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Esclusiva

Dicembre 7 2021.
 
Ultimo aggiornamento: Dicembre 22 2021
Giorgio Brugnoli

Senza Oriana Fallaci, l’Italia avrebbe un medico in più. Fino al quarto anno del liceo, il sogno di Giorgio Brugnoli è la medicina, a tal punto che i regali di famiglia consistono in strumentazioni mediche, quasi a costituire un primo bagaglio di ferri del mestiere. Poi, però, Giorgio scopre Oriana Fallaci. Della scrittrice e giornalista divora «Niente e così sia», un romanzo autobiografico sui mesi passati come inviata nel sud-est asiatico, in Vietnam: «Era il 2015, dopo l’attentato al Bataclan di Parigi, e il «Corriere della Sera» ha iniziato a pubblicare i libri di questa giornalista».

Una lettura che cambia la sua adolescenza, lo porta ad abbandonare la strada della medicina e a sognare il mestiere dell’inviato di guerra. «Quel che ho letto mi ha affascinato talmente tanto che mi piacerebbe viverlo sulla mia pelle»: l’attrazione è profonda. Giorgio ha sempre dimostrato interesse nei confronti di situazioni difficili e di disagio sociale, e nell’adolescenza affianca allo studio progetti di volontariato, in particolare negli orfanotrofi: «Mi piace poter aiutare le persone, soprattutto i bambini». Con la Fondazione Francesca Rava, che si occupa di diritti dell’infanzia, è volato fino a El Salvador, paese dell’America centrale.

Giorgio Brugnoli

Anche i suoi studi universitari lo hanno portato lontano dalla sua città natale, Milano, che pur ama tantissimo ma da cui sente di doversi staccare: forse perché è stato tredici anni nella stessa scuola di gesuiti, oltre ad essere figlio di mezzo tra tre fratelli (quello «che tutti dimenticano») che ora reclama la sua indipendenza. Iscritto alla Luiss di Roma per la triennale in “Politics, philosophy and economics”, si laurea con una tesi su Stefano Cucchi, il romano 31enne pestato fino alla morte da un gruppo di carabinieri nel 2009, e «i dimenticati». È in questi anni che, grazie allo studio dell’arabo e ad un Erasmus, trascorre un semestre in Marocco, nella città di Rabat, che gli ruba il cuore: «è una piccola città, poche migliaia di abitanti, ed è incredibile la gentilezza delle persone. La cosa più bella era la fortezza di Kasbah, e prendere il thè alla menta sulla terrazza sul mare». Per la magistrale torna a Milano, frequentando alla Cattolica il corso di laurea in “Politiche per la cooperazione internazionale”, per poi riapprodare alla Luiss, con la convinzione del master in giornalismo. Nel frattempo, è caporedattore della sezione cartacea mensile del giornale universitario «360°», mentre online collabora per «Il Messaggero».

Passioni particolari? La lettura di gialli scandinavi e la fotografia all’antica, che sperimenta da autodidatta dopo che gli è stata regalata una macchina a rullino: «i soggetti che preferisco sono le persone, cogliere gesti e situazioni che catturano l’animo di ognuno». Chissà che un giorno, fotografia e scrittura non si intreccino nel suo lavoro: «una cosa non esclude l’altra». Se diventerà un fotoreporter, dovrà vedersela con Oriana Fallaci.