«Non abbiamo risolto tutti i problemi ma tutti hanno collaborato in maniera costruttiva».
Alla conclusione della Conferenza di Berlino per la pacificazione in Libia Angela Merkel si è dimostrata ottimista. È stato finalmente trovato un accordo con Haftar, l’uomo forte della Cirenaica, ed al-Sarraj, Primo ministro del Governo di Accordo Nazionale, per un cessate il fuoco che dovrebbe porre fine alla guerra civile libica ed è stato approvato un comitato militare congiunto – composto da cinque membri del governo di Accordo Nazionale e cinque dell’Esercito Nazionale Libico – che vigilerà sul rispetto della tregua sotto la guida dell’Onu. Fondamentale è stata la mediazione della Cancelliera tedesca che, conducendo i colloqui separatamente, ha permesso di superare l’impasse dovuta al rifiuto dei due leader libici di incontrarsi.
«Soltanto un processo politico guidato dai libici e dei libici può porre fine al conflitto e portare a una pace duratura» si legge nella dichiarazione di 55 articoli che era già pronta come bozza ed è stata ufficializzata a Berlino. Il documento sottolinea la necessità di interrompere il flusso di armi, finanziamenti ed interferenze verso Haftar ed al-Sarraj, l’importanza di sostenere la Libia verso la pace e la formazione di un governo unico senza che nessuna soluzione militare venga prevista, ma sotto l’egida dell’Onu.
«Esortiamo le parti libiche ad impegnarsi in un dialogo in buona fede su questioni politiche, economiche e militari in un processo inclusivo guidato dalla Libia», ha affermato il Segretario generale Onu António Guterres durante la conferenza stampa: «Le Nazioni Unite sono pienamente impegnate a continuare il sostegno a questo processo».
Quanto scaturito dalla Conferenza di Berlino, appare come un successo ed il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte si dichiara soddisfatto per la determinazione con cui l’Italia ha sostenuto l’iniziativa. Gli equilibri libici ed internazionali restano labili: l’uomo forte della Cirenaica ed il Primo ministro del Governo Nazionale non sono ancora pronti al dialogo e resta non chiaro se e quando i campi petroliferi e gli oleodotti bloccati dalle milizie di Haftar verranno riaperti. L’embargo sul traffico di armi è stato approvato all’unanimità durante la Conferenza ma non ci sono sanzioni per punire chi evade la direttiva. Putin ed Erdoğan non sembrano aver perso il loro ruolo di signori del Mediterraneo. Alla Conferenza per la pacificazione in Libia, infatti, ci si è arrivati proprio quando Russia e Turchia hanno deciso di allentare la tensione ed aprire i negoziati.
Pochi mesi dopo aprile 2019, quando il generale Haftar lanciò la sua offensiva su Tripoli – che è andata avanti per oltre dieci mesi causando più di 1500 morti, 15 mila feriti e la fuga di quasi 150 mila persone – l’inviato Onu in Libia, Ghassan Salamè, incontrò la cancelliera Merkel e le chiese di far ripartire la mediazione internazionale. Iniziarono così i lavori preparatori alla Conferenza di Berlino, con l’obiettivo di trovare un accordo tra gli attori internazionali influenti in Libia per interrompere il flusso di armi e di soldi ad Haftar ed al-Sarraj, ma solo dopo che la Russia e la Turchia sono diventati i principali protagonisti del conflitto libico si è trovato il minimo comun denominatore per far partire la Conferenza internazionale. Oggi, nonostante gli accordi raggiunti a Berlino, né la Russia, che sostiene Haftar, né la Turchia che difende Tripoli, né gli altri attori come l’Egitto e gli Emirati Arabi Uniti sono disposti a rinunciare agli interessi stabiliti nel paese da quando, dopo il 2011, durante le Primavere arabe, cadde il Regime di Gheddafi e la Libia entrò nel caos.