Esclusiva

Marzo 12 2025.
 
Ultimo aggiornamento: Marzo 13 2025
L’Europa si schiera con l’Ucraina Passa a Strasburgo la risoluzione

La Commissione ha ideato il piano di difesa ReArm Eu che mobiliterà 800 miliardi. Non tutti gli eurodeputati sono d’accordo con il progetto

Il Parlamento Europeo ha approvato la risoluzione per continuare a sostenere l’Ucraina con 442 voti a favore sui 666 votanti. Durante la votazione è stato tenuto conto dei recenti sviluppi ed è stato approvato un emendamento orale che «accoglie con favore la dichiarazione congiunta di Kiev e Washington a seguito del loro incontro in Arabia Saudita l’11 marzo 2025, che include la ripresa dell’assistenza militare e della condivisione di informazioni da parte degli Stati Uniti e la proposta di un accordo di cessate il fuoco della durata di 30 giorni». Il gruppo dei conservatori Ecr aveva proposto di rimandare il voto, ma l’assemblea ha bocciato il suo emendamento, d’altronde la parola chiave di questa plenaria è stata autonomia strategica che secondo Consiglio e Commissione passa anche per ReArm Eu.

Sostenere l’Ucraina per l’Europa vuol dire parlare di difesa comune. Lo scorso sei marzo il Consiglio europeo ha approvato il pacchetto da 800 miliardi di euro per sostenere il progetto ReArm Eu proposto dalla Commissione al fine di incentivare un piano di riarmo e investimento nel campo della difesa. L’idea non è nuova, di difesa comune si parla fin dalla fondazione e a farlo fu soprattutto un italiano: Alcide De Gasperi. Le sue proposte furono sistematizzate nel 1951 in un trattato sulla difesa comune europea, quello che avrebbe istituito la Comunità europea di difesa (Ced). Trattato che, però, non fu mai firmato per l’opposizione francese. Settant’anni dopo non esiste ancora un piano di difesa comune, ma con ReArm ci si avvicina di più, stavolta è la Francia a trainare e a porsi come leader.

È stato proprio citando De Gasperi: «Serve una difesa comune non per conquistare ma come terrente per ottenere la pace», che la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha iniziato il suo intervento nell’emiciclo di Strasburgo. Il discorso franco «dopo la caduta del muro pensavamo che la Russia sarebbe entrata nell’architettura europea e abbiamo abbassato la guardia dimezzando le spese di difesa» è la presa di coscienza di una sicurezza che non può venire solo dall’esterno, dagli Stati Uniti, e che «in ballo non c’è solo l’Ucraina, ma la sicurezza di tutto il continente, perché Putin è un vicino ostile e inaffidabile».

Tutto il Parlamento sembra d’accordo sul sostegno all’Ucraina, ma siamo sicuri che la soluzione per la difesa del confine orientale europeo sia il riarmo? È su questo che l’emiciclo si divide. Secondo il presidente del Consiglio Europeo, Antonio Costa, ovviamente sì. Per Costa ReArm Eu è la «migliore garanzia di sicurezza per rafforzare la capacità ucraina e costruire un’Europa della difesa credibile e solida». Soprattutto è la migliore misura urgente secondo von der Leyen, che con la frase «minaccia esistenziale» giustifica il ricorso alla clausola 122, che ha creato non pochi malumori tra gli eurodeputati, perché l’articolo 122 del Tfue permette di saltare il passaggio in parlamento ed accordarsi direttamente con gli stati membri in Consiglio.

Per questo progetto l’Unione sta mobilitando una ingente quantità di investimenti e fondi: c’è l’attivazione della clausola di salvaguardia che permette agli stati di violare le stringenti prerogative del patto di stabilità se il deficit è speso in difesa. O ancora ci sono i fondi di coesione, che da strumento di welfare, potrebbero «essere reindirizzati, dove non usati e su base volontaria in spese di difesa» specifica von der Leyen. Ma anche la proposta di ampliare mandato della Banca europea per gli investimenti (Bei) per migliorare l’accesso all’investimento privato e il nuovo strumento da 150 miliardi di euro di prestiti del Safe security action for Europe.

