Esclusiva

Febbraio 24 2025
M, nel cuore nero del potere

Su Sky la serie tv sulla vita di Mussolini diretta da Joe Wright e interpretata da Luca Marinelli che ha fatto discutere tutta l’Italia

«Il fascismo è un concetto abbastanza frainteso e questo mi sembrava il momento giusto per riesaminare le radici di quel movimento, per provare a capire da dove arriva e cosa ha significato davvero». Joe Wright, regista inglese di film come Pride and Prejudice e Atonement, spiega così il motivo per cui ha deciso di cimentarsi in un progetto tanto ambizioso quanto ricco di insidie: una serie tv su Benito Mussolini.

In un’epoca segnata da grandi cambiamenti come la nostra, in cui le democrazie si piegano all’egocentrismo di leader senza scrupoli e ai rigurgiti nostalgici per un regime dipinto a torto come grandioso e salvifico, proporre una serie sul dittatore era un rischio. Soprattutto in un Paese come l’Italia, che non ha mai fatto davvero i conti con il suo passato.

Ad impedire il passo falso, però, c’era la penna di Antonio Scurati, autore del romanzo a cui si è ispirata la trasposizione, e il genio di un regista che, grazie anche alla bravura degli sceneggiatori Stefano Bises e Davide Serino, è riuscito nell’impresa di stupire e irritare, divertire e disgustare. Il suo M, Il figlio del secolo è un racconto anticonvenzionale, crudo e coinvolgente, con un’estetica a metà strada tra Futurismo e cultura rave degli anni ’90, in cui commedia e tragedia si mescolano, restituendo l’atmosfera di un tempo lontano e violento.

Ed eccolo entrare in scena, il contegno serioso, gli occhi sgranati e uno sguardo fiero che buca lo schermo, mentre scandisce i suoi proclami altisonanti. Il Mussolini di Luca Marinelli ti guarda dritto negli occhi, e ti parla di sé senza filtri. Frustrazione ed esaltazione, rabbia e desiderio si susseguono in un lungo flusso di coscienza che mette a nudo l’anima di un uomo intelligente, avido e con un enorme vuoto interiore, che cerca di colmare con il potere, il sesso, l’adorazione delle folle. 

Siamo nel 1919 ed il fondatore dei Fasci di combattimento è ancora lontano dal raggiungere la vetta, ma ha già in sé tutte le caratteristiche che lo renderanno un dittatore spietato. Senza ideologie, regole o morale, si mostra per quello che è, un bieco opportunista che sfrutta le paure degli italiani e la delusione degli Arditi per scatenare il caos. La violenza, che definisce feroce, plastica, necessaria, è la sua parola d’ordine. Allo stesso tempo, ci sono momenti in cui la sua personalità istrionica lo trasforma in una figura comica, che con una battuta o un sorriso sgangherato alleggerisce il tono della narrazione.  

Bravissimo a plasmare e a farsi plasmare, Marinelli ingrassa, si rasa i capelli e modella le sopracciglia per assomigliare al suo personaggio. Ma sono le pose che assume, le mani sui fianchi, il petto in fuori e il mento proteso verso l’alto, oltre che la voce stentorea con cui pronuncia i suoi discorsi, a trasformarlo in un Mussolini credibile. Ad aiutarlo in questa impresa un corollario di attori di grande talento come Barbara Chichiarelli, l’affascinante Margherita Sarfatti, Francesco Russo nei panni del fedele Cesare Rossi, Benedetta Cimatti nel ruolo della moglie Rachele, e Lorenzo Zurzolo nei panni del giovane Italo Balbo.  

Durante le riprese Joe Wright ha fatto attaccare un adesivo sulle macchine da presa su cui era scritto This machine kills the fascists. A ricordare il potere del cinema e la responsabilità che ricade sulle spalle di chi lo fa.  

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