Ancona, 26 anni, soffriva di disagio psichico e problemi di tossicodipendenza, gli mancavano quattro mesi al fine pena. Napoli Poggioreale, 39 anni, detenuto in attesa del primo giudizio, pare fosse una persona senza fissa dimora. Teramo, 20 anni, dentro da pochi giorni, era sordo e aveva alcune difficoltà cognitive. Cagliari, 31 anni, da tre giorni in prigione per furto di veicolo in sosta. Novara, 20 anni, sarebbe dovuto uscire due mesi dopo. Queste sono solo alcune delle tragiche storie di suicidi in carcere contenute nel documento di metà anno scritto dall’Associazione Antigone e pubblicato il 23 luglio 2024. Al 30 giugno erano presenti in prigione 61.480 detenuti a fronte di una capienza regolare di 51.234 posti. Le donne erano 2.682 (4,4%), mentre gli stranieri 19.213 (31,3%).
Nel 2022, ottantacinque carcerati si sono tolti la vita, settanta nel 2023, alla metà di quest’anno i suicidi sono cinquantotto. «Ogni persona ha una storia a sé. Per le donne, ad esempio, c’è un rischio di marginalizzazione, isolamento e stigmatizzazione maggiore rispetto agli uomini», commenta la ricercatrice di Antigone Sofia Antonelli, esperta di diritti umani e curatrice del Dossier sui suicidi in carcere nel 2023 e nei primi mesi del 2024, contenuto nel XX rapporto sulle condizioni di detenzioni in Italia.
La maggior parte (88 su 100) tra il 2023 e il 2024 è avvenuta per impiccamento. Da qui il nome del rapporto: Nodo alla gola. «Ci sono problematicità diverse che possono essere di tipo sociale, come la difficoltà a staccarsi dal ruolo di madre. Alcune donne che hanno scritto all’associazione raccontano, oltre alle condizioni di detenzione terribili e disumane, anche lo stato di abbandono, come l’impossibilità di accedere alla biblioteca».
Molti suicidi avvengono in sezioni diverse da quelle ordinarie, soprattutto nelle celle di isolamento, dove le persone sono condotte per motivi disciplinari. «È una pratica da superare, abbiamo proposto alcune linee guida alternative. L’isolamento è molto dannoso per la salute fisica e mentale. Le celle sono spesso in luoghi staccati dalla struttura principale, dove c’è un minore passaggio di personale, il detenuto è meno visto e ascoltato ed è più difficile intercettare una situazione di sofferenza e disagio che può portare alla decisione di togliersi la vita», spiega Antonelli.
A compiere l’estremo gesto sono detenuti che non riescono più a sopportare le precarie condizioni di vita a cui sono sottoposti. Il rapporto di metà anno mostra una situazione drammatica: a livello ufficiale, il tasso di sovraffollamento medio è del 120%, ma la capienza regolamentare non tiene conto dei posti non disponibili», si legge nel report. Questi erano, al 17 giugno, 4.123, quindi il dato di sovraffollamento reale è del 130,6%. Nell’ultimo anno, c’è stato un incremento della popolazione carceraria pari al 6,9% (3.995 individui).
«Suicidi e sovraffollamento sono in parte connessi» afferma il professore di filosofia del diritto dell’università di Firenze e presidente del comitato scientifico dell’Associazione L’altro diritto Emilio Santoro: «I delinquenti veri in carcere sono 20-25.000 persone, il resto è costituito da “abbandonati sociali”. Essendo aumentate le misure alternative, chiunque abbia un posto dove stare, un amico che si possa prendere cura di lui evita il carcere. In cella ci va la problematicità sociale più dura: tossicodipendenti, persone che non hanno appoggio della famiglia. Sono i più vulnerabili e fragili. Ecco perché aumentano i suicidi».
Su centonovanta istituti, cinquantasei hanno il 150% in più delle persone ammissibili, invece otto carceri superano la capienza regolare del 190%, tra cui Milano San Vittore (227,3%), Brescia Canton Monbello (207,1%) e Foggia (199,7%). Proprio dalla seconda prigione più sovraffollata d’Italia è arrivata una lettera a Sergio Mattarella. Nel discorso in occasione della cerimonia del Ventaglio dato dall’Associazione stampa parlamentare al presidente della Repubblica, quest’ultimo ha dichiarato: «La descrizione è straziante. Condizioni angosciose agli occhi di chiunque abbia sensibilità e coscienza. Indecorose per un Paese civile, qual è, e deve essere, l’Italia. Il carcere non può essere il luogo in cui si perde ogni speranza, non va trasformato in palestra criminale». Il professore Santoro chiede che «venga eliminato il 40% dei reati esistenti: non ha senso reagire ai comportamenti che sono sintomo di disagi personali e sociali con la repressione penale».
L’8,4% dei detenuti nelle ottantotto carceri visitate da Antigone presenta diagnosi psichiche gravi, il 17,7% assume stabilizzanti dell’umore, antipsicotici o antidepressivi, il 39,2% sedativi o ipnotici. Nel 27,3% degli istituti non erano neanche garantiti 3mq a testa di spazio calpestabile. Sovraffollamento, mancata assistenza sanitaria e degrado. “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità”, l’articolo 27 della Costituzione è ancora lì che attende di essere attuato.