato sulle parole più decise di Thuram, ha risposto: «Condivido gli stessi valori di Marcus, sono con lui. Per me non si è spinto troppo oltre, ha espresso la sua opinione».
«È interessante notare la differenza nelle due dichiarazioni», continua Sbetti «Thuram, più radicale, invita a votare contro il RN in maniera esplicita, mentre Mbappé utilizza una formulazione più prudente, contro gli estremismi. L’impressione è che in qualche modo abbia fornito un assist a Macron. Tra i due c’è un rapporto privilegiato che finora era stato soltanto unidirezionale, ora Mbappé sembra aver restituito il favore». Il presidente della Repubblica si è infatti più volte mosso in prima persona per la permanenza a Parigi del campione francese.
La politicizzazione del calcio non è un fenomeno nuovo, già nel 1998 il fondatore del Front National Jean-Marie Le Pen si era lamentato per i «troppi neri nella Francia» e del fatto che in molti non cantassero la Marsigliese. Quella stessa selezione avrebbe consegnato alla Francia la sua prima Coppa del Mondo. La generazione Black, Blanc, Beur – neri, bianchi e arabi – è presto diventata un simbolo di unità e l’allora presidente Jacques Chirac la definì «una bella immagine di una Francia umanista, forte, unita».
Negli anni seguenti la simpatia di stampa e opinione pubblica verso la Nazionale è cambiata a seconda dei risultati in campo e nelle urne. Nel 2006, rispondendo sempre a Jean-Marie Le Pen, Lilian Thuram disse: «Evviva la Francia! Non quella che vuole Le Pen ma l’altra, quella vera». Figli d’arte a parte, oggi le star dell’Equipe de France hanno nomi diversi, ma lo stesso coraggio di esporsi.
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