«Questa mostra è davvero straordinaria, è una celebrazione del Giubileo e della famiglia Farnese», commenta il curatore Claudio Parisi Presicce. Alcuni dei massimi capolavori della collezione farnesiana, sparsi in tutto il mondo, sono tornati a Roma e sono adesso fruibili grazie alla nuova mostra ai Musei Capitolini. Centoquaranta oggetti tra disegni, dipinti, sculture, bronzi, monete e gemme. «La qualità eccelsa e la notevole varietà rendono questa collezione la più importante del Rinascimento», commenta la curatrice Chiara Rabbi Bernard.
«Il progetto rientra tra le molte iniziative promosse durante l’anno giubilare, grazie all’intervento Pnrr Caput Mundi, un investimento di 500 milioni per il restauro, la conservazione e la rigenerazione culturale», spiega l’assessore alla Cultura Massimiliano Smeriglio.
Da sinistra: Cyril Blondel, Ministro consigliere dell’Ambasciata di Francia; Massimiliano Smeriglio, Assessore alla Cultura di Roma Capitale; Claudio Parisi Presicce, Sovrintendente Capitolino ai Beni Culturali e curatore della mostra; Chiara Rabbi Bernard, curatrice della mostra.
Papa Paolo III e i protagonisti della collezione
La nuova mostra ai Musei Capitolini illustra il legame tra la famiglia Farnese, Roma e l’arte, con particolare attenzione a Paolo III, promotore della collezione. Fu il pontefice più longevo del Rinascimento, regnando dal 1534 al 1549. «Ha costruito un tessuto di relazioni volto a restituire alla Capitale il prestigio antico, consolidando al contempo quello della sua famiglia», afferma Presicce.
«Abbiamo consacrato questa mostra al periodo romano della collezione, il più rilevante», spiega Bernard. L’arco temporale va dai primi decenni del Cinquecento, quando il Papa avviò il progetto, fino al decesso di Fulvio Orsini nel 1600. Quest’ultimo ebbe un ruolo fondamentale come conservatore della collezione, nonché come antiquario, iconografo e grafico. Molte delle opere da lui collezionate confluirono nella raccolta farnesiana.
Oltre all’impegno artistico, Papa Farnese si dedicò all’urbanistica. La prima sala della mostra è dedicata ai suoi interventi di rinnovamento della città in vista del Giubileo del 1550. Tra questi, il rifacimento di Piazza del Campidoglio, affidato a Michelangelo, e il trasferimento della statua equestre di Marco Aurelio nel 1538 da Piazza del Laterano.
A sinistra: Rappresentazione del Campidoglio tratta dal progetto stesso di Michelangelo Buonarroti, Museo di Roma, Étienne Dupérac, 1569. A destra: Piazza del Campidoglio prima del rifacimento di Michelangelo, Museo di Roma, Anonimo del XVI sec., metà del XVI sec.
Ai protagonisti della collezione è dedicata una galleria di ritratti. Il pontefice è immortalato quando era ancora cardinale da Raffaello e poi in veste papale da Tiziano. Accanto a lui, i nipoti, il Gran Cardinale Alessandro, Ottavio, Ranuccio e Odoardo, dipinto da Domenichino.
Rivivere gli ambienti di Palazzo Farnese
«Abbiamo voluto creare un’immersione spazio-temporale in alcuni degli spazi di Palazzo Farnese, la dimora della famiglia a Campo de’ fiori a Roma, dove un tempo si trovavano le opere», prosegue Bernard. Da 150 anni Palazzo Farnese è la sede dell’Ambasciata di Francia. «Lavoriamo e viviamo con questa famiglia ogni giornata, abbiamo cura del Palazzo e della sua storia. Quest’anno la facciata è stata rinnovata, insieme alle fontane della piazza», ha commentato Cyril Blondel, Ministro consigliere dell’Ambasciata.