A pensarla come Costa e la presidente c’è anche il capogruppo dei popolari (PPE) Manfred Weber: «Dopo l’incontro vergognoso tra Zelensky e Trump nello studio ovale dobbiamo capire che siamo da soli». Weber punta però soprattutto sulla standardizzazione «noi abbiamo 17 tipi di carrarmati, gli Stati Uniti ne hanno uno» e sugli appalti comuni, su cui concorda anche il presidente Costa e von der Leyen che aggiunge: «Servono contratti comuni, con uno stato che fa da traino e gli altri che si accodano». L’idea attorno al ReArm Eu e che possa avere anche il duplice scopo di rilanciare la competitività dell’Unione europea in un settore dove è carente: le infrastrutture strategiche. I 150 miliardi del Safe dovrebbero essere usati «verso produttori europei, questo aumenterebbe anche competitività e posti di lavoro» ha aggiunto von der Leyen.

Nicola Procaccini, membro di Fratelli d’Italia e parte del del gruppo dei conservatori ECR però non ci sta. O almeno non a tutto. Il piano va bene, ma «come dice la presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni, meglio cambiare il nome in Defence eu» però «non deve essere una provocazione nei confronti del presidente statunitense – precisa anche nel punto stampa a margine del dibattito – ma un atto di rispetto nei confronti per la nostra alleanza europea». In più aggiunge «non ha senso comprare solo europeo perché anche le aziende di armi europee hanno collegamenti con aziende straniere», di fatto prestando il fianco di chi a sinistra pensa che questi soldi andranno a finire comunque nelle tasche di chi è criticato, ossia Trump, come dice a Zeta, l’onorevole Danilo Della Valle membro del Movimento cinque stelle del gruppo La sinistra al Parlamento europeo: «Noi non abbiamo una tale capacità produttiva nel settore delle armi e significherebbe andarle a comprare comunque dagli Stati Uniti».

In effetti già in Italia nel Ddl Spazio, appena approvato alla Camera si ipotizza la gestione di imprese non solo Ue, ma anche Nato, per garantire la comunicazione di apparati dello Stato in caso di emergenza.

A sinistra dell’aula

Dall’altra parte dell’emiciclo invece la discussione non è sui singoli strumenti del piano ma su tutto il piano e per alcuni anche sulla sua idea di fondo. Nicola Zingaretti, ex segretario del Partito democratico e membro dei Socialisti e Democratici S&D lo dice chiaro e tondo all’inizio del suo intervento: «L’Europa deve aumentare la sicurezza, ma bisogna aprire un cantiere di difesa comune europea. La spesa militare non ci rende più sicuri perché è per 27 eserciti diversi e invece la deterrenza è europea o non è». Per Zingaretti inoltre «si può aprire questa stagione di difesa senza colpire la spesa sociale».

A proteggere la spesa sociale c’è anche il gruppo de La Sinistra in Europa. Dopo il dibattito il deputato Della Valle, che era entrato in aula portando con sé la bandiera della pace cucita assieme a quella dell’Ue, ha aggiunto a Zeta che «non sarà il riarmo a garantire la pace in Ucraina, che si sarebbe potuta raggiungere già a marzo del 2022, ma poi Boris Johnson e altri leader europei avevano incitato Zelensky a continuarla perché la vittoria era possibile secondo loro». La strategia dell’Ue deve allora cambiare per il deputato «non il riarmo ma azione diplomatica, cominciare a parlare con la Russia per sedersi ad un tavolo oppure la pace senza l’Ue».

 Per intenderci ReArm Eu non serve ai cittadini ucraini «perché non è continuando a fornire le armi che si farà la pace», ma non serve nemmeno a quelli europei perché «questi 800 miliardi di euro potrebbero invece essere investiti in sanità, spesa sociale, qualcosa che migliori la vita degli abitanti dell’Unione». Inoltre, conclude Della Valle «come si può fare una difesa comune se manca ancora una politica estera comune?»

A criticare la commissaria c’è anche Roberto Vannacci, candidato dalla Lega e nel gruppo “Patrioti per l’Europa”. Strepita e urla per aprire gli occhi a tutti quelli che ancora ce li avessero chiusi: l’emergenza c’è, ma non sono le guerre è la chiesa cristiana che brucia. Finisce il suo intervento e se ne va. Si ritorna a parlare di ReArm Eu e dell’Ucraina.