Un applauso scrosciante di un minuto accoglie il presidente del parlamento ucraino Ruslan Stefanchuk martedì 11 febbraio alla plenaria del parlamento europeo indetta a Strasburgo. Solo pochi deputati, sull’estrema destra dell’emiciclo, restano seduti. «Cari amici», si rivolge alla platea. «Cara Roberta», dice alla presidente Metsola, che lo accoglie sintetizzando la linea della maggioranza dell’aula: «L’Ucraina deve arrivare a dei negoziati di pace nella posizione giusta; perciò, il nostro sostegno deve essere ancora più deciso». Fra due settimane ricorrerà il terzo anniversario dell’inizio dell’invasione russa.
Stefanchuk è un uomo imponente, con pochi capelli e occhi piccoli. Prende parola dal centro dell’aula, e, con indosso una divisa militare nera, appare così diverso da quelli che lo hanno preceduto nei dibattiti della mattinata. «Altre volte sono intervenuto qui in uniforme», racconta, «ma anche io ho un grande sogno: sostituire questa divisa con abiti civili. Così come sogno di togliere le app di segnalazione dei raid aerei dal mio telefonino».
Ricorda in maniera particolare una visita precedente. Era il giugno del 2022 e l’Ucraina riceveva ufficialmente lo status di Paese candidato ad entrare nell’Unione Europea. Stefanchuk cita a più riprese anche Louise Weiss, la donna a cui è dedicato il palazzo che ospita il parlamento europeo: «Una figura leggendaria che per ben due volte ha difeso la sua patria come infermiera militare e membro della resistenza. Così come hanno fatto milioni di ucraini».
Sono ancora una volta parole di monito quelle che vengono dal Paese che, come ricordato da Roberta Metsola, sta entrando «nel quarto inverno di guerra». «La Russia vuole corroderci come fosse una ruggine inesorabile, che cerca disperatamente di andare verso Kiev, verso occidente» continua Stefanchuk. «Significa che si dirige anche verso Varsavia, Budapest, Bruxelles. Credetemi cari amici, la guerra è molto più vicina di quanto pensiate». Il monito si accompagna, però, alla gratitudine: «Sono passati quasi tre anni dal 24 febbraio 2022, ma vorrei confermarvi che, allora come oggi, l’Ucraina è stanca, ma non è conquistata; ed è grata a ciascuno di voi. Siamo riconoscenti per ogni voto e risoluzione a sostegno della nostra lotta per la libertà e l’indipendenza».

Parla anche di pace Stefanchuk. Pace che, però, «solo attraverso la forza potrà essere giusta e duratura». Servono delle garanzie. Prima fra tutte, ricorda nel punto con la stampa dopo l’intervento nell’emiciclo, «l’ingresso nella Nato. Solo così potremo sentirci al sicuro».
Le strategie per far cessare la guerra è anche il tema della discussione che ha preceduto il suo arrivo. La seduta si è aperta con il polacco Adam Szłapka a rappresentare il consiglio europeo: «Restiamo in prima linea per il sostegno all’Ucraina e al suo popolo, per tutto il tempo che ci vorrà e con tutta la forza necessaria». Si esprime con parole simili Marta Kos, Commissaria per l’allargamento e la politica di vicinato, che ricorda come l’Ucraina faccia parte della famiglia europea e rilancia: «Vi porteremo nell’Unione».
La discussione, però, è più animata del previsto. Partito Popolare e Socialisti sono costretti a moltiplicare gli interventi per contrastare le critiche alla strategia del sostegno incondizionato che vengono dall’estrema destra e dall’estrema sinistra dell’emiciclo. Insieme a Renew e Verdi rilanciano il grido “Slava Ukraini”, ma non mancano i timori per la possibilità che l’Unione sia tagliata fuori dal tavolo per la pace.
Una paura che passa anche per le dichiarazioni rilasciate questa notte dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che ha chiesto 500 miliardi di dollari in terre rare in cambio dell’aiuto militare. «Parole figlie del peggiore mercantilismo sovranista», commenta la vicepresidente del parlamento europeo Pina Picerno. «Noi abbiamo il dovere di ricordare che la resistenza ucraina è una lotta per la democrazia e la libertà. Mentre Trump le tratta come un’operazione commerciale da cui trarre profitti».