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Esclusiva

Gennaio 22 2020.
 
Ultimo aggiornamento: Aprile 28 2021
Di Maio si dimette: il silenzio dei 5 Stelle e la voce dei fuoriusciti

Il ministro degli Esteri ha annunciato le dimissioni da capo politico del M5S. L’intervista all’onorevole Massimiliano De Toma, che ha da poco lasciato il Movimento

Luigi Di Maio non è più il capo politico del Movimento 5 Stelle. L’annuncio alla stampa è arrivato nel tardo pomeriggio di mercoledì ma la notizia circolava già da giorni. Alle 10 il ministro degli Esteri ha convocato a Palazzo Chigi ministri e viceministri per una riunione che si è conclusa con la comunicazione delle sue dimissioni. Un annuncio dato pubblicamente alle 17, in concomitanza con la presentazione dei “facilitatori” regionali, i nuovi segretari locali introdotti con l’ultima riforma del partito.

Con le dimissioni del leader si apre una nuova fase per il Movimento, anche se la discontinuità appare tutt’altro che scontata. Di Maio ha fatto un passo di lato, mettendo fine alla stagione del capo politico. La reggenza del partito sarà ora affidata a Vito Crimi, membro più anziano del comitato di garanzia, che resterà in carica fino al congresso di marzo, in attesa delle nuove mosse del ministro degli Esteri.

Non è esclusa l’istituzione di un “comitato di saggi”, idea che circola da tempo confermata a Reporter Nuovo da Silvia Blasi, consigliera regionale del Lazio. Resta in campo anche l’ipotesi di una forma di gestione ibrida, come rivelano i retroscena che parlano di un possibile triumvirato con lo stesso Di Maio, la sindaca di Torino Chiara Appendino e l’ex deputato Alessandro Di Battista.

Come saranno i prossimi mesi del Movimento e quali potrebbero essere le conseguenze per l’alleanza con il Pd sarà più chiaro in serata. Intanto tra i 5 Stelle in pochi sono disposti a parlare. I telefoni squillano a vuoto, tanti si dicono in riunione. Si nega anche Roberta Lombardi, non certo una sostenitrice di Di Maio: «Non sono la persona più indicata per commentare quello che sta accadendo».

Più propensi a parlare sono coloro che hanno lasciato il Movimento 5 Stelle: solo negli ultimi mesi tre senatori sono passati alla Lega e altri dieci al Gruppo Misto. Il 9 gennaio sono usciti i deputati Rachele Silvestri e Massimiliano De Toma, entrambi vicini all’ex ministro Lorenzo Fioramonti. Reporter Nuovo ha contattato proprio il deputato romano, che ha commentato gli sviluppi di queste ore.

Onorevole De Toma, cosa ne pensa delle dimissioni di Luigi Di Maio?

«È una misura necessaria che si sarebbe dovuta prendere da tempo, anche se il problema non è solo il leader, su cui comunque pesano forti responsabilità. Sarebbe necessaria una riforma organica del Movimento, dato che le decisioni degli ultimi mesi e la mutata visione politica sono il frutto non solo del “Di Maio pensiero” ma anche delle idee dei suoi collaboratori: anche loro dovrebbero assumersi le proprie colpe».

Crede che le dimissioni porteranno a un cambio di strategia politica?

«Sicuramente qualcosa cambierà, ma temo che sarà difficile recuperare il consenso dilapidato in un anno e mezzo di grossi errori».

A cosa si riferisce?

«Da quando il Movimento è al governo sono venuti meno quelli che erano i nostri valori fondanti: collegialità del lavoro e delle decisioni, coinvolgimento dal basso di tutta la galassia 5 Stelle, dagli attivisti dei municipi ai parlamentari. La gente se n’è accorta e le Regionali di domenica saranno un’ulteriore dimostrazione del fallimento».

Lei è vicino all’ex ministro dell’Istruzione Fioramonti. La scelta di passare al Gruppo Misto è stata influenzata dalle sue dimissioni?

«Con Lorenzo siamo molto amici, ma alla base delle rispettive scelte non ci sono le stesse ragioni. Certo, negli ultimi mesi ci siamo spesso confrontati: ci aspettavamo un cambiamento che però non è mai arrivato».

Se Fioramonti fondasse un nuovo partito lei si unirebbe?

«No, escludo l’ipotesi di una nuova forza politica. L’intenzione è quella di portare avanti le idee e i progetti che condividiamo e che riguardano ambiente, sostenibilità e sviluppo economico. Forse formeremo nuovi gruppi parlamentari ma non un altro partito».