“Solo l’Occidente conosce la Storia”. Si apre con questo slogan la parte delle nuove indicazioni ministeriali per la Scuola dell’infanzia e il primo ciclo di istruzione dedicata alla materia. “Altre civiltà hanno conosciuto qualcosa che alla storia vagamente assomiglia, come compilazioni annalistiche di dinastie o di fatti eminenti succedutisi nel tempo”, continua il testo elaborato dalla commissione coordinata dallo storico e editorialista del Corriere della Sera Ernesto Galli della Loggia.
«È una roba da spararsi», commenta Marcello Flores, storico di lunga carriera che ha studiato a lungo le vicende del comunismo e dei genocidi novecenteschi. «La cosa più grave», continua, «è che subito dopo citano Marc Bloch», il fondatore, insieme a Lucien Febvre, della celebre rivista Les Annales, che morì da partigiano fucilato dai nazisti. «In parti che non hanno letto o che non hanno voluto inserire dice esattamente il contrario: tutti i popoli conoscono la storia».
Nuove indicazioni scuola: non solo l’Occidente conosce la Storia
Se Erodoto, Tucidide, Polibio e Tito Livio sono ancora i primi nomi che si studiano nelle università italiane, negli stessi anni dall’altra parte del mondo Sima Tan e suo figlio Sima Qian scrivevano le Memorie storiche, un’opera ancora fondamentale per la ricostruzione della Cina antica. «Negli ultimi 20 o 30 anni lo studio della Storia si è aperto al mondo», continua Flores, evidenziando nel documento del Ministero dell’Istruzione una visione opposta alle ultime tendenze storiografiche: «È un passo indietro incredibile, si torna alla materia che studiavo da bambino a scuola».
“È attraverso questa disposizione d’animo e gli strumenti d’indagine da essa prodotti che la cultura occidentale è stata in grado di farsi innanzi tutto intellettualmente padrona del mondo, di conoscerlo, di conquistarlo per secoli e di modellarlo”, continua il documento ministeriale . Non solo la prerogativa occidentale sulla materia storica, ma anche la Storia come motore di dominio. «Veramente imbarazzante. Come se il controllo assunto dall’Europa nell’età moderna non fosse il risultato della maggiore capacità tecnologica», commenta Flores.
Dimensione narrativa e nazionale
La nuova scuola italiana si ripropone anche di recuperare la “dimensione narrativa”, abbandonando l’obiettivo “del tutto irrealistico” di insegnare ai ragazzi come leggere e interpretare criticamente delle fonti e di capire, quindi, come viene scritta la storia. Spazio al primo anno di elementari alle grandi narrazioni: Bibbia, Iliade, Odissea, Eneide. Non opere storiografiche quindi, ma testi letterari «che aiutano nell’approccio con l’essere umano sul lungo periodo, ma non si può utilizzarli come fonti di conoscenza storica», sottolinea Marcello Flores.
Centrale nei programmi anche la dimensione nazionale e la categoria di Occidente. Finisce così che il primo argomento storico trattato dai ragazzi sarà, al secondo anno di elementari, il Risorgimento, «senza sapere da dove viene». Un racconto dell’unificazione italiana basato su grandi eventi o ritratti di personaggi. «È il tentativo di tornare alla Storia a cavallo di XIX e XX secolo, quando era usata per costruire l’identità nazionale», aggiunge il professor Flores, «e quindi non era mai critica, ma agiografica, da vita dei santi».
Una dimensione da recuperare secondo la commissione guidata da Ernesto Galli della Loggia, che suggerisce di rinunciare all’ “ambizione enciclopedica di parlare della storia universale, che vorrebbe dire necessariamente occuparsi un poco, o pochissimo, di ogni cosa”. Eppure, la prima pretesa di scrittura di una storia del genere umano è proprio l’antica Bibbia, dalla Creazione al Diluvio, seguita nel II secolo a.C. dal greco Polibio con le sue Storie. Molto più recente, dell’Ottocento, è la volontà di costruire storie nazionali.
A partire dalla fine del XX secolo nelle università di tutto il mondo, piuttosto che di “universale” si parla di storia globale. Nessuna ambizione enciclopedica, ma solo un approccio rivolto alle relazioni, ai commerci, agli scambi, ai problemi comuni a società lontane. Un modo di fare storiografia di cui si può rintracciare l’origine nel metodo di comparazione fra società differenti praticato proprio da Marc Bloch, il quale sulla sua tomba fece scrivere “Dilexit veritatem”, “Ha amato la verità”. E forse è l’unica cosa che conta.
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