Una tregua fragile messa alla prova dai bombardamenti. Dopo una settimana dall’accordo per il cessate il fuoco tra Libano e Israele, l’esercito dello Stato ebraico è tornato ad attaccare i territori a sud del Paese confinante, la sera del 2 dicembre. L’artiglieria ha bersagliato sei villaggi, con un bilancio di nove morti a Haris e Tallousa.
Secondo il governo israeliano, il raid è una risposta alle violazioni del cessate il fuoco da parte delle milizie di Hezbollah. Il partito sciita aveva sparato due razzi nel pomeriggio, esplosi in un’area aperta e disabitata a nord del territorio nemico, senza vittime né feriti. Da Tel Aviv, i partiti di opposizione hanno denunciato gli attacchi da parte del gruppo islamico, con il leader Benny Gantz che ha chiesto una risposta decisa da parte del presidente del Consiglio Benjamin Netanyahu.
Oltre la linea del fronte, i miliziani avevano rivendicato dei colpi di «avvertimento», esplosi perché «gli appelli delle autorità competenti per fermare le violazioni israeliane non hanno avuto effetto». Da Beirut, il presidente uscente Najib Mikati aveva chiesto al comitato internazionale formato da Stati Uniti, Francia e il contingente delle Nazioni Unite, di intervenire per fermare le azioni dell’Israel Defence Forces. Nabih Berri, speaker del parlamento libanese che ha contribuito alla negoziazione della tregua, aveva parlato di «violazioni flagranti». Anche la Francia si è pronunciata in supporto del Libano: secondo fonti diplomatiche francesi, Parigi ha recriminato a Tel Aviv cinquantadue violazioni dall’approvazione del cessate il fuoco.
Poche ore prima dei bombardamenti sui villaggi, un appello era arrivato dal principale sostenitore della sicurezza dello Stato ebraico. Fonti informate citate dai media israeliani hanno affermato che l’inviato speciale degli Stati Uniti, Amos Hochstein, avrebbe inviato un messaggio agli alleati in Medio Oriente. Un’esortazione a rispettare i patti, arrivata dopo che i droni israeliani erano tornati a volare sui cieli della capitale libanese.
«La situazione è ancora molto fragile, anche perché il meccanismo messo in piedi dagli Stati Uniti con la Francia al momento non è stato finalizzato», spiega Andrea Tenenti, portavoce della missione Unifil attiva al confine tra i due Paesi. «Noi continueremo a monitorare le violazioni del cessate il fuoco e della risoluzione 1710 delle Nazioni Unite», prosegue il funzionario, ricordando che «i caschi blu hanno subito attacchi nelle settimane passate. Al momento il contingente italiano rimane nelle basi». In un momento di grande instabilità, Tenenti ha una certezza: «Le soluzioni militari non hanno vita lunga, serve un intervento di natura politica e diplomatica».
Per contenere una possibile escalation, il consiglio di sicurezza dell’Onu si riunirà mercoledì 5 dicembre, su richiesta di Washington e Parigi. Previsto un intervento di Jean-Pierre Lacroix, segretario generale aggiunto alle operazioni di pace. L’obiettivo sarà tenere in piedi il cessate il fuoco, superando la crisi innescata dai razzi e le successive accuse incrociate tra Hezbollah e Israele.
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