In mostra è esposto uno dei testamenti del Gran Cardinale Alessandro, che aveva richiesto che la collezione rimanesse nel Palazzo. La sua volontà non fu rispettata: le opere furono trasportate per l’Italia e nel mondo dopo la sua morte nel 1589. Prima a Parma e Piacenza, città di cui era duca il suo erede Ranuccio. Poi a Napoli, dove negli anni ‘80 del Settecento il figlio Ferdinando IV fece arrivare alcuni capolavori, poi conservati nel Museo Nazionale Archeologico (MANN) e nel Museo e Real Bosco di Capodimonte.
Grazie a importanti prestiti dai due musei napoletani, ma anche da altre importanti istituzioni come la Biblioteca Apostolica Vaticana, il Museo del Bargello e il Louvre, molte opere sono tornate a Roma in occasione di questa esposizione.
Sotto: Testamento di Alessandro Farnese, 1587.
I capolavori in mostra
La collezione è nota soprattutto per le sculture antiche, simbolo di potere ma anche di continuità tra l’antica Roma e il papato. Una sala riproduce il cortile di Palazzo Farnese, dove un tempo erano esposte statue colossali. Tra queste, l’Ercole e il Toro Farnese, qui ricordati in alcuni modelli in bronzo e porcellana, essendo gli originali troppo pesanti per essere trasportati da Napoli. Mentre si può ammirare la scultura di Amore con delfino, che in origine si trovava nello scalone che portava al piano nobile del Palazzo.
Nella sala successiva, che ricrea l’ambiente della Galleria, decorata dagli affreschi di Carracci, sono esposte 5 delle 10 sculture originarie, come l’Eros Farnese e il Satiro con Bacco bambino. Si giunge poi nella Sala dei filosofi, che ospitava opere dedicate al tema delle Veneri. Una delle più celebri è la Venere Callipigia di epoca adrianea, copia da un originale greco. Infine, nella Sala dei filosofi, troviamo la Doppia erma di Erodoto e Tucidide e busti di Tucidide, Omero e Socrate.
La riproduzione delle sale di Palazzo Farnese, seppur interessante, presenta alcune criticità. Risulta a tratti astratta e poco coinvolgente a causa della mancanza di supporti grafici esplicativi. Inoltre, l’illuminazione di alcune sezioni, in particolare quella dedicata alle gemme, non ne esalta appieno la brillantezza e i dettagli, penalizzando l’esperienza visiva dei visitatori.
Un finale spettacolare
Due prestiti eccezionali chiudono la mostra. Il primo è la Cassetta Farnese, un prezioso manufatto che per «l’ultima volta lascia il Museo di Capodimonte», spiega Bernard. «Sicuramente non conteneva gioielli, viste le asperità che presenta. Nell’ultimo restauro sono stati scoperti dei fogli e dentro la cassetta è inciso Alessandro Magno che consegna una copia dell’Iliade di Omero. Forse quindi conteneva manoscritti», conclude Bernard.
Il secondo è il Libro d’ore Farnese, realizzato da Giorgio Clovio, definito da Vasari “il Michelangelo delle miniature”. «È la prima volta che lascia gli Stati Uniti, dove si trova dal 1930», racconta Bernard. Accanto al manoscritto, si trova il ritratto di Clovio dipinto da El Greco, che lo raffigura con il libro aperto nella stessa pagina.
A destra: Libro d’ore Farnese, The Pierpont Morgan Library, New York, 1546 circa.
Arte e inclusività
Non mancano le iniziative per l’inclusione. Sono previste visite guidate per sordi, ipovedenti e non vedenti, oltre a percorsi dedicati alle scuole. «Vogliamo rendere l’arte accessibile a tutti», conclude Gianluca Lo Presti, Direttore Generale Zètema Progetto Cultura.

Informazioni su biglietti, visite, date e orari si possono trovare sul sito ufficiale dei Musei Capitolini.