«Lo Stato dovrebbe entrare il meno possibile nelle decisioni che riguardano gli aspetti più intimi dell’esistenza». Parte da tale assunto la conversazione con Ivan Scalfarotto, senatore e responsabile Esteri di Italia Viva che, da sottosegretario allo Sviluppo economico del governo Renzi, nel 2017 si unì civilmente, primo componente di un governo in assoluto, con il suo compagno Federico.
Senatore Scalfarotto, perché in Italia è così difficile autodeterminarsi?
Qui c’è una cultura nazionale, che affonda le sue radici anche nella religione cattolica che ha avuto e ha un ruolo così importante nella vita nazionale, per cui la vita non appartiene mai solo a chi la vive. C’è sempre qualcuno che può dire la sua anche sulle nostre scelte più private e personali: la famiglia, la comunità, il Paese. Lo vediamo bene nelle discussioni sul fine vita. Invece l’unico limite che la nostra libertà dovrebbe conoscere è quello della libertà altrui.
Effettivamente dopo la legge sulle unioni civili del 2016, a cui lei ha lavorato, non si sono fatti molti passi avanti per le coppie dello stesso sesso…
La legge del 2016, ormai quasi dieci anni fa, fu una grandissima conquista, perché riconobbe alle coppie unite civilmente uguaglianza sostanziale. Quel che oggi manca però è l’uguaglianza formale, che è altrettanto importante, e si otterrebbe solo col matrimonio egualitario. L’Italia è l’unico Paese dell’Europa occidentale in cui ancora non c’è. Senza contare che la legge sulle unioni civili non prevedeva nulla sulla filiazione, dunque per le famiglie arcobaleno a oggi non c’è neppure l’uguaglianza sostanziale. Ma quello fu il prezzo che pagammo per avere i numeri in Aula.
Come uscire da questo immobilismo?
Non mi scandalizzo se all’uguaglianza si arriva anche per successive approssimazioni, come è accaduto ad esempio in Gran Bretagna, Francia e Germania, però bisogna arrivarci in fretta. In Italia facciamo fatica perché, oltre alla chiusura totale della destra, c’è la sinistra che non fa politica: fa testimonianza.
Cosa dovrebbe fare la sinistra?
Invece di puntare all’approvazione di leggi che cambiano la vita delle persone, si arrocca su posizioni ideologiche e preferisce perire gloriosamente in battaglia, come accadde sul ddl Zan, pur di non scendere a compromessi. Invece il compromesso è l’essenza della politica. Serve anche ad avvicinare le persone di destra: penso alle parole di Marina Berlusconi, che ha recentemente ribadito di essere favorevole al matrimonio gay.
Crede che la destra prima o poi si aprirà?
Non credo, perché spesso la destra utilizza le posizioni identitarie sui diritti per serrare i ranghi e farsi perdonare altre promesse elettorali non mantenute. Opporsi al matrimonio egualitario, rendere la Gpa reato universale, costa molto meno che abolire le accise sulla benzina, ma dà un segno di fermezza al proprio elettorato. Del resto, la stessa Giorgia Meloni non ha una famiglia “tradizionale”. Giusto?
C’è dell’ipocrisia da parte dei difensori della “famiglia tradizionale”?
Fuori dal Parlamento, anche loro sono cittadini del proprio tempo, come tutti noi. Ma – per la loro propaganda – questi slogan da brandire sono certamente di grande aiuto.
Quanto ha inciso la sua omosessualità sul suo percorso politico?
Negli anni ‘70 si diceva “il personale è politico”, dunque mi sono molto occupato di diritti, visto che è un tema che vivo sulla mia pelle. Ma non lo faccio sempre volentieri. Penso che l’Italia sia un Paese anche qui corporativo, in cui si batte per i diritti solo chi ne è privo. E invece, il progresso dovrebbe essere nell’interesse di tutti.
La preoccupa il vento di destra che soffia dagli Usa fino alla Germania?
Mi angoscia, specie per il progressivo disconoscimento delle istituzioni multilaterali, penso alla CPI, al WTO all’OMS: tutti luoghi di collaborazione che servono anche a comporre e stemperare le tensioni internazionali. Farne a meno porta al nazionalismo e il nazionalismo purtroppo porta prima o poi alla guerra.
Cosa direbbe a un giovane ragazzo o ragazza omosessuale di oggi?
C’è una bellissima frase di Eleanor Roosevelt che dice: “Nessuno può farci sentire inferiori senza il nostro consenso”. Ecco, quel consenso non prestatelo mai a nessuno, in nessuna circostanza.
